In Italia non ci sono segnali di ripresa per il latte.
Il prezzo sul mercato libero (il latte spot, venduto fuori contratto) si muove da mesi in uno stretto range di prezzo compreso fra i 36,24 centesimi di giugno ai 35,62 delle ultime rilevazioni di metà dicembre.
I 43,75 centesimi al litro che si registravano nel dicembre dello scorso sono lontani, irraggiungibili.

Ma da allora ad oggi il mercato è stato stravolto dalla pandemia globale. I consumi hanno preso nuove rotte, con l’aumento delle preferenze degli acquisti verso le tipologie a più lunga conservazione, a scapito del latte fresco con i suoi pochi giorni alla scadenza.
E sono calati i consumi, stretti fra chiusura di bar e continue fandonie di carattere salutistico su impossibili conseguenze negative del consumo di latte.
 

L’andamento del prezzo del latte spot in Italia
(Fonte: ©Assolatte)


Il prezzo nella Ue

E’ quanto accade in Italia, in contrasto, almeno all’apparenza, con l’andamento del prezzo medio del latte nell’Unione europea, dove invece si riscontra un aumento.
Le rilevazioni della Commissione europea indicano infatti un incremento del 3,2% per il mese di ottobre (il dato più recente a disposizione), che ha portato le quotazioni a 35 euro al quintale.
Aumenti confermati poi dall’innalzarsi del prezzo del latte in polvere intero (+0,8%) e di quello scremato (+ 1%).
 


C’è troppo latte

Questo aumento del prezzo medio del latte europeo è però minacciato dal continuo incremento della produzione di latte, che anche in settembre mostra una crescita dell’1,8%, che si spinge sino al 3,5% nel caso del latte destinato al consumo fresco.

In una fase di contrazione dei consumi come quella innescata dalla pandemia, questa spinta sulla produzione potrebbe rivelarsi un temibile ostacolo per la tenuta del prezzo.
 


Più latte nel mondo

Anche a livello mondiale a produzione di latte è segnata in aumento, in linea con quanto accade in Europa.
Nuova Zelanda e Australia, fra i principali produttori mondiali di latte, fanno registrare aumenti fra l’1,6% e il 2,1%.
Situazione analoga per gli Usa con il loro più 1,9%.
Aumenti che vanno sommarsi a quelli europei e che a loro volta potrebbero avere riflessi negativi sul prezzo del latte.
 

 

Mercati mondiali

Un’occhiata all’andamento dei prezzi dei prodotti lattiero caseari sui principali mercati mondiali, in questo caso relativi alla prima settimana di dicembre, conferma la tendenza alla crescita, sebbene in contraddizione con l’aumento della produzione.
Aumenta infatti il prezzo del burro, con punte di oltre il 5% negli Usa, come pure quello del latte in polvere scremato, in forte recupero su tutti i mercati.
Bene l’andamento del cheddar, il formaggio di riferimento negli scambi internazionali, con l’unica eccezione degli Usa.
 


La situazione in Italia

Intanto cosa accade in Italia? La produzione di latte è in crescita e gli ultimi dati sulle consegne indicano che nel mese di settembre si è arrivati a un totale di 9,55 milioni di tonnellate, con un aumento del 4,16% rispetto allo stesso periodo del 2019.
A fronte di questi dati non c’è da stupirsi se il prezzo del latte alimentare e di quello spot sono in costante flessione.
E' da considerarsi una fortuna che gran parte del latte prodotto in Italia vada alla trasformazione in formaggi, grazie ai quali gli allevatori possono spuntare prezzi più alti.
 

Consegne di latte in Italia
(Fonte: ©Assolatte)


Ci salvano i formaggi

Ma anche per il settore caseario è alle prese con molte difficoltà, che solo ora sembrano in via di risoluzione. E’ il caso del Grana Padano, il formaggio Dop che assorbe in assoluto le maggiori quantità di latte.
Come si evidenzia nel grafico che segue, in coincidenza con le fasi più difficili della pandemia i prezzi sono calati vistosamente, per riprendere quota solo negli ultimi mesi.
 

Prezzi medi mensili del Grana Padano stagionato 12/15 mesi
(Fonte: ©Ismea)

Situazione analoga è quella che si registra per il Parmigiano Reggiano, la cui caduta delle quotazioni si è arrestata in luglio, per poi risalire lentamente.
Ma contrariamente a quanto accade per il Grana Padano, i cui prezzi sono ora allineati a quelli dello scorso anno, per il Parmigiano Reggiano il divario con il 2019 è ancora ampio e i prezzi medi di novembre sono inferiori dell’1,2% per le stagionature di 12 mesi, divario che sale al 3,9% in meno quanto si tratta di stagionature di 24 mesi.
 

Prezzi medi mensili del Parmigiano Reggiano stagionato 12 mesi
(Fonte: © Ismea)


Le prospettive

Questo il quadro generale, quali le conclusioni? L’aumento della produzione di latte, più marcato in Italia rispetto alla media europea, a fronte di un consumo che difficilmente potrà riprendere quota, lascia poco spazio a un recupero delle quotazioni.
Uniche note positive giungono dai due principali formaggi Dop, entrambi con prezzi in risalita grazie a politiche di espansione, in particolare sui mercati stranieri.

In particolare per il Parmigiano Reggiano è di questi giorni il progetto di una forte campagna di promozione dei consumi che ci si augura possa sortire buoni risultati.
Ma una svolta decisa potrebbe arrivare solo da un freno alla produzione e da un aumento dei consumi conseguente a una minore pressione dell’emergenza sanitaria. Che tutti ci auguriamo.
Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri del latte" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.