Questa volta i produttori di mangimi vogliono giocare d'anticipo. Coscienti da sempre che attraverso il mangime prodotto dai loro impianti si alimentano non solo gli animali, ma anche l'uomo che di questi prodotti animali si nutre, ribadiscono la “maniacale” attenzione alla sicurezza e alla qualità che i mangimi italiani possono vantare. Ma bisogna fare i conti con la sempre maggiore dipendenza dall'estero che il nostro Paese deve scontare nell'approvvigionamento di materie prime come farina di soia, mais, orzo e via elencando. Lo ha evidenziato Alberto Allodi, riconfermato alla presidenza di Assalzoo, l'associazione delle industrie mangimistiche italiane, in occasione della assemblea che si è svolta a Bologna il 26 giugno. I prodotti che vengono dall'estero non sono certo da demonizzare, è stato detto, ma vanno intensificati i controlli prima del loro ingresso nel circuito produttivo. La recente vicenda del mais ucraino alla diossina ne è una delle ultime testimonianze.

Aumenta l'import
Intanto il 2013 si è chiuso con un aumento delle importazioni anche a causa della flessione nella produzione di mais, dove si era quasi arrivati all'autosufficienza, mentre oggi siamo costretti ad importare il 40% del nostro fabbisogno. Cala la produzione di materie prime vegetali, ma flette anche la produzione zootecnica, in particolare il segmento dei bovini da carne, che si sono ridotti del 10% negli ultimi cinque anni. Nonostante queste difficoltà la produzione di mangimi ha “tenuto”, considerando che nel 2013 si è avuta una flessione del solo 0,6% nella produzione, scesa a 14,5 milioni tonnellate, per un valore di 7,3 miliardi di euro.

Le sfide
Segno che l'industria mangimistica ha saputo reggere ai venti della crisi, ma la sfida nei prossimi anni sarà ancor più dura. Perché, ha ricordato Allodi, dovremo essere capaci di produrre di più consumando meno. Lo scenario che abbiamo di fronte è quello di un aumento della richiesta di cibo a livello mondiale, un problema da affrontare tenendo ferma la barra della sostenibilità delle produzioni, con attenzione all'ambiente, lotta agli sprechi e utilizzo ragionato delle risorse. Purtroppo la riforma della Pac non ci è di aiuto e i proclami sulla competitività e sulle maggiori risorse di auto approvvigionamento sono rimasti solo buoni propositi. Continuiamo ad arrovellarci sugli Ogm, già coltivati però su 175 milioni di ettari nel mondo, per non parlare del latte. Fra pochi mesi le quote produttive verrano eliminate e mentre nel Nord Europa la produzione è in crescita, le nostre stalle sono ferme o peggio riducono le produzioni. “Le nostre potenzialità di allevamento e di produzione di prodotti alimentari di origine animale - ha detto Allodi - sono sicuramente superiori, ma è necessario che nel nostro paese venga adottata una politica in grado di rimettere al centro il ruolo strategico di agricoltura e zootecnia per favorire e dare impulso alla produzione interna, riducendo così anche la nostra dipendenza dall'estero.”

Fare squadra
Una crescita che può realizzarsi nel rispetto dei criteri di sostenibilità delle produzioni zootecniche, requisito che può essere perseguito anche ottimizzando l'alimentazione degli animali. Ma bisogna arrivare preparati, conoscendo i “numeri” dell'impatto ambientale delle produzioni zootecniche, ricavati non da “formulette” varie, ma misurati obiettivamente e sulle diverse realtà produttive. La ricerca è al lavoro su questo campo come alcuni degli interventi all'assemblea di Assalzoo hanno evidenziato. Ma anche in questo campo il mondo zootecnico e più in generale tutta l'agricoltura, deve cambiare passo. I produttori devono imparare a dialogare con la ricerca e viceversa, mangimisti e allevatori devono stringere alleanze, le organizzazioni professionali devono confrontarsi, non contrapporsi. La crisi non è ancora superata. E proprio le difficoltà che ancora ci attendono potrebbero essere la molla per imboccare la strada giusta.