In un paese nel cui settore primario domina la frammentazione e in cui è ormai istituzionalizzata la novena della necessità di fare squadra, fare rete, fare fronte comune e via di seguito come teorica comune ricetta per affrontare crisi, perdita di competitività, ecc. ecc., l'annuncio dato a Roma da Cia  - agricoltori italiani, Confagricoltura, Uniceb e Assocarni del varo della prima Oi (Organizzazione interprofessionale) della filiera della carne bovina, avrebbe dovuto - e il condizionale non è casuale - generare spontanee scene di tripudio e festeggiamenti paragonabili a quelli che seguono una finale del campionato del mondo di calcio. Così non è stato.
 
Cominciamo dai fatti: il 14 giugno, presso la sede nazionale della Cia, il presidente Dino Scanavino, Carlo Siciliani, presidente Uniceb ed Elide Stancari, presidente Fnp allevamenti bovini Confagricoltura, annunciano alla stampa la nascita della più grande realtà di filiera nel settore della carne bovina: una Oi che, stante le adesioni già ufficiali, dichiara di rappresentare una quota preponderante della produzione e della macellazione nazionali.
 
Stando ai dati diffusi, il comparto della carne bovina rappresenta oltre un terzo dei 10 miliardi di fatturato complessivo del settore e garantisce lavoro a più di 80mila addetti. Nonostante questi numeri rimangano importanti, il comparto è in difficoltà per la forte contrazione della domanda (-30%), legata anche a persistenti campagne mediatiche che alimentano una moda anti-carne. Per questo e altri motivi si è deciso di costituire una Oi che, sulla base della regolamentazione europea (Reg. 1308/13) e della legislazione italiana, (L. 91/2015) possa delineare una strategia nazionale condivisa; facilitare le relazioni economiche tra i diversi attori della filiera; favorire la creazione di valore e la sua equa distribuzione lungo la filiera e svolgere varie azioni per la trasparenza del mercato, la sua qualificazione, la promozione al consumo interno ed esterno, la committenza organizzata con il mondo della ricerca.
 
"Nasce così - hanno affermato nei loro interventi i rappresentanti di Cia, Confagricoltura e Uniceb - uno strumento che deve avere carattere nazionale ed essere fortemente rappresentativo delle attività economiche della produzione, della trasformazione e della distribuzione, come avviene nei paesi dove queste strutture sono più consolidate, ad esempio in Francia e in Spagna".

"La nostra 'Oi' con queste caratteristiche - hanno continuato - rappresenta un deciso salto di qualità rispetto alle esperienze abbozzate nel passato, con una visione strategica e una cultura economica nuova, adeguata alle sfide del mercato attuale e alle mutevoli esigenze dei consumatori".
"Questa formazione
- hanno concluso - può concretamente favorire il raggiungimento di molti obiettivi: valorizzare e aumentare il potenziale produttivo italiano, salvaguardando e accrescendo il reddito degli operatori; promuovere un consumo sano, responsabile e informato; realizzare strategie di qualità, anche relative al benessere degli animali ed alla sostenibilità dei processi produttivi; favorire la regolazione delle relazioni contrattuali di filiera e puntare sull'innovazione tecnologica, organizzativa e di mercato".
 
Il protocollo di intesa è già stato firmato e si è passati alla fase in cui si cerca di coinvolgere altri attori e rappresentanti della filiera. Fase, questa, tutt'altro che trascurabile considerando che, ai sensi dell'art. 157 del già citato regolamento Ue 1308/2013, un'organizzazione interprofessionale è riconosciuta come rappresentativa se rappresenta almeno due terzi in percentuale del volume della produzione, del commercio o della trasformazione dei prodotti rappresentati.

Più che la tiepida e sparuta accoglienza data dai media e dagli altri stakeholder alla notizia, ciò che apre un piccolo giallo e fa sorgere qualche perplessità sul futuro della neonata Oi  è questo requisito ineludibile per il riconoscimento ministeriale dell'organizzazione, aggiunto al fatto che Assocarni - tra i firmatari del protocollo di intesa - ha preferito disertare la conferenza stampa di presentazione in attesa di discutere l'argomento con Coldiretti.

Alla base della scelta di Assocarni, una valutazione spiegata dal direttore generale dell'associazione François Tomei ad Agricolae.eu: "L'idea fin dall'inizio è quella di creare un'organizzazione sindacale interprofessionale unica come è già stato fatto per l'olio d'oliva. Con tutte le organizzazioni agricole. Per parlare di alcuni temi con condivisione totale. Poi è chiaro che ognuno potrà continuare a portare avanti i propri temi. Abbiamo fatto dei tentativi di coinvolgere la Coldiretti, ma all'ultimo hanno chiesto più tempo per parlarne. Ci è sembrato importante che ci fossero anche loro per chiudere il cerchio. Ora ci sarà una riunione di filiera in cui tutti saranno coinvolti per fare in modo che ci sia un soggetto unico. Non possiamo essere disuniti sulle questioni piu importanti. Per smentire intenti distruttivi causati da questioni ideologiche e falsa demagogia".