Si torna indietro. Il digestato non sarà più equiparato per l'utilizzazione agronomica ai fertilizzanti di origine chimica, come era invece stato stabilito dall'articolo 21 del Decreto Legge n. 21 del 21 marzo 2022, convertito, con modificazioni, dalla Legge del 20 maggio 2022, n. 51 e salutato con soddisfazione - più che legittima, a dire il vero, per il salto in avanti epocale - dal mondo agricolo, che aveva guardato al provvedimento come un passo in avanti in ambito di transizione verde.

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Lo stop è arrivato come una doccia gelata, anche se i tecnici un po' se lo aspettavano, attraverso una comunicazione della Commissione Europea firmata dal direttore generale Kerstin Jorna.

 

Il progetto notificato mira - si legge nel testo - a "definire il procedimento per disciplinare e determinare le caratteristiche e le modalità di applicazione per l'utilizzazione agronomica del digestato (sottoprodotto o sostanza organica residua del processo di digestione anaerobica per la produzione di energia) equiparato ai fertilizzanti di origine chimica al fine di realizzare un modello virtuoso di economia circolare in grado sia di contribuire agli obiettivi del Green New Deal europeo sia di restituire ai terreni la sostanza organica nonché di ridurre le emissioni di ammoniaca, di ossidi di azoto e di metano in atmosfera".

 

La Commissione inoltre scrive che "la Tabella 2 dell'allegato I del progetto notificato prevede requisiti microbiologici per Clostridium spp. (o tyrobutyricum), senza specificare il valore massimo per il numero di batteri e invita le autorità italiane a rendere la redazione più chiara in tal riguardo".

 

Le osservazioni non sono finite. "Per quanto riguarda il digestato, se contiene effluente animale - interamente o parzialmente - come materia prima, rientra nella definizione di effluente di allevamento di cui all'articolo 2, lettera g), della Direttiva sui Nitrati e pertanto la sua applicazione sul terreno deve essere soggetta al limite di 170 chilogrammi/ettro all'anno stabilito dalla Direttiva sui Nitrati per le zone designate come inquinate (zone vulnerabili per i nitrati)".

 

Pertanto, scrive la Commissione Europea, "il progetto notificato dovrebbe essere modificato e dichiarato esplicitamente, al fine di garantire che gli agricoltori e le autorità pubbliche siano consapevoli del fatto che il digestato può essere applicato sui terreni solo secondo i limiti fissati dalle Direttive sui Nitrati nelle zone inquinate (zone vulnerabili per i nitrati). Senza questo chiarimento esplicito, il progetto notificato costituirebbe una violazione degli obblighi della Direttiva sui Nitrati".

 

Il commento del direttore del Crea Agricoltura e Ambiente

"Sul piano strettamente scientifico le osservazioni mi sembrano, a una prima lettura, giustificate" commenta il professor Giuseppe Corti, direttore del Crea Agricoltura e Ambiente. "Bisogna tenere presente che il digestato, dal punto di vista del risultato in pieno campo, è più vicino ad un concime che a un ammendante, per cui il rischio paventato dalla Commissione non lo vedrei come una critica di natura politica, ma un'osservazione tecnica, anche se forse si sarebbero potute specificare più approfonditamente alcune questioni".

 

Resta il fatto che, secondo il professor Corti, "è evidente che bisognerebbe commisurare l'effettivo rischio di inquinamento delle acque interne e, magari, offrire soluzioni per ridurre la disponibilità nel terreno di azoto e fosforo". In che modo? "Il compostaggio del digestato potrebbe essere una soluzione" precisa il direttore del Crea Agricoltura e Ambiente. "Però è necessario prevedere piazzole e spazi non indifferenti per compostare il digestato, un processo che dura all'incirca tre mesi, se si vuole ottenere un prodotto agronomicamente simile a un ammendante e, quindi, meno aggressivo nei confronti dell'ambiente sul piano dei carichi di azoto e fosforo presenti. Resta irrisolta la questione economica: quanto costerebbe l'operazione? Sarebbe ancora vantaggiosa? E chi sarebbe incaricato di controllare il compost e il suo utilizzo? Sono temi che andrebbero discussi in sede europea, ma è innegabile che l'Italia è chiamata a modificare alcuni aspetti normativi".

 

Germania scagionata sui nitrati

È notizia di pochi giorni fa che la Germania è riuscita a evitare di pagare all'Unione Europea una multa di almeno 11 milioni di euro e una penalità di mora fino a circa 800mila euro al giorno per la controversia sull'inquinamento delle acque da nitrati. La Commissione Europea - secondo quanto ha riportato il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung - ha chiuso la procedura d'infrazione aperta contro la Germania, dal momento che Berlino ha introdotto nuove norme in materia di fertilizzanti.

 

Nel 2018 la Corte di Giustizia Europea aveva condannato la Germania per violazione del diritto comunitario, accusando il Governo tedesco di non aver fatto abbastanza nel corso degli anni per ridurre la presenza di nitrati nelle acque sotterranee e adducendo la responsabilità agli agricoltori. Nel 2020 la Germania aveva emanato dei regolamenti sui fertilizzanti più severi, che tuttavia la Commissione Europea aveva criticato l'anno successivo. Ora la chiusura della vicenda.