Si chiude quasi positivamente l’annata apistica 2018 dopo tre anni di raccolti magri e soprattutto dopo un 2017 pressoché tragico
Quasi, perché nel complesso un aumento della produzione c’è stato, ma in maniera disomogenea, in particolare al Sud, dove questa annata si può registrare tra le peggiori degli ultimi tempi.

A fotografare la situazione è il report 2018 dell’Osservatorio nazionale del miele di Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna.

Nel sud del paese, isole comprese, vento e siccità hanno ridotto fortemente le produzioni primaverili, soprattutto di miele di agrumi, che è stata praticamente azzerata in Sicilia. Un andamento climatico che ha provocato una riduzione drastica anche nel proseguo della stagione.

Al centro nord, invece, le piogge frequenti a primavera e anche in parte dell’estate, accompagnate da temperature non eccessive, hanno favorito le fioriture e le produzioni.

Il limite maggiore qui è stato l’alta mortalità invernale e la debolezza degli alveari alla ripresa primaverile, dovute da un lato a aspetti parassitari, in particolare alla nosemiasi, ad avvelenamenti da fitofarmaci e anche dalle condizioni di stress dovute alla siccità dell’estate 2017 che hanno portato a invernare spesso famiglie deboli e con poche scorte.

Buona invece la situazione sull’arco alpino, sostenuto dalle buone rese di tiglio, rododendro, tarassaco e millefiori di montagna.

Andando a vedere le principali fioriture, l’acacia, produzione primaverile principale e strategia nel Centro Nord, ha mostrato una lieve ripresa, specialmente se confrontata con quella pressoché nulla dell’anno scorso, ma non particolarmente soddisfacente.

A influire negativamente le frequenti precipitazioni di maggio associate alle basse temperature soprattutto notturne. Il risultato è stata una produzione per alveare che difficilmente ha superato i 20 chili, raggiungendo punte di 35 chili solo in alcune zone del Friuli Venezia Giulia.

Andando a sud, la produzione di miele di agrumi, fioritura principale della primavera del meridione, è stata stroncata come si è detto dalla siccità e dal vento, con quantitativi per alveare massimi di 15 chili in Calabria e Puglia, rispetto ai 30-35 chili attesi. Valore ancor più scarso in Sicilia e Sardegna dove la produzione media ad alveare è rimata sui 6 chili, con punte minime anche di 3 chili o addirittura con zone con melari vuoti.

Anche la sulla, tipica produzione del Centro Sud ha deluso, con medie di 12-15 chili ad alveare, più meno la metà di quella ordinaria, quando non addirittura meno, e il cardo, altra produzione interessante del Sud, che ha visto un significativo calo produttivo

Ha tenuto invece la produzione del miele di castagno, con rese appena sotto le medie ordinarie, nella maggior parte d’Italia e il tiglio, produzione di punta della tarda primavera prealpina che ha dato raccolti buoni, anche sopra la media attesa, soprattutto in Friuli Venezia Giulia, che quest’anno tra acacia e tiglio ha avuto una produzione di tutto rispetto.

Per i mieli diciamo così in crisi strutturale, continua a scarseggiare la melata di metcalfa, a causa della drastica riduzione dell’insetto, anche se in alcune zone del Piemonte è riapparsa una buona produzione, anche di 15 chili ad alveare. 

Hanno invece dato produzioni interessanti la melata di abete nell’Appennino toscano e la melata di eucalipto nel Lazio.

L’eucalipto infatti, a causa dell’attacco della psilla sta avendo una drastica riduzione di miele monoflorale, a volte nemmeno più prodotto o classificabile come tale, anche in zone vocate come il Lazio e la Sardegna, mentre sta portando a produzioni interessanti di melata.

Altra grande produzione in crisi è il girasole, soprattutto a causa dell’uso di ibridi ad alto-oleico, che hanno una scarsissima o nulla produzione di nettare. Dove invece sono state coltivate cultivar nettarifere le produzioni sono state discrete, anche se non ottime tra i 10 e  15 chili ad alveare.

Riguardo il millefiori primaverile, quello raccolto fino a giugno, ha avuto buone rese, ma a macchia di leopardo, con produzioni molto buone in alcune regioni, come Val d’Aosta, Lazio, e Puglia e produzioni pressoché azzerate nelle altre parti d’Italia.

Ha tenuto invece il millefiori estivo, quello raccolto da luglio i poi, con produzioni in linea o sopra le medie attese in tutto il Centro Nord, mentre la produzione si è generalmente ridotta al Sud.

E riguardo alle produzioni autunnali, il corbezzolo, uno dei mieli simbolo della Sardegna, dai primi dati sembra anche esso essere in calo, con medie di 5 chili ad alveare.

A chiudere il quadro c’è l’andamento dei prezzi di mercato del miele, che tutto sommato restano stabili, più o meno in linea con quelli dello scorso anno. Prezzi che sono tra i più alti registrati nell’ultimo decennio, ma che a causa della scarsa e irregolare produzione non riescono a ripagare il lavoro degli apicoltori, i cui redditi non sono certo cresciuti.

Anche per questo quella del 2018 è quasi una timida ripresa. Quasi, e oltre tutto nemmeno omogenea.