Per il grano duro made in Italy è ormai una vera debacle. I prezzi pagati agli agricoltori sono sempre più in caduta libera (13-15 euro al quintale) e addirittura più bassi di venti anni fa, quando le quotazioni erano di  50.000 lire, pari ad euro 25,82. Un taglio drastico: quasi il 50%. Solo nell’ultimo quinquennio il calo è stato del 32%. I nostri produttori sono al collasso, anche perché costretti a sostenere costi (produttivi, contributivi e burocratici) in crescita record (+30% nei confronti dello scorso anno). Ma quello che preoccupa è l’invasione dei mercati di produzioni estere, soprattutto da parte dei paesi extracomunitari, come gli Stati Uniti, il Canada, il Messico, l’Australia e la Turchia.
Il nuovo allarme viene lanciato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori che chiede immediati e straordinari interventi per sanare una situazione esplosiva che sta caratterizzando l’intero comparto cerealicolo sia in Italia che in tutta Europa. Sintomatica in questo senso la grande manifestazione che si è tenuta la scorsa settimana a Parigi, dove sono scesi piazza migliaia di coltivatori.
Molte imprese, denuncia la Cia, sono in “profondo rosso” e rischiano di chiudere i battenti nel giro di poco tempo se non vengono predisposte misure adeguate per fronteggiare un’emergenza che sta assumendo aspetti catastrofici.
I prezzi all’origine, rimarca  la Cia, sono sempre più stracciati. Le ultime quotazioni (quarta settimana di aprile) registrano una diminuzione di oltre il 25% allo stesso periodo del 2009. A questo si aggiungono gli elevati costi produttivi e contributivi che tagliano le gambe a qualsiasi slancio imprenditoriale. Basti ricordare che produrre un ettaro di grano duro costa all’agricoltore circa 900 euro, mentre, in queste particolari condizioni, i ricavi non arrivano a 600 euro. Gli agricoltori, pertanto, lavorano in perdita. 
La Cia è, dunque, preoccupata per le gravissime difficoltà che stanno investendo pesantemente i nostri produttori di grano duro che. Per tale motivo, la Cia chiede al neo-ministro il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Giancarlo Galan di aprire al più presto (prima che parta la nuova campagna) un Tavolo di confronto fra tutti i soggetti della filiera, in modo da concordare e sviluppare azioni condivise che permettano agli agricoltori di uscire da un drammatico “tunnel”. 

Per la Cia, tuttavia, occorre  un moderno progetto sulla cerealicoltura di qualità che veda al centro, territori, aziende e agricoltori quale tassello principale e determinante di una nuova politica di prodotto e alimentare.  C’è la necessità di  definire anche le modalità di un innovativo “accordo di filiera” proprio per dare nuove certezze e impedire che vi siano squilibri che alla fine danneggiano i produttori e gli stessi consumatori.