L’appuntamento è per il primo gennaio 2012. Per quella data gli allevamenti di galline ovaiole dovranno rispondere ai requisiti decisi da Bruxelles in tema di benessere. In pratica le gabbie oggi utilizzate saranno abolite. Mancano 15 mesi, ma siamo già in ritardo. Gran parte degli allevamenti, infatti,  non si sono ancora messi in regola. E sarà difficile chiedere proroghe, visto che le nuove regole sono state decise nel 1999 e adottate dall’Italia ben sette anni fa, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 20 settembre 2003 del decreto legislativo 267/03. Ma solo un terzo degli allevamenti è allineato con le nuove norme, mentre il 70% degli allevamenti dovrà aggiornarsi. Un adeguamento che stando alle previsioni degli esperti costerà alle aziende avicole circa 350 milioni di euro. Investimenti importanti che in assenza di un piano di sostegno potrebbero mettere in difficoltà gli allevamenti e in qualche caso provocarne la chiusura.

 

La situazione nella Ue

Ma la situazione non è molto diversa negli altri paesi della Ue. I dati riportati in occasione del simposio organizzato da Una (Unione nazionale dell’avicoltura) nello scorso giugno, hanno evidenziato che circa il 60% degli allevamenti di ovaiole utilizza ancora la classiche gabbie.

Produzione di uova nella Ue (proiezioni al 2010 in %)
Paese %
Spagna 12,7
Francia 12,7
Italia  11,4
Germania 10
Olanda 9,4
Regno Unito 8,9
Polonia 7,5
Altri 27,4
Rielaborazione da S. Marrone -  Commissione Agricoltura DG Agri C4

Un problema che riguarda tutti e in particolare i Paesi dove è maggiormente concentrata la produzione avicola e in particolare i sette paesi maggiori produttori di uova, che sono, nell'ordine, Francia, Spagna, Italia, Germania, Olanda, Regno Unito e Polonia.

 

Aumentano i costi

Oltre ai costi di aggiornamento degli allevamenti ci sarà da fare i conti con i maggiori costi di produzione che i nuovi sistemi di allevamento comporteranno. Stando alle previsioni produrre un uovo costerà dal 10 al 20% in più rispetto ai metodi di allevamento in gabbie tradizionali. Un maggior costo che aumenterà il divario competitivo con le produzioni extra Ue, che già oggi possono vantare costi inferiori del 35% rispetto a quelli degli allevamenti dell'Unione Europea. Un vantaggio competitivo che oggi è in parte annullato dai costi di trasporto, ma che domani potrebbe raggiungere e superare il 50%, rendendo le produzioni extra Ue assai competitive e favorire l'ingresso del prodotto di importazione (ovviamente ottenuto senza alcuna preoccupazione del benessere animale). Gli effetti sul mercato europeo, che nel caso delle produzioni avicole può vantare l'autosufficienza, sarebbero devastanti.

 

Se ne discute a Bruxelles

Le preoccupazioni per il futuro del settore avicolo non sono sfuggite alla commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, presieduta da Paolo De Castro, che già a fine agosto si è occupata della materia con uno studio sulle prospettive del settore del pollame e delle uova. Un tema che la Commissione tornerà ad approfondire nei prossimi giorni. L'obiettivo è quello di non arrivare impreparati all'appuntamento del primo gennaio 2012. Vedremo quali saranno gli strumenti che la Commissione metterà a punto. Se gli accordi sul commercio internazionale impediscono regimi di protezione delle frontiere europee al prodotto di importazione, sarà però necessario pretendere che il prodotto extra Ue sia ottenuto con analoghi requisiti di benessere animale.

 

Spazio alle etichette

Un ruolo importante lo potranno svolgere anche le etichette e le indicazioni sulla provenienza. I consumatori europei, peraltro, già nelle inchieste di Eurobarometro avevano chiaramente espresso che la loro preferenza andrebbe ai prodotti ottenuti in allevamenti che offrono garanzie di benessere per gli animali. Preferenze che non avranno alcuna ricaduta se i consumatori non saranno messi nelle condizioni di conoscere provenienza e caratteristiche dei prodotti acquistati. Il lavoro da fare in questa direzione è enorme e il tempo a disposizione è poco. Ma almeno in questa occasione l'Italia non è da sola, ma in compagnia dei molti paesi europei che vantano un’importante produzione avicola.