Era forte la preoccupazione che con l'avanzare della bella stagione lo Schmallenberg virus, che colpisce i ruminanti ed è diffuso da un insetto, potesse diffondersi negli allevamenti europei. Tanto che a inizio aprile Bruxelles aveva riunito il top della scienza veterinaria per mettere a punto adeguati mezzi di lotta a questo nuovo virus, del quale Agronotizie ha parlato a più riprese. Le preoccupazioni dell'Europa avevano “contagiato” la Russia, che aveva persino deciso di chiudere le sue frontiere alle importazioni. Ma le precauzioni adottate sembrano aver funzionato, soprattutto in Italia, merito dell'efficienza dei nostri servizi veterinari e della collaborazione dei nostri allevatori. Nella Penisola si contano infatti sino ad oggi appena 8 casi della malattia (5 su ovini, 3 su bovini). Peggio è andata per gli allevamenti della vicina Francia, che si trovano a fare i conti con quasi tremila casi di infezione e così pure la Germania dove i casi accertati della malattia sfiorano quota duemila. Non si può dunque abbassare la guardia, ma il limitato numero di episodi della malattia, puntualmente monitorati in Italia dall'Istituto zooprofilattico di Teramo, consentono di guardare a questa nuova patologia con maggiore tranquillità rispetto ai timori della vigilia.

 

Peste bovina, partita chiusa

Va ancor meglio la situazione per la peste bovina, malattia che se in passato costituiva una grave minaccia può oggi essere considerata debellata a livello mondiale. Il merito è della strenua lotta che a questo virus è stata combattuta ad ogni latitudine. La conferma è arrivata già un anno fa dalle autorità sanitarie mondiali e il virus non esiste più, se non in esemplari conservati nei laboratori. Ora sono queste “riserve” di virus che preoccupano Fao e Oie (organizzazione mondiale per la salute animale) che hanno lanciato un appello affinché vengano distrutte le scorte rimanenti del virus. Per esigenze di studio e per realizzare vaccini nel caso di nuovi focolai in animali selvatici, il virus potrebbe essere ancora conservato in un numero limitato di laboratori, purché in grado di offrire sufficienti garanzie di biosicurezza. Il virus della peste bovina è ancora presente in circa 40 laboratori sparsi nel mondo, e non tutti offrono queste garanzie. "Dobbiamo assolutamente assicurarci - ha affermato Juan Lubroth, Veterinario Capo della FAO - che questo materiale sia conservato solo in alcuni laboratori che garantiscono condizioni di massima sicurezza per non correre inaccettabili rischi". "Dobbiamo continuare a vigilare  - ha aggiunto Lubroth - affinché la peste bovina rimanga una malattia del passato, consegnata ai libri di storia e agli annali di medicina veterinaria”.

 

E in Sardegna resta la Peste suina

E speriamo che la stessa cosa possa avvenire, aggiungiamo noi, anche per un'altra peste, quella africana, che ancora imperversa nei suini allevati nelle campagne della Sardegna, apparentemente refrattaria a piani di lotta che vanno avanti da decenni. Ma questa è un'altra storia.