Il regalo: migliaia di confezioni di latte alimentare. Il destinatario: Phil Hogan, commissario all'Agricoltura della Ue. Il mittente: gli allevatori europei. E' questa la singolare forma di protesta che gli allevatori dell'Emb (Euopean milk board) hanno deciso di attuare per manifestare tutta la loro contrarietà alle politiche messe in campo per contrastare la crisi del settore latte. Misure del tutto insufficienti quelle adottate, segno di una sottovalutazione del problema e di una insufficiente conoscenza delle logiche della filiera del latte nel mercato globale. Ce n'è quanto basta, secondo gli allevatori, per chiedere la “testa” di Hogan, invitandolo a dimettersi da un incarico per il quale non avrebbe sufficiente preparazione.

Il latte non paga
Una protesta elegante nei modi ma dura nei toni, questa decisa da Emb. Ma il perché è comprensibile. I costi di produzione del latte sono assai più alti del prezzo pagato agli allevatri europei. Lo dice una recente analisi del Büro für Agrarsoziologie & Landwirtschaft che dimostra come in media solo il 66% dei costi sia coperto dal prezzo. E la situazione in qualche Paese è persino peggiore. In Germania ad un costo di produzione medio di 44,79 centesimi al litro corrisponde un prezzo di mercato di 29,42 centesimi. Poi ci sono i casi limite come in Lituania, dove il prezzo si colloca fra i 10 e 19 centesimi. Non va tanto meglio nemmeno in Belgio o in Danimarca, dove gli allevatori percepiscono rispettivamente 25 centesimi e 29 centesimi al litro. La situazione italiana non è solo apparentemente migliore. Con il recente accordo le industrie hanno riconosciuto agli allevatori un prezzo di 36 centesimi. Un altro centesimo dovrebbe arrivare dagli incentivi del Governo.  Ma i nostri costi sono fra i più alti, ben 42,61 centesimi al litro, come ricordato da Agronotizie. E fra meno di tre mesi l'accordo scade, lasciando spazio, se il mercato non cambia direzione, a possibili riduzioni.

Mercato globale
Una crisi profonda che riconosce molte cause, dall'andamento della produzione di latte in Nuova Zelanda, uno dei maggiori “players” a livello mondiale, alla riduzione delle importazioni di polvere di latte in Cina, solo per citare alcuni esempi. Molte sono anche le responsabilità della Ue, dove la produzione di latte si è impennata al termine del regime delle quote latte. In Irlanda, ad esempio, nel periodo da aprile ad agosto 2015, la produzione è aumentata di oltre il 12%. Forti gli incrementi registrati in Germania, nei Paesi Bassi, in Polonia dove la produzione è cresciuta fra il 7 e 2,5%.

La proposta Emb
Una crisi, questa del latte, che ha sempre più connotati strutturali e la cui soluzione richiede strumenti più efficaci di quelli messi in campo da Bruxelles. Gli allevatori aderenti allo European milk board hanno così sviluppato un progetto che fa appello alla responsabilità dei singoli allevatori per una riduzione volontaria delle produzioni. L'obiettivo non è solo quello di uscire dalla crisi, ma anche di rompere l'immobilismo europeo e di imprimere una svolta alle politiche sin qui adottate dai sindacati agricoli. Entrambi obiettivi ambiziosi, impossibile dire quale sia il più difficile da realizzare.