Dopo aver superato con slancio la grande crisi dei consumi dovuta al timore (infondato) dell’influenza aviare, l’avicoltura italiana ha rallentato la corsa, ma si conferma uno dei settori portanti della nostra zootecnica. Con i suoi 5,3 miliardi di euro di fatturato (dati Una), rappresenta uno dei pilastri della nostra zootecnia, forte peraltro dell’essere l’unico settore che può vantare l’autosufficienza dall’estero. Merito dell’efficace organizzazione del settore, al 90% basato sull’integrazione verticale, dove le aziende in attività riescono a riunire l’intera filiera. Merito anche dell’ottimo livello di conoscenze tecniche e scientifiche delle quali il comparto può disporre e che consentono di programmare, coordinare e ottenere prodotti di sicura eccellenza. Un percorso che nasce da lontano, dagli inizi degli anni’50, con i primi allevamenti intensivi e le prime organizzazioni di settore. Un percorso che ha visto in veste di protagonista anche la Fiera di Forlì, con le sua Fieravicola, salone internazionale avicolo e cunicolo, nelle sue prime edizioni ospitata in locali messi a disposizione dal Comune e poi approdata nel moderno e funzionale quartiere fieristico, in prossimità del casello autostradale, che di anno in anno si è andato arricchendo di nuovi e più ampi spazi. Dal 2 al 4 aprile Fieravicola, ha compiuto il suo 46esimo compleanno, anticipando alla primavera il suo appuntamento, tradizionalmente autunnale, ma mantenendo la cadenza biennale decisa nelle ultime edizioni. Una scelta, questa della anticipazione del calendario espositivo, che non è stata apprezzata dagli allevatori a carattere amatoriale di polli e di conigli. L’esposizione di animali vivi si è infatti dimezzata rispetto alle precedenti edizioni, privando la manifestazione forlivese di una parte non secondaria del suo pacchetto espositivo. Ricca e articolata, invece, la presenza di aziende produttrici di mezzi e servizi per il comparto avicolo e cunicolo, dai mangimi alle macchine confezionatrici del prodotto finito. Si è però fatta notare qualche assenza, segno di come anche nel settore avicolo stiano mutando le strategie di comunicazione dei gruppi industriali. Significativo per contro lo sforzo organizzativo per dare alla manifestazione maggiori connotati di internazionalità e che ha portato in fiera delegazioni provenienti, tra l'altro, da Kazakistan, Uzbekistan, Moldova, Russia, Ucraina e Turchia.

 

Patologia aviare

L’aver modificato il calendario espositivo, invece, non ha tolto all’appuntamento forlivese il forte richiamo esercitato dagli incontri di carattere tecnico e scientifico che hanno animato i tre giorni di apertura della manifestazione. A iniziare dal convegno organizzato dalla Sipa (Società italiana di patologia aviare) che ha puntato l’attenzione sulle micoplasmosi aviare. Le patologie da micoplasmi, come evidenziato nelle 26 relazioni scientifiche sulle quali si è articolato il convegno, sono particolarmente temibili per le difficoltà nella terapia. Molti antibiotici sono infatti inefficaci e non sono infrequenti le situazioni che vedono l’infezione persistere nell’animale per tutta la sua vita. Fondamentale è allora la prevenzione e l’applicazione rigorosa dei principi di biosicurezza. La base per i programmi di controllo è rappresentata dalla diagnosi che oggi può avvalersi di appositi kit oppure con il ricorso in laboratorio al PCR (reazione a catena della polimerasi). Sono disponibili anche dei vaccini, ma la maggior parte della nostra industria avicola punta sul mantenere i propri allevamenti esenti da questi patogeni, compito assai difficile, ma che offre ulteriore testimonianza dell’ottimo livello di sicurezza che possono vantare gli allevamenti italiani.

 

Il benessere del coniglio

La sala congressi della Fiera di Forlì ha ospitato anche le giornate di coniglicoltura Asic (associazione scientifica italiana di coniglicoltura) che hanno spaziato dai temi del benessere animale a quelli di genetica, nutrizione e patologia. Al tema del benessere è stata dedicata la prima giornata dei lavori congressuali. Pur ricordando che ancora non è stata predisposta una legislazione specifica per il settore cunicolo, le relazioni hanno puntualizzato quali sono gli obblighi che l’allevatore è in ogni caso tenuto a osservare, a iniziare dalle condizioni ambientali dell’allevamento (luce, ricambio d’aria, polverosità). Sebbene in assenza di una normativa specifica, gli allevamenti cunicoli rientrano infatti nel piano nazionale di controlli degli allevamenti e in caso di inosservanza dei parametri di legge scattano sanzioni amministrative anche pesanti.

 

Se la pollina è un valore

Organizzato dal Crpa di Reggio Emilia si è svolto a Forlì anche un convegno dedicato alla possibilità di utilizzare la pollina come fertilizzante naturale. Un tema di forte attualità anche in vista della applicazione della Direttiva Nitrati, che impone di ridurre della metà il carico di azoto sui terreni considerati sensibili.

Di notevole interesse i risultati di alcune esperienze di campo realizzate dal Crpa su pollina di ovaiola sottoposta a essiccazione in tunnel. Il tenore di sostanza secca ottenuto, mediamente pari al 73% con punte del 90% in estate, permette l’immediato utilizzo agronomico o una facile collocazione sul mercato. A Forlì è stato poi presentato il Protocollo di intesa tra Regione Emilia-Romagna, Provincia di Forlì-Cesena e avicoltori per la realizzazione di impianti di produzione fertilizzanti e conversione da pollina nel distretto avicolo di Forlì-Cesena. Si tratta di un accordo pilota, primo del suo genere in Italia, che apre la strada a una concreta collaborazione tra imprese e istituzioni.