Una posizione di assoluta contrarietà al provvedimento già espressa in passato e ora ribadita in una dura nota, in vista dell'emanazione del Decreto ministeriale del 28 febbraio.
Che entrambe le questioni rappresentino un'incognita i cui benefici e la cui virtuosità sono legati all'interpreatzione che ne verrà data, è posizione ampiamente condivisa. Lo è altrettanto la paura, ma qui è l'italian style a giocare l'asso di briscola, che i provvedimenti potenzialmente necessari e utili, finiscano per diventare l'ennesimo balzello il cui risultato unico sia un esborso economico privo di qualsivoglia senso.
Nel mirino di Confai c'è l'estensione del provvedimento a tutte le macchine mentre, secondo la Confederazione, avrebbe motivo di esistere solo per le macchine immesse in circolazione da più di dieci 10 anni.
"Coinvolgere indiscriminatamente tutto il parco delle macchine agricole - scrive Confai -, equivale ad una tassa mascherata, che andrà a gravare sopratutto sulle imprese di meccanizzazione agricola e che non avrà alcun effetto concreto sulla sicurezza in fase di circolazione".
L'organizzazione nutre dubbi anche in merito ai soggetti abilitati alla revisione. "Se si tratterà dei concessionari - si chiede - saranno in grado di svolgere questo compito? Forse le realtà più grandi, - si risponde - difficilmente quelli periferici, probabilmente sprovvisti di officine idonee all’assistenza e ai controlli".
Auspicando un coinvolgimento delle rappresentanze del mondo agromeccanico ai tavoli istituzionali consultivi, Confai suggerisce tra i parametri da considerare: l’età delle macchine agricole, la tipologia e quindi l'esclusione delle macchine operatrici di grandi dimensioni tra cui sicuramente mietitrebbie e falcia-trinciacaricatrici, il fermo del mezzo e la sua confisca - a meno di pronta regolarizzazzione - in caso mancato adempimento agli obblighi di revisione qualora accertato da parte dell'autorità competente.
"Come sindacato che rappresenta imprenditori agricoli e imprese agromeccaniche - conclude il comunicato - vorremo far rilevare che, a tutt’oggi, queste ultime pur essendo le uniche realtà ad investire in macchinari nuovi e quindi a garantire sicurezza durante la circolazione e nelle lavorazioni, rimangono escluse dalle misure dei Piani di sviluppo rurale".