Chi è in grado di comprendere tutte, ma proprio tutte le informazioni che compaiono nell'etichetta di un agrofarmaco? In una o poche pagine vengono sintetizzati anni di sperimentazioni agronomiche per la messa a punto del prodotto, innumerevoli studi per dimostrare la sicurezza per l'uomo e l'ambiente e mesi di valutazione per verificare la validità della documentazione presentata dall'impresa. Anche se può avvalersi di altri documenti (scheda di sicurezza, note tecniche dell'impresa e ovviamente l'esperienza dei tecnici sul territorio) l'etichetta rimane il documento principe che l'utilizzatore di agrofarmaci deve impiegare per capire come usare il prodotto, quando distribuirlo, quando non usarlo, che mezzi di protezione individuale utilizzare, che misure di mitigazione del rischio adottare.

Misure di mitigazione, queste sconosciute
Nonostante sulle etichette siano da sempre presenti frasi di mitigazione del rischio, la loro comparsa nella forma “canonica”, risale alle prime valutazioni secondo i criteri europei, tipicamente nei prodotti a base di sostanze attive “nuove” (la prima sostanza attiva “nuova” ad essere approvata nella UE è stata l'azossistrobina) o in quelli “ri-registrati” (a base di sostanze che hanno positivamente superato la revisione UE). Possiamo affermare che la prima etichetta “europea” risalga alla fine degli anni '90 e che dopo oltre 15 anni quelle conformi alla sola regolamentazione nazionale siano ancora la schiacciante maggioranza: risultano infatti 526 prodotti autorizzati secondo i criteri europei (più eventuali cloni, identificabili con certezza solo analizzando il provvedimento di autorizzazione) su di un totale di 3519. Non sappiamo se il principio di Pareto (la regola dell'80:20) sia applicabile anche in questo contesto, tuttavia, se non altro perché spesso a base di sostanze attive innovative, è lecito aspettarsi che i prodotti con etichette “europee” contino più del loro 20% scarso (anche se forse non raggiungono l'80%), e quindi è molto probabile che prima o poi l'utilizzatore si imbatta in una di queste frasi spesso astruse.

Tempi di carenza (o intervallo di sicurezza). Cominciamo dalle cose facili. Non sapevate che il tempo di carenza (intervallo di tempo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento e la raccolta) è una misura di mitigazione del rischio? Il rispetto del tempo di carenza (e di altre condizioni che descriveremo più avanti) è indispensabile per mantenere i residui di agrofarmaco al di sotto dei limiti massimi ammessi, il cui sforamento mette a repentaglio la sicurezza del consumatore e più prosaicamente può causare il blocco dell'intera partita trattata, oltre a salatissime sanzioni. Il tempo di carenza non viene menzionato per i prodotti non destinati a colture eduli o che si impiegano in epoche ben definite e lontane dalla raccolta (tipico caso: erbicidi di pre-emergenza).

Numero massimo di trattamenti. Il numero massimo e la frequenza dei trattamenti sono un'altra misura di mitigazione del rischio con cui siamo abituati da tempo a convivere: il suo rispetto consente di tenere sotto controllo i residui sulle derrate, di prevenire le resistenze, di proteggere gli organismi non bersaglio e l'ambiente in genere. E' forse tra le misure più disattese, specialmente con prodotti che agronomicamente consentirebbero l'effettuazione di moltissime applicazioni. Con gli erbicidi e agrofarmaci a utilizzo in epoche obbligate tutti invece diventano rispettosi delle regole....

Mezzi di protezione individuali
E qui le cose cominciano a complicarsi un pochino. Innanzitutto troviamo frasi imposte dalla normativa sui preparati pericolosi che dipendono dalla classificazione del formulato: ad esempio se un prodotto è irritante per gli occhi (per la precisione: H319 provoca grave irritazione oculare) troveremo il consiglio di prudenza P280 (Indossare guanti/indumenti protettivi/Proteggere gli occhi/Proteggere il viso.). Queste frasi le troviamo nel cosiddetto “riquadro” (quello al cui interno sono riportati i simboli di pericolo), ma qualche riga sotto possono fare capolino delle indicazioni che consentono di mitigare il rischio che un operatore corre quando prepara la miscela da irrorare e successivamente effettua il trattamento. Nel nostro esempio troviamo “Durante le operazioni di miscelazione/carico del prodotto utilizzare guanti resistenti alle sostanze chimiche e occhiali di protezione.” La domanda sorge spontanea: e gli indumenti protettivi? Li troviamo quando dobbiamo effettuare il trattamento: Durante le operazioni di applicazione del prodotto usare copricapo protettivo, guanti resistenti alle sostanze chimiche e tuta da lavoro completa. Queste frasi risultano dalla valutazione del rischio per l'operatore che ha evidenziato la necessità dell'uso di questi indumenti, pena la salute del personale. Il povero operatore si leggerà tutta l'etichetta per poi bardarsi di tutto punto. Questa situazione, seppure non comunissima, è tuttavia abbastanza gestibile, in quanto le frasi non sono proprio coordinate ma non si prendono nemmeno troppo gioco del povero utilizzatore come in questo caso che abbiamo tratto dalla banca dati ministeriale: il prodotto è solo pericoloso per l'ambiente, quindi nel riquadro di pericolosità non si consiglia di indossare nessun mezzo di protezione individuale, ma nel paragrafo “PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI”, non esattamente in bella vista, compare l'obbligo di indossare “guanti adatti durante la miscelazione e carico del prodotto”, imposto dalla valutazione del rischio dell'operatore che rischia la salute se non indossa i guanti. Speriamo sia molto attento.... A parte le battute, queste plateali incongruenze sono dovute alla difficile coesistenza di due normative nate separate: quella sulle sostanze e preparati pericolosi, basata sul concetto di pericolo, e quella sugli agrofarmaci, basata sul rischio. Non a caso e forse anche per questi motivi gli antiparassitari sono rimasti esclusi dalle norme sui preparati pericolosi per oltre 20 anni...

Le buffer zones o fasce di rispetto: a protezione degli organismi acquatici e non solo
In molti agrofarmaci contenenti sostanze pericolose per gli organismi acquatici è facile trovare indicazioni del tipo: per proteggere gli organismi acquatici, rispettare una fascia di sicurezza non trattata dalle acque superficiali (o corpi idrici) di xx metri, dove xx varia di solito tra 5 e 30 metri. I corpi idrici in questione fortunatamente non comprendono le scoline, gli adduttori d'acqua per l'irrigazione e i pensili, altrimenti l'applicazione di queste misure di mitigazione sarebbe quasi impossibile. Talvolta le fasce di rispetto possono ridursi se si impiegano ugelli antideriva, sempre più diffusi. Lo stesso concetto si applica alla protezione delle piante e degli artropodi non bersaglio, che devono poter sopravvivere anche quando colpiti dalla deriva del trattamento.

Le fasce tampone vegetate proteggono gli organismi acquatici (e non solo) dalla contaminazione tramite ruscellamento
Concludiamo con le fasce tampone vegetate, la forma più sofisticata di mitigazione del rischio che viene adottata contro la contaminazione per ruscellamento superficiale, contro cui nulla possono tutte le altre armi, dalle buffer zones normali agli ugelli antideriva. Il ruscellamento superficiale è il movimento dell'acqua sulla superficie o negli strati sottosuperficiali del terreno e può trasportare sostanze disciolte nell’acqua o particelle solide di suolo, dando luogo a erosione. Alcune sostanze attive con elevata tossicità nei confronti degli organismi acquatici possono risultare non sicure per via di questi fenomeni, in quanto possono ruscellare disciolte nell'acqua oppure, se sono molto affini alle particelle di terreno, abbarbicate ad esse nei movimenti erosivi. Delle misure di mitigazione sembra quella più onerosa da attuare, ma non dimentichiamo che in molti casi, essendo prevista da altre normative e in tutti siti “Natura 2000”, è quasi a “costo zero”.

Conclusione
Non a caso dal 26 novembre di quest'anno (salvo proroghe, come molte indiscrezioni lasciano presagire) gli agrofarmaci saranno quasi esclusivamente appannaggio di personale professionale, in quanto la semplice lettura delle etichette dei prodotti richiede una preparazione specifica. C'è ancora molto da lavorare per migliorare la chiarezza delle etichette che sono ancora spesso oscure dalla coesistenza di differenti normative nello stesso documento. E qui solo le autorità europee possono fare qualcosa di decisivo.

Per saperne di più
  1. DECRETO 10 marzo 2015 Linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette. (15A02146) (GU Serie Generale n.71 del 26-3-2015 - Suppl. Ordinario n. 16)
  2. Documento di orientamento Prodotti fitosanitari Misure di mitigazione del rischio per la riduzione della contaminazione dei corpi idrici superficiali da deriva e ruscellamento
  3. REGOLAMENTO (CE) N. 73/2009 DEL CONSIGLIO del 19 gennaio 2009 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, e che modifica i regolamenti (CE) n. 1290/2005, (CE) n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento (CE) n. 1782/2003
  4. Regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE
  5. Direttiva 78/631/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1978, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi (antiparassitari)
  6. Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (1)