Il 15 novembre, a Bologna, abbiamo inaugurato la Fabbrica italiana contadina, già molto nota come Fico.
Si tratta, come ha detto qualcuno, della disneyland del cibo.

Attenzione però: solo e unicamente cibo made in Italy.  
Un'area dove la narrazione va dal campo alla forchetta. I numeri sono impressionanti, basti dire che la superficie è di 100.000 metri quadri di cui 80.000 completamente coperti. Ma qui noi non vogliamo far meraviglie di quello che presumibilmente diventerà il baricentro, il ganglio vitale, la show room dell'agricoltura e dell'agroindustria nazionale.

Noi vogliamo parlare del concetto dell'operazione.
A partire dal nome, dove è evidente l'aggettivo 'Contadina' (con la C maiuscola). Perché è l'ora di sdoganare questo termine, che in Italia è stato usato in passato anche in maniera offensiva. Non dimentichiamo che c'è stato un periodo in Italia, neanche tanto remoto, in cui i Contadini (continuiamo a usare la C maiuscola) facevano fatica a trovare moglie. In cui si vergognavano della propria professione, la più nobile peraltro.

Non siamo qui a fare una analisi storica o sociologica, non è il nostro mestiere.
Siamo però certi che il rilancio dell'agricoltura italiana passa dal ritrovamento di una nuova dignità e orgoglio della professione.

In Francia, tanto per fare un esempio, paysan è un aggettivo qualificativo di alto pregio: lo sta diventando anche in Italia.
Oggi fare gli agricoltori, o meglio i contadini, è cool, è di moda, è un mestiere sempre più appetito anche dai giovani. E questa è una svolta storica.

A Fico si cercherà di narrare l'agricoltura non la gastronomia. Dopo anni in cui si è fatto parlare di cibo solo i cuochi (che sono diventati star) l'intenzione è di far parlare chi il cibo lo produce veramente: i contadini.
Che speriamo diventino star (se lo meritano).