"La semina in provincia di Pordenone di 6 semi di mais geneticamente modificato per resistere alla piralide e ancor più le reazioni conseguenti sono una vicenda tragicomica che ignora lo stato di grave crisi in cui versa la maiscoltura nazionale". Così l'Ami, Associazione italiana maiscoltori si esprime in una nota che segue di pochi giorni la semina Ogm in Friuli.

"Ridicolo è ignorare - prosegue l'associazione - che ogni anno in Italia vengano, con ogni probabilità, seminati svariati milioni di semi di mais geneticamente modificato contenuto in tracce nei sacchi di sementi di mais non Ogm. Le attuali norme per il controllo delle sementi prevedono infatti che i lotti con meno di 1 seme Ogm su 2.000 possano, di fatto, essere commercializzati come non Ogm, e non potrebbe essere diversamente dati i limiti posti dalla statistica nell'esecuzione dei campionamenti per il controllo delle sementi".

E ancora. "Ridicolo è ignorare che dal 1997 al 1999 siano stati seminati decine di campi prova con varietà di mais Ogm anche su i terreni di privati agricoltori e non si tratti quindi della prima semina di Ogm in Italia; inoltre, ogni anno importiamo milioni di tonnellate di Ogm per consumarli in Italia".

Quanto alla prospettiva economica delle aziende maidicole, l'Ami la definisce "tragica" e auspica "che il ministro Galan riesca a ridare impulso alla ricerca anche sugli Ogm firmando quei protocolli rimasti bloccati per oltre due anni sulla scrivania del suo predecessore e sbrogliando quella rete di lacci e laccioli che finora ha di fatto impedito la sperimentazione in campo di queste piante".