La coltivazione dell'olivo (Olea europaea) è un'attività tradizionale in molte regioni d'Italia. Tuttavia, non sempre le produzioni sono soddisfacenti dal punto di vista economico. Specialmente gli impianti più vecchi, con sesti larghi e piante secolari, richiedono alti costi di gestione e una produzione di olive non sempre remunerativa. Se è vero che la necessità aguzza l'ingegno, in Calabria si è provato a sfruttare la maestosità degli olivi secolari per consociare una seconda coltivazione, quella di limoni, in modo da avere una interessante integrazione al reddito.

 

A raccontarci questa storia sono i ricercatori del Crea di Acireale, Filippo Ferlito e Maria Concetta Strano, che seguono dal punto di vista scientifico una pratica tradizionale che ha anche un nome inglese: intercropping.

 

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"L'intercropping prevede di coltivare sullo stesso appezzamento due o più specie la cui vicinanza crea una sinergia, con eventuale mutuo beneficio ad entrambe", ci spiega Ferlito. "Nel caso della consociazione tra olivo e limone, le piante secolari, con una chioma espansa, proteggono le piante di limone dal vento riducendo il rischio che si diffonda il mal secco. Inoltre, il parziale ombreggiamento riduce le scottature e si viene a creare un clima che diminuisce il consumo idrico della coltura che, così, può essere gestita anche senza l'ausilio dell'irrigazione".

 

Consociazione tra olivi e piante di limone

Consociazione tra olivi e piante di limone

(Fonte foto: Filippo Ferlito, ricercatore del Crea)

 

Siamo sulle colline a Sud della Piana di Gioia Tauro, nei comuni di Taurianova, Varapodio e Oppido Mamertina. Una terra fertile, con terreni profondi e umidi, in cui gli olivi hanno trovato un microclima ideale dove svilupparsi. Nella zona insistono molti oliveti con piante secolari, tutelate dalla legge e quindi non estirpabili. Qui gli agricoltori adottano una gestione minima degli impianti, intervenendo solo quando strettamente necessario con potature e concimazioni. Le reti vengono stese a terra in autunno e si raccolgono i frutti che cadono spontaneamente dagli alberi. Insomma, una gestione non moderna, in cui le condizioni produttive sono ben distanti da quelle degli oliveti in cui si investe per ottenere il massimo della produttività.

 

La vera fonte di reddito tuttavia non è l'olio d'oliva prodotto dagli oliveti, quanto la vendita dei limoni. "In Sicilia molti agricoltori inducono una fioritura fuori stagione per produrre il cosiddetto verdello, che matura durante l'estate e che ha un ottimo riscontro di mercato", racconta Filippo Ferlito. "Qui in Calabria, a causa della presenza di terreni umidi e profondi, non è possibile causare lo stress idrico necessario all'induzione a fiore fuori stagione. Tuttavia, i limoni prodotti, che si raccolgono tra aprile e maggio, hanno un ottimo riscontro di mercato grazie agli elevati standard qualitativi".

 

La vera fonte di reddito è la vendita dei limoni

La vera fonte di reddito è la vendita dei limoni

(Fonte foto: Filippo Ferlito, ricercatore del Crea)

 

Queste produzioni, adeguatamente conservate subito dopo la raccolta, potrebbero essere collocate sul mercato anche fino a due mesi oltre questo periodo, spiega Maria Concetta Strano, la cui attività nell'ambito di questo studio consiste nella valutazione della qualità microbiologica, chimico-fisica e nutrizionale dei frutti di limone provenienti dalla consociazione, in seguito a un prolungato periodo di frigoconservazione a temperatura e umidità controllate. Tale studio è inoltre focalizzato ad estendere la shelf life dei frutti nella fase post raccolta, consentendo in tal modo la loro commercializzazione anche durante i periodi di scarsa presenza di un prodotto particolarmente apprezzato e richiesto dai consumatori.

 

Fra i principali problemi della limonicoltura vi è il mal secco, una malattia a decorso fatale causata da un fungo patogeno (Plenodomus tracheiphilus), il quale agisce penetrando all'interno della pianta in seguito a micro lesioni causate da eventi atmosferici violenti, come ad esempio un vento forte o una grandinata, oppure da non appropriate operazioni colturali. A Siracusa, in Sicilia, zona vocata alla produzione di limoni, per fermare il vento proveniente dal mare si utilizzano delle reti frangivento. In Calabria, invece, gli agricoltori sfruttano la protezione fornita dagli olivi secolari, che con il largo tronco e la chioma espansa attenuano l'intensità del vento.

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"L'altro aspetto che ci ha sorpreso è che all'interno degli oliveti in cui sono presenti anche dei limoni si viene a creare un microclima estremamente favorevole ad entrambe le piante, che ostacola lo sviluppo sia di malattie fungine, sia di insetti, come ad esempio le cocciniglie. Sul mercato quindi arrivano dei limoni di un giallo intenso, senza difetti e con alti standard qualitativi”, sottolinea Ferlito.

 

Quella calabrese è una pratica adottata da molti anni, che risulta essere vincente e in linea con l'indirizzo che l'Unione Europea vuole dare all'agricoltura del vecchio continente, in cui, quando possibile, occorre fare ricorso ai servizi offerti naturalmente dalle piante per ridurre l'utilizzo di input agronomici, come ad esempio gli agrofarmaci, o le reti antivento. Sta poi ad ogni agricoltore, nel proprio areale, sperimentare per trovare la giusta combinazione di piante da consociare, come ad esempio altri agrumi o specie appartenenti a famiglie completamente diverse.

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