La decisione dell'assessore all'Agricoltura della provincia autonoma di Trento, Giulia Zanotelli, ha ricevuto il plauso di molti: se ad un disoccupato trentino viene proposto un lavoro in agricoltura e lo rifiuta perderà il diritto a ricevere l'assegno di disoccupazione staccato dalla provincia.

Quella di Giulia Zanotelli è una decisione che si inserisce in un quadro più ampio, quello della mancanza di manodopera nei campi italiani. Dopo l'avvio della quarantena i 370mila lavoratori regolari (dati Coldiretti) provenienti dai paesi dell'Est Europa hanno rinunciato (o sono stati impossibilitati) a venire in Italia e così migliaia di aziende agricole si sono ritrovate con il problema di trovare operai per la raccolta di frutta e verdura.

E mentre il Governo discute della regolarizzazione di 200mila lavoratori in nero senza permesso di soggiorno (ne parliamo bene in questo articolo) il dibattito si sposta sui tanti italiani che ora sono a casa e che potrebbero essere impiegati nei campi. Un lavoro non certo semplice, anzi, faticoso e sfiancante per chi non è abituato, ma necessario per mettere sulle tavole degli italiani il cibo nei prossimi mesi.

E naturalmente il pensiero di molti agricoltori è andato ai disoccupati, ai cassintegrati, a tutti quelli che il lavoro lo hanno perso a causa del coronavirus o non lo avevano anche prima e che potrebbero essere impiegati in campo. Certo, ammettono gli agricoltori, spesso chi non è abituato a questo tipo di lavoro ha scarsa produttività e vuole mollare presto, ma è meglio di niente.
 

La decisione del Trentino

Contattata da AgroNotizie l'assessore spiega: "Nella provincia autonoma di Trento abbiamo uno strumento di sostengo economico che si chiama Assegno unico provinciale che viene erogato a chi è in difficoltà e possiede certi requisiti. Tra le condizionalità che abbiamo posto per l'erogazione c'è anche il fatto di non rifiutare offerte di lavoro, anche relativamente a contratti brevi".

L'assessore spiega come questo impatterà sull'agricoltura: "Se il richiedente è abile al lavoro, ma quando viene chiamato non accetta l'impiego, l'assegno gli viene sospeso per sei mesi. Questo vale per tutti i settori, compreso quello agricolo", sottolinea Zanotelli. "Inoltre già dall'anno scorso abbiamo attivato con l'Agenzia del lavoro delle liste territoriali aperte ai disoccupati per consentire di proporsi alle aziende agricole trentine".

Certo, i disoccupati non potranno sopperire totalmente alla mancanza di lavoratori, ma l'obiettivo è anche di lungo periodo, perché chi oggi si avvicina all'agricoltura può sviluppare delle competenze che gli potrebbero permettere di continuare a lavorare nel settore anche dopo la crisi.
 

La lettera degli assessori al Governo

La provincia autonoma di Trento è stata firmataria, insieme a Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Liguria, Basilicata, Abruzzo e Piemonte, di una lettera indirizzata al Governo proprio sul tema del lavoro in agricoltura.

Gli assessori regionali hanno chiesto ai ministri Bellanova (Agricoltura) e Catalfo (Lavoro) la reintroduzione dei voucher e politiche per impiegare chi oggi è senza lavoro. "L'emergenza Covid-19 può aprire alla possibilità di percorrere nuovi canali ed inserire strumenti normativi che vadano a rafforzare la condizionalità legata all'erogazione di strumenti di supporto al reddito delle famiglia e dei soggetti presenti sul nostro territorio", scrivono gli assessori.

"Rivolgersi in primis ai nostri disoccupati e alle giovani generazioni significa non soltanto andare incontro alle esigenze del mondo agricolo e rispondere alla necessita di trovare un'occupazione, ma anche di sensibilizzare ulteriormente il popolo italiano sull'importanza dell'agricoltura".
 

Reddito di cittadinanza, lavoro in agricoltura senza perdere il sussidio

Una novità sul fronte lavoro sembra arrivare dal decreto Rilancio al vaglio del Governo. Sembra infatti che chi oggi è destinatario di assegni di sostegno al reddito, come reddito di cittadinanza, cassa integrazione, Naspi e simili, possa accettare lavori temporanei in agricoltura senza perdere il sostegno di cui gode. Il reddito da lavoro andrebbe dunque ad integrare, non sostituire, quello derivante dall'assegno sociale.

Nella bozza si spiega come i beneficiari del reddito di cittadinanza potranno lavorare con contratti a termine non superiori a trenta giorni, rinnovabili per altri trenta, senza subire la perdita o la riduzione dei benefici previsti, purché il compenso complessivo non superi nel 2020 il limite dei 2mila euro.

Rimane tuttavia un nodo che le associazioni professionali sollevano: la macchinosità delle assunzioni. Per questo motivo viene chiesto che si reintroducano i voucher, forme flessibili e semplici da utilizzare per retribuire i lavoratori stagionali ed essere in regola con i contributi previdenziali senza l'onere burocratico (e non solo) che una assunzione 'normale' comporta. Richiesta tuttavia bocciata dai sindacati e, sembra, anche dal Governo.