Come le parole di un tormentone estivo, le tre letterine Ogm hanno risuonato a tutto volume sulla pagina agricola non fermandosi nemmeno nel mese di settembre.

Prima il caso del campo di mais Ogm abusivo in Friuli Venezia Giluia, poi, a ruota, la contaminazione di alcuni campi in Svezia con una patata Ogm illegale hanno alimentato i timori sugli effetti dell'impiego non responsabile di Organismi gm.

Come afferma il coordinatore nazionale per le Politiche agricole e assessore alle Risorse agroalimentari della Regione Puglia Dario Stefano, in Italia un impiego sconsiderato “rischierebbe di avere un effetto devastante per il depauperamento della biodiversità, un patrimonio che necessita, al contrario, di essere tutelato e valorizzato”.
Si tratta, insieme all’agenda Pac, di uno degli argomenti più caldi da affrontare. Infatti, fino al 13 luglio scorso, data in cui il Parlamento europeo e il Consiglio con un nuovo Regolamento hanno modificato la direttiva 2001/18, offrendo agli Stati membri la possibilità di scegliere se limitare o vietare completamente la coltivazione di Organismi gm sul proprio territorio, si trattava di recuperare il tempo perduto e definire le linee guida di coesistenza.

Ora tutto cambia. La questione con il nuovo quadro normativo comunitario non è più, come spiega Coldiretti, quella di “definire delle regole per assicurare la coesistenza, bensì quella di scegliere se praticare o meno le coltivazioni transgeniche”.

Il pacchetto legislativo approvato a luglio dalla Commissione europea” rimarca il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, “offre l’opportunità di non dover per forza, approvare le linee guida per un’impossibile coesistenza tra diversi sistemi agricoli. Sappiamo tutti, ormai, che la proliferazione degli Ogm in campo aperto è assolutamente incontrollabile” sostiene, “soprattutto in un paese dalle caratteristiche geomorfologiche e paesaggistiche come l’Italia. Possiamo avvalerci di questa nuova opportunità che l'Europa offre a quei paesi che vogliono insistere sulle specificità locali e dire un deciso no agli Ogm, per valorizzare proprio quelle eccellenze e quelle tipicità agroalimentari che permettono al nostro Paese di competere con successo nell’economia globalizzata”.

Distante la posizione di Confagricoltura, che ribadisce come in assenza della volontà politica di avviare un sereno dibattito con il supporto degli scienziati, il biotech corra il rischio di ricalcare i passi del nucleare rimanendo un tabù per il nostro Paese. “I maiscoltori italiani” sottolinea l'organizzazione, “per questa moratoria, subiscono un danno economico che Confagricoltura ha già stimato in alcune centinaia di milioni di euro ogni anno”.

Le linee guida per la coesistenza si dovevano decidere lo scorso 9 settembre. L'Italia, come Stato membro dell'Ue, deve adempiere all'obbligo di recepire le Direttive comunitarie. “Il punto vero” ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole Galan, “è che di fronte alla richiesta della Ue di prendere decisioni chiare si è evitato, da 9 anni a questa parte, di intervenire, uscendo dall'ambiguità. Questo vuoto normativo” ha proseguito il ministro, “ha aperto la strada ai ricorsi presso il Tar e il Consiglio di stato. Del resto la legge del 2001 non vieta in maniera ultimativa la coltivazione di Ogm, ma dice che si deve procede sulla base delle varietà autorizzate e all'interno delle linee guida stabilite dai Piani di coesistenza, come richiesto da Bruxelles. Ora dobbiamo colmare questo ritardo. Ricordo”, ha concluso, “che la competenza, sul complesso tema degli Ogm, spetta comunque alle amministrazioni regionali. Con loro si prenderanno decisioni nell'ambito della sede competente, che è appunto la Conferenza stato-regioni. Di sicuro però dobbiamo uscire dall'ambiguità e da questa fase di stallo definendo regole precise secondo quanto Bruxelles ci chiede da tempo”.

In seguito alla decisione presa, il 9 settembre, di far slittare al 30 settembre ogni pronunciamento sulle linee guida per la coesistenza tra coltivazioni tradizionali, biologiche e geneticamente modificate, Dario Stefano, coordinatore degli assessori regionali all’Agricoltura, ha affermato:  “abbiamo deciso di aggiornarci al 30 settembre, perché è emersa l'esigenza di verificare la compatibilità tra il lavoro sin qui svolto e l'annuncio fatto dall'Unione europea a luglio di una nuova normativa che consentirà agli Stati membri libertà di scelta in materia di Ogm".

Il rinvio, visto da Confagricoltura come l’ennesimo tentativo per prendere tempo ed eludere una decisione importante, è al contrario stato accolto con favore da Cia secondo cui il rinvio dell'esame delle linee guida per la coesistenza è un atto di buon senso che dimostra l'attenzione della Conferenza Stato-Regioni nei confronti degli agricoltori e dei consumatori italiani. “La nostra contrarietà al biotech” ha affermato il presidente della Cia, Giuseppe Politi, “non è ideologica, ma è dettata dalla consapevolezza che l'utilizzazione degli Organismi geneticamente modificati può annullare l'unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: quello della biodiversità”.

Soddisfatta anche Coldiretti, che definisce la decisione “coerente con i nuovi orientamenti dell'Unione europea sulla libertà per gli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di colture geneticamente modificate". Galan, che dal canto suo sostiene l'importanza di accantonare “le ideologie e affrontare con intelligenza e illuminismo un problema in cui siamo già inseriti”, ha lanciato un appello per invitare i leader delle organizzazioni a riflettere su fatto che l'esistenza di una frattura violenta ha come conseguenza che “in Europa non facciamo il bene dei nostri agricoltori. I francesi non fanno così” ha detto.

A rispondere Coldiretti che, a proposito delle affermazioni fatte dal ministro sulla presunta transgenicità del pomodoro Pachino, ha invitato Galan a “fare molta attenzione quando si parla di miglioramento genetico e di Ogm: perché un conto è la selezione naturale aiutata dall’uomo secondo le leggi di Mendel, e un conto sono gli Ogm”.