Ottantanove articoli suddivisi in otto capitoli per snellire la burocrazia che zavorra il mondo del vino, tutelare la filiera e sgravare i costi sostenuti dalle aziende agricole.

Questi gli obiettivi del Testo unico della vite e del vino presentato nell’ultima edizione del Vinitaly ed al centro del convegno promosso da Confagricoltura Asti nei locali dell’azienda agricola Montalbera della famiglia Morando.

I lavori hanno avuto inizio con il saluto di Massimo Forno, presidente di Confagricoltura Asti e Franco Morando, titolare di Montalbera, concordi nel ritenere che il Testo unico si un’ottima base di partenza per snellire un sistema burocratico elefantiaco ed incentivare la valorizzazione del vino che nelle terre dell’Astigiano trova la sua massima espressione qualitativa.
Il relatore dell’atteso provvedimento è l’astigiano Massimo Fiorio, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera.

L’approvazione del Testo unico in Commissione è frutto di un lavoro “intenso e meditato” tra le parti, durato oltre due anni, e Confagricoltura, come riconosciuto dallo stesso Fiorio, ha offerto un contributo essenziale a partire dal suo responsabile nazionale della sezione vitivinicola ed olivicola, Palma Esposito.

Quest’ultima ha analizzato nel dettaglio gli aspetti salienti del Testo che dovrebbe diventare operativo già dalla prossima vendemmia: il riconoscimento del vino ed i territori viticoli come patrimonio colturale nazionale da salvaguardare, l’aver previsto fondi per la tutela dei vitigni autoctoni italiani e il “ravvedimento operoso” che consente ai produttori di sanare le inadempienze prima degli accertamenti.

Per Andrea Faccio, presidente nazionale della sezione vitivinicola Confagricoltura, il mondo del vino con l'approvazione del Testo unico ha voluto essere all’avanguardia e Confagricoltura ha dato prova di grande maturità muovendosi compatta.
“Con il Testo unico si mettono insieme vent'anni di leggi a volte un po' casuali e che hanno penalizzato il comparto”.
Andrea Faccio ha poi evidenziato alcune perplessità sulla repentina avanzata del digitale nel mondo del vino citando le difficoltà incontrare dagli imprenditori piemontesi nelle comunicazioni con il sistema telematico a causa di ripetuti errori di programmazione.

Il timore è che la digitalizzazione possa rivelarsi un pericoloso “boomerang” per le aziende meno strutturate e penalizzate dal digital divide. Nel merito un'anticipazione giunge da Massimo Fiorio sul posticipo al primo gennaio 2017 dell'introduzione del registro telematico di cantina.
La crisi delle imprese agricole si può riassumente in un dato vertiginoso: in Italia dal 2000 ad oggi hanno chiuso oltre 310mila aziende.  

Il Testo unico è stato accolto con moderato ottimismo non solo dai produttori ma anche da chi certifica la qualità dei loro prodotti. Ezio Pelissetti e Angelo Di Giacomo, rispettivamente consigliere delegato di Valoritalia e responsabile ufficio repressioni frodi della sede di Asti, hanno fotografato un mondo del vino che ha un sistema di controlli tra i più efficaci nel mondo.
Prova ne è il fatto che Valoritalia è giunta a coprire il 70% del quantitativo nazionale dei vini Docg, Doc e Igt. “Il Testo unico è tutelante ma agli organi di controllo servono strumenti concreti e la certezza sulle norme, tutto il resto è aria fritta” ha puntualizzato Pelissetti.
Un monito condiviso da Di Giacomo che invita a non ripetere ossessivamente il matra della semplificazione: “Sui controlli bisogna investire e quelli italiani sono i migliori al mondo. Danno un valore aggiunto al prodotto ma devono essere fatti in maniera più semplice”.

Il direttore generale di Confagricoltura Asti Francesco Giaquinta ha confermato l'importanza dei controlli ma ha specificato che “devono essere principalmente eseguiti a valle, non a monte, ossia quando il vino è effettivamente giunto sullo scaffale”.

Le conclusioni sono state affidate a GianGiacomo Scotti Bonaldi, membro della Giunta nazionale di Confagricoltura.
Bonaldi ha distinto tra una burocrazia "buona" che c'è e deve essere mantenuta per garantire la massima qualità ai consumatori e quella "cattiva" da debellare per dare respiro ad uno dei comparti più produttivi del Paese.
“Siamo arrivati ad un livello di guardia rispetto al carico normativo, che appesantisce gravemente chi decide di fare impresa specialmente in questo periodo avaro di risorse. Bisogna fare scelte decise come eliminare le Doc minori ed accorpare le Igt più piccole, solo così l'agricoltura italiana potrà davvero ripartire”.

Al termine del convegno il principe rosso del Monferrato, il Ruchè, prodotto dall'azienda agricola Montalbera è stato il protagonista indiscusso della verticale delle annate 2015 (preview di degustazione da vasca), 2014, 2012, 2010 e 2006.
Una verticale volutamente anomala ed anche per questo particolarmente apprezzata, in cui è stata descritta la difficoltà d’interpretare in base all’annata il Ruchè e quanto questo vitigno autoctono sia sensibile agli agenti atmosferici nel periodo pre-vendemmiale.

I degustatori sono stati accompagnati nell’assaggio da Franco Morando, Lino Lanfrancone (direttore commerciale di Montalbera) e da Bruno Rivella, enologo e già presidente dell'Onav.
Sorpresa finale l'assaggio del Rouchè Limpronta di Montalbera, annata 2013, affinato in legno, novità assoluta per un vitigno semi-aromatico.