"Il Programma di sviluppo rurale è un importante strumento di sostegno, ma non è la bacchetta magica". Lo ha messo in chiaro il direttore generale dell'assessorato all'Agricoltura, Franco Picco, durante il suo intervento al convegno "Costruiamo il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 della Lombardia".
 La riforma della Pac e l'incertezza, a oggi, sulla ripartizione dei fondi a livello nazionale, invita alla cautela. "Tuttavia, per effetto della convergenza interna - ha reso noto Picco - in Lombardia si prevede un calo medio dei premi diretti del 35%, tanto che le nostre stime vedono una riduzione della Pac dagli attuali 567 milioni a 341 milioni nel settennato 2014-2020, ai quali dovrebbe aggiungersi una quota di compartecipazione, che però ad oggi la legge di stabilità ne impedisce lo stanziamento".

Il Psr non è già scritto
"Il Psr non è già scritto, ma vogliamo raccogliere i contributi per una stesura condivisa - ha detto Picco - basandoci su alcuni elementi fondamentali, che vanno dal dialogo con gli stakeholders al contesto sociale, economico, territoriale, ambientale, al contesto normativo".
Il Psr 2014-2020 pone l'attenzione su questioni di rilevanza europea (climalterazione, ozono, inquinanti locali), di interesse generale (giovani, risorse idriche, suolo) e prettamente territoriali (aggregazione, cooperazione, rete, redditività, efficienza, sostegno
all'agricoltura di montagna, difesa e recupero del paesaggio agricolo e rurale).
"Fra le parole chiave che abbiamo posto al centro della discussione del prossimo Psr - ha riassunto Picco - ci sono la sostenibilità, la competitività, la progettualitàl'innovazione, la rete, la concentrazione e il legame col territori. Elementi che cercheremo di valorizzare attraverso bandi specifici, progetti complessi negoziati e una valutazione del merito".

L'agroalimentare in Lombardia
Il Psr 2014-2020 si inserisce in un quadro che vede la Lombardia ancora al vertice dell'agricoltura italiana, come ha precisato Roberto Pretolani, ordinario di Economia agraria ed estimo dell'Università di Milano.
"La redditività agricola è in forte calo - ha dichiarato - ed è passata dal 60% degli anni Novanta all'attuale 45%, mentre il valore aggiunto rimane stabile. La Lombardia va comunque un po' meglio rispetto all'Italia e all'Unione europea, con la produzione che, nell'ultimo decennio, è aumentata del 3,5%, a fronte di una crescita del 14% e dell'8% dei decenni precedenti, sulla spinta della cosiddetta 'rivoluzione verde'". In termini numerici, la superficie si è ridotta del 5% nell'ultimo decennio, le aziende sono calate complessivamente del 21%, del 12% se si considerano le imprese iscritte alla Camera di commercio.

Meno 120.000 ettari in vent'anni  
Le aziende professionali sono circa 15.000 in Lombardia (il 27% del totale) con una superficie media di 8 ettari in più rispetto alle aziende di sussistenza (il 40% del totale). Le aziende di sussistenza coprono il 14% della superficie, ma producono solo il 5% del reddito.
"Negli ultimi vent'anni sono stati persi 120.000 ettari, 6.000 ogni anno, cioè 16,5 ettari al giorno - ha detto Pretolani - per effetto del consumo di suolo e per l'abbandono nelle zone di montagna".
L'esercito degli imprenditori agricoli lombardi ne conta 16.000 sopra i 65 anni di età, con una potenzialità di 12.000 giovani imprenditori che potrebbero subentrare. "I giovani - ha detto il professor Pretolani - rappresentano il 14,5% degli imprenditori lombardi e sono più presenti nelle zone montane e collinari. Rispetto ai colleghi adulti vantano un titolo di studio più alto: due su tre, infatti, ha un titolo di scuola superiore, mentre il 12% è laureato". I giovani "hanno molta più propensione di aderire al Programma di
sviluppo rurale".