Al primo incontro di 'Milk in progress', l'iniziativa che si è tenuta a Roma lo scorso 14 ottobre promossa da Sivar-Società italiana veterinari per animali da reddito e da Pfizer Animal Health nata con l'obiettivo di instaurare un tavolo di confronto tra i diversi rappresentanti della filiera lattiero-casearia sono emersi dati incoraggianti.

Il settore lattiero-caseario è ai vertici dell'alimentare nazionale con un giro d'affari 2009 di 14,4 miliardi di euro. Ecco i dati riportati da Agrisole ed emersi nel corso del summit organizzato da Sivar e Pfizer sulla filiera lattiero casearia.

L'anno scorso il latte prodotto nelle circa 42mila stalle rimaste in attività in Italia ha generato un giro d'affari di 5,4 miliardi, pari al 9% del totale prodotto nelle aziende agricole nazionali. Un valore, ha ricordato Claudio Federici, responsabile servizi e analisi di mercato dell'Ismea, che triplica nella fase industriale, con l'11% del totale industria agroalimentare, fino a raggiungere i 21 miliardi al del 58% delle vendite al dettaglio, o retail.

Circa il 62% delle nostre aziende, conta meno di 20 vacche da latte mentre in Germania, Francia, Regno Unito e Olanda la quota di questi piccoli allevamenti oscilla tra il 15 e il 35 per cento. E in Italia, le stalle medio-piccole sotto i 50 capi rappresentano l'82% del totale. Solo il 7% ha più di 100 capi, con oltre il 40% del patrimonio bovino da latte.

Federici ha osservato poi che il prezzo medio del latte alla stalla in Italia si aggira intorno ai 36 centesimi il litro: il più alto. a livello europeo, mentre quello più basso si registra in Slovenia con 27 centesimi. Anche in questo caso, si tratta di una forbice troppo elevata. E l'Italia non può essere competitiva sul piano dei prezzi, ma solo offrendo qualità e servizi. Per garantire quest'ultimi serve una strategia di filiera che consenta di fare leva sul reddito. Altre possibilità per uscire da questo gap competitivo potrebbero arrivare dal mercato estero. Ma le nostre insegne, al di fuori dei tradizionali confini, praticamente non esistono. Le produzioni a denominazione d'origine e indicazione geografica protetta (Dop e Igp), al momento sono del resto troppo soggette alla concorrenza sleale per portare alla filiera un concreto valore aggiunto. Per cui le prospettive di crescita in termini di produzione e reddito delle imprese lattiero-casearie italiane dipenderà soprattutto dalla loro capacità di sostenere la pressione competitiva sul mercato interno ed esterno.