Riscoprire le tradizioni e la cultura della carne bovina per rilanciarne i consumi e proteggere una filiera che in Lombardia vale oltre 800 milioni di euro e garantisce almeno 10mila posti di lavoro diretti, oltre all’indotto.

È questa la filosofia che sta alla base di un patto di filiera che lega in maniera più stretta i produttori di carne bovina che fanno capo ai consorzi Carne bovina documentata di Mantova, Carni bovine scelte di Brescia e Qualità della carne bovina di Milano, e i macellai, maestri in grado di valorizzare qualsiasi taglio dell’animale, dai più famosi a quelli meno conosciuti.

Il sodalizio con le macellerie verrà ribadito nel corso di una serata promozionale aperta a tutti (costo: 20 euro, in parte in beneficienza alla Fondazione Casa di Beniamino di don Mazzi) che avrà luogo a Cavriana, nell’Alto mantovano, il prossimo 31 gennaio (per info: www.lacarnedocumentata.it, tel. segreteria del Consorzio Carni Documentate tel. 0376-247213/241).

L’iniziativa è stata voluta fortemente dai tre enti consortili, che nel giro di poche settimane dovrebbero riunirsi sotto un’unica realtà, coinvolgendo anche l’associazione di produttori di Bergamo, per una rappresentanza di oltre 120mila capi, ma col patrocinio della Camera di commercio e di Coldiretti, che sul rilancio di una filiera della carne bovina interamente made in Italy ci crede fino in fondo.

La carne bovina, in questa fase sofferente per via del calo dei consumi e di una battaglia ideologica perpetrata da vegani e affini, cerca soluzioni nuove. Percorrendo la strada della tipicità e sensibilizzando i consumatori sull’aspetto economico, perché troppo spesso erroneamente la carne rossa viene considerata fuori budget. Niente di più sbagliato.

Secondo Coldiretti Lombardia e i consorzi Carni bovine di qualità le famiglie lombarde potrebbero risparmiare quasi 500 milioni di euro, se venissero scelti i tagli meno conosciuti o meno utilizzati in cucina, ma altrettanto buoni e sicuri. E se l’allevatore è chiamato a produrre come sa fare, spetta ai macellai e ai negozi di prossimità compiere una nuova fase di alfabetizzazione in cucina, dove si è in parte persa la conoscenza di tagli e cotture particolari, a esclusivo vantaggio di bistecche e filetti.

A livello allevatoriale, la situazione è seriamente complicata, come spiega Primo Cortellazzi, presidente del consorzio Carne bovina documentata e referente dei consorzi carni bovine di Coldiretti Lombardia. “Con la crisi finanziaria delle aziende e le difficoltà del settore – afferma Cortellazzi - non riusciamo più a fare la semplice manutenzione ordinaria delle stalle e la situazione è aggravata dalla diminuzione dei consumi di carne rossa e dall’aumento delle importazioni di carne proveniente da Polonia, Francia e Germania”.

La perdita di terreno su scala nazionale, secondo il vicepresidente di Coldiretti Mantova avrebbe portato a una diminuzione anche dei livelli di sicurezza alimentare. “L’Italia su questo piano è sempre stata considerata una garanzia assoluta – spiega – ma oggi, a fronte di un aumento sensibile delle importazioni, la sicurezza del prodotto è scesa a un livello medio, ulteriore motivo che ci spinge a rilanciare con forza il settore, nell’interesse degli allevatori e dei consumatori”.

I tre principali consorzi lombardi delle carni, che rappresentano oltre 120mila animali allevati sul territorio, “hanno la possibilità di fornire al consumatore informazioni in più rispetto a quelle contenute in etichetta e vanno dal proprietario dell’animale, dal tipo di stabulazione e dall’alimentazione, tutti elementi utili per identificare il tipo di animale e dunque la qualità”.

Fondamentale, poi, la valorizzazione di tutti i tagli dell’animale. “Anche per evitare di ripetere l’errore che negli anni è stato commesso con il suino – ricorda Paolo Carra, presidente di Coldiretti Mantova – dove si è puntato esclusivamente alla coscia e ci si è dimenticati di riconoscere un valore aggiunto al resto dell’animale. E così, una volta che i prosciutti sono entrati in crisi di prezzo, si è persa completamente la remuneratività della suinicoltura italiana”.

Per Ettore Capelloni, numero uno del consorzio Carni bovine scelte di Brescia, “se scompare l’allevamento da carne italiano, dovremo fare i conti con una diminuita democrazia del consumo, perché mancherà la scelta da parte del consumatore”. Già i numeri elaborati da Coldiretti Lombardia e Consorzi carne lombarda non sono confortanti per lo stato di salute del settore: dal 2008 a oggi il numero delle stalle da carne in Lombardia è precipitato da 9.776 a 7.842 con una perdita di quasi il 20%, mentre i capi allevati sono passati da 341mila a poco più di 300mila, con un taglio dell’11,5%, che significa per le stalle un taglio di 39 mila capi.

Positivo il commento dell’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava. “La strada individuata di tre importanti consorzi di carni bovine della Lombardia di aggregarsi nelle prossime settimane in un unico organismo di riferimento e di avviare un percorso di filiera verticale che coinvolge i macellai e i consumatori, rappresenta a mio parere una soluzione efficace per rilanciare i consumi della carne lombarda, diffondere la cultura del territorio e consentire un risparmio delle famiglie”, dichiara.