Siamo ottimisti, ma con qualche perplessità su cosa ci attende nell'immediato futuro. Lo dice un'indagine Eurisko e lo confermano le analisi di alcuni economisti che vedono le aziende uscire rafforzate dalla crisi. Ma la ripresa è minacciata da vari fattori negativi e fra questi l'invecchiamento della popolazione che in Italia si aggiunge al mancato incremento del reddito pro-capite. E' questo lo scenario con il quale deve confrontarsi il comparto avicolo, argomento al centro dell'incontro organizzato da Avitalia e Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) in occasione di Fieravicola a Forlì. Destrutturazione dei pasti, attenzione alla salute e crisi economica, come emerge dai dati elaborati da Ismea e illustrati da Claudio Federici e Marianna Giordano, hanno profondamente modificato l'equilibrio dei consumi di carne. Penalizzate le carni rosse e quelle bovine in particolare, scese a 23,5 kg pro-capite, superate dalla carne suina (che ha raggiunto e superato i 39,5 kg). Migliorata anche la situazione del comparto avicolo che dopo la crisi da influenza aviare è tornato nel 2010 ad un consumo di oltre 19 kg pro-capite. A guidare la crescita nel consumo di prodotti avicoli è la carne di pollo, seguita dalle uova. In controtendenza invece il tacchino e il coniglio, entrambi con il segno meno davanti. Se per le carni di tacchino la flessione coincide con una loro minore diffusione, per le carni di coniglio la flessione dei consumi viene collegata al minor “servizio” (porzionati e pronti a cuocere) e al prezzo più alto.

 

Le previsioni

Le tendenze del consumo da sole non forniscono elementi sufficienti a tracciare la direzione che può prendere la domanda di carni avicole. Occorre tenere in considerazione altri fattori, come la composizione delle famiglie e la distribuzione geografica dei consumi. A guidare gli acquisti di carni avicole figurano ai primi posti famiglie governate da persone adulte (ultrasessantenni al primo posto) e con un reddito medio-basso. E' poi il Sud, che più risente gli effetti della crisi economica, ad essere in vetta alla classifica delle aree a maggior incremento nei consumi avicoli. Le conclusioni sono facili da trarre. L'incremento che i consumi avicoli hanno segnato è guidato dalla coincidenza di due fattori, la “quantità” di servizio e il buon rapporto fra qualità e prezzo. L'uscita dalla crisi potrebbe dunque spostare le attuali preferenze verso altri comparti, interrompendo così la fase di crescita del settore avicolo. Difficile, come sempre, fare previsioni e l'invito che arriva dai ricercatori di Ismea è quello di affidarsi ad un “governo dell'instabilità”, anche in previsione degli altalenanti andamenti dei costi di produzione dei prodotti avicoli come conseguenza della instabilità a livello mondiale dei prezzi  delle materie prime per l'alimentazione degli animali.

 

Innovazione e qualità

Per Guido Sassi, presidente di Avitalia, il possibile cambiamento delle abitudini alimentari va messo fra le sfide da affrontare e superare insistendo sulla qualità delle produzioni italiane, che già oggi possono vantare le migliori tecniche di allevamento e una forte attenzione al benessere degli animali. Prerequisiti ai quali aggiungere innovazione, versatilità e facilità di preparazione.