Eletto agli inizi di giugno, Vittorio Capanna, è stato eletto presidente del Consorzio di tutela del Prosciutto di Parma, realtà che raggruppa circa 150 aziende. Un comparto che vale 1,7 miliardi di euro e una filiera produttiva imponente che comprende 4.200 allevamenti suinicoli, 130 macelli, 3.000 addetti alla lavorazione nella provincia di Parma, e un totale di 50.000 persone che lavorano nel circuito tutelato. Lo abbiamo intervistato.

Presidente Vittorio Capanna, molte volte la redditività dei prosciutti crudi generici è superiore a quella del Prosciutto di Parma Dop. Qual è il suo commento e quali soluzioni propone?
Sicuramente uno degli obiettivi che ci poniamo è quello di recuperare la redditività del Prosciutto di Parma a vantaggio dei nostri produttori e di tutti gli anelli della filiera, essendo il Prosciutto di Parma l’elemento che sostiene il valore del comparto tutelato.
Per fare questo, credo sia necessario un progetto di valorizzazione condiviso da tutta la filiera e incentrato sulle caratteristiche distintive del Prosciutto di Parma
”.

Quali saranno le priorità del suo mandato?
Il nostro lavoro avrà prevalentemente tre macro-obiettivi: sostenere la filiera, continuare a garantire uno standard qualitativo elevato, rafforzare la presenza sui mercati internazionali. È chiaro che non possiamo dimenticarci del mercato interno che a oggi rappresenta ancora il 70% della nostra produzione.
In tempi brevi metteremo in campo un piano di investimenti legato alla comunicazione, che avrà lo scopo di puntare al consumatore finale per informarlo sulle qualità del prodotto e sulle sue caratteristiche, affinando nuove e innovative strategie di marketing. Tutto ciò nell’ottica di consolidamento e recupero del mercato interno con la speranza di poter tornare ai numeri precedenti alla crisi
”.

In questi anni la suinicoltura ha fatto i conti con un ridimensionamento degli allevamenti, chiusure di macelli, qualche passaggio in mani estere di marchi del made in Italy della salumeria. Ci sono margini di miglioramento o per invertire la rotta, secondo lei?
La crisi ha senz’altro amplificato molte difficoltà già in essere in molti comparti dell’agroalimentare italiano. Per questo è necessario un confronto con gli allevatori e i macellatori per identificare soluzioni concrete che possano aiutare tutto il comparto a riprendersi, senza perdere di vista il nostro comune obiettivo che resta quello della qualità”.

Non crede che in passato troppe sigle di rappresentanza abbiano siglato accordi di programma e intese? Non c’è forse un’eccessiva frammentazione di soggetti coinvolti nella suinicoltura?
È certamente importante per noi poterci confrontare con degli organismi che siano effettivamente rappresentativi dei suinicoltori, evitando così un’eccessiva frammentazione”.

È necessario convocare il Tavolo della suinicoltura? Riterrebbe più efficace una convocazione nazionale al Mipaaf o un Tavolo ristretto alle zone vocate alla suinicoltura, da tenersi al Nord?
Negli ultimi tempi abbiamo partecipato a riunioni di Tavoli della suinicoltura caratterizzati da una presenza di organizzazioni eccessiva. Riteniamo che occorra un confronto operativo tra effettivi portatori di interesse in grado di dare concretezza alle discussioni interprofessionali”.

In passato il Consorzio del Prosciutto di Parma è stato accusato di avere una rappresentanza eccessivamente sbilanciata verso gli stagionatori. Come pensa sia possibile ascoltare maggiormente la voce della parte allevatoriale?
Il progetto di lavoro del nuovo Consiglio di amministrazione punterà al confronto interprofessionale, a partire dagli allevatori. In questo momento storico di difficoltà diffuse, abbiamo pensato di utilizzare gli strumenti oggi disponibili per proteggere con orgoglio e passione l’intero settore produttivo del Prosciutto di Parma, garantendo un futuro sostenibile a tutti gli anelli della filiera.
Assicurare la qualità del prodotto offerto da parte di tutti gli anelli della filiera resta comunque l’unica strada che ci permetterà di essere competitivi
”.

Come stanno andando i consumi di Prosciutto di Parma? Quali sono le formule più richieste? Quali saranno le tendenze future?
Nel 2014 il mercato del prosciutto crudo ha registrato una flessione dell’8,9 per cento. Anche il Prosciutto di Parma ha subito un calo dei consumi, ma comunque inferiore rispetto a quella dei principali concorrenti.
Positivi invece i risultati dei mercati internazionali: abbiamo esportato oltre 2.600.000 prosciutti con la corona, con un aumento rispetto al 2013 di 88.000 pezzi (+3,5%), per un fatturato stimato di 250 milioni di euro. Anche il Parma preaffettato è cresciuto del 2%. Sono state vendute 74 milioni di confezioni di Parma nel 2014, pari a circa 1.500.000 prosciutti.
In uno scenario economico così critico per il mercato interno, ancora debole, e dove la capacità di spesa delle famiglie è notevolmente ridotta, abbiamo deciso di puntare su modalità alternative di consumo sviluppando delle iniziative con il mondo della ristorazione. Già in passato abbiamo coinvolto alcuni ristoranti prevalentemente locali in attività di degustazione, quest’anno lavoreremo molto a Milano in occasione di Expo 2015. All’estero invece abbiamo un trend molto più articolato dove certamente il preaffettato gioca un ruolo importante, se pensiamo che il 75% di questo segmento è assorbito proprio dai mercati internazionali
”.

Come agevolare l’export e quali sono i paesi-obiettivo e che potranno dare i migliori risultati in termini di volumi e valore esportato?
Investire all’estero è ormai una necessità e non più soltanto una visione strategica. Abbiamo saputo investire nel tempo, attuando una politica di distribuzione geografica che ci ha consentito di differenziare i rischi e allo stesso tempo di cogliere anche tante opportunità.
Continueremo a puntare sui mercati per noi più dinamici, che sono soprattutto quelli extra-europei. Tra quelli più interessanti ci sono sicuramente il Giappone e l’Australia. Gli Usa si confermano il nostro primo mercato con 565.000 prosciutti esportati (+12,5%), sempre seguiti da Germania, Francia e Gran Bretagna.
Per essere competitivi all’estero, da tempo mettiamo in campo un programma di valorizzazione variegato: per esempio negli Stati Uniti lavoriamo con altre Dop al progetto Legends from Europe per diffondere i valori di qualità che sono propri dei prodotti tutelati; partecipiamo alle più importanti fiere di settore, per noi un vero e proprio strumento di business; pianifichiamo degustazioni nei punti vendita organizzate in stretta collaborazione con gli importatori e con la distribuzione locale; siamo attivi anche nel canale Horeca, collaborando con alcune catene della ristorazione, principalmente in Francia, Gran Bretagna, Giappone e Stati Uniti
”.

Quali soluzioni propone per ridurre il fenomeno della contraffazione agroalimentare e dell’Italian sounding? Quanto costa al Consorzio in termini di azioni e tutela legale?
È importante innanzitutto sottolineare che sì esistono casi di contraffazione e di utilizzo illecito della denominazione anche per il Prosciutto di Parma, ma che sono per fortuna casi rari, soprattutto in Italia dove avvengono rigorosi controlli. Certo, danneggiano i nostri produttori e la reputazione del nostro prodotto e ci obbligano ogni anno a investire molte risorse per mettere in campo azioni di contrasto. A questi controlli si aggiunge l’attività di tutela di tutta la filiera svolta in collaborazione con il ministero competente, il Corpo forestale dello Stato oltre che con i Carabinieri del Nucleo anti sofisticazione (Nas) e del Nucleo anticontraffazioni (Nac).
A livello internazionale è sicuramente più difficile fronteggiare questi problemi per mancanza di risorse umane ed economiche necessarie.
Per questo riteniamo che sia molto importate fare sistema con le altre Dop anche a livello comunitario e che tutti possano adoperarsi affinché le eccellenze dell’agroalimentare italiano siano adeguatamente tutelate. Abbiamo perciò accolto con soddisfazione le recenti dichiarazioni del ministro Martina sulle future azioni del Mipaaf per tutelare i prodotti Dop e Igp sul fronte nazionale e internazionale, come per esempio i due accordi chiusi attraverso l'Ispettorato repressione frodi (Icqrf) con i grandi player dell’e-commerce mondiali come eBay e Alibaba
”.