"Nel nostro paese manca una vera legislazione e criteri che difendano i produttori più piccoli dai grandi interessi". Questo il pensiero di Rocco Tiso, presidente di Confeuro, intervistato da AgroNotizie sui principali temi attualmente in voga nel settore agricolo. 

Presidente, qual è dal suo punto di vista lo stato di salute attuale dell'agricoltura italiana?
"Con i tempi che corrono è necessario considerare più tipi di agricoltura. La meno considerata è certamente la categoria dei piccoli produttori, con la quale la politica sta scherzando. Il nostro sistema non tutela le piccole imprese.
Pensiamo, per esempio, alle 400mila piccole imprese agricole espulse dal processo dell'attribuzione dei contributi Pac per via del cambiamento dei criteri, o a tutti quei piccoli produttori che non vedono alcun effetto positivo dalla crescita dell'export agroalimentare, in termini di redditività. C'è un'agricoltura fatta principalmente di mercati che sta schiacciando quell'agricoltura fatta di persone che si sporcano le mani ogni giorno". 


Questione made in Italy: qual è la rilevanza dell'export agroalimentare e quanto sarà importante per i fatturati delle nostre imprese in futuro?
"L'export porta indubbiamente dei benefici, non lo impariamo oggi. Abbiamo però perplessità su quanto costa all'esportatore la materia prima, o sui contributi relativi. Da dove provengono le materie prime che esportiamo? Siamo sicuri che siano sempre produzioni made in Italy? Abbiamo firmato la Carta di Milano, che a mio avviso è molto vuota ed è un'operazione esclusivamente di facciata del ministero. Ai piccoli produttori interessa la garanzia di redditività della propria azienda". 

Come procede il ricambio generazionale nel settore agricolo italiano? I bandi per i giovani agricoltori nella nuova programmazione dei Psr può aiutare?
"E' uno dei temi più dibattuti nel settore. I bandi dei Psr vanno bene, tutto ciò che va a sostegno dei giovani agricoltori è ben accetto, ma sarebbe necessario una visione nuova e più sostenibile di questo aiuto.
Gli aspiranti imprenditori agricoli, più che un aiuto diretto, preferiscono garanzie certe di poter lavorare in buone condizioni, sia dal punto di vista burocratico che a livello finanziario. Per questo è necessario creare progetti con piani di produzione ben precisi e prospettive di sviluppo chiare, accompagnato da un accesso al credito molto più facilitato di quello attuale".


Manca meno di un mese alla chiusura di Expo. Qual è il bilancio della manifestazione secondo lei? Che effetti può avere per l'agroalimentare italiano?
"Non si può negare che sia una bellissima manifestazione, con splendidi padiglioni e tanta gente in visita. Per l'afflusso di persone è stato indubbiamente un successo. Se invece guardiamo il bilancio dal punto di vista dei contenuti, allora non c'è davvero niente.
Non è stata nè una vetrina per il cibo, in quanto non c'era praticamente nulla nei vari padiglioni, nè sono stati toccati a fondo i temi principali, ovvero come garantire e produrre cibo per tutto il mondo in maniera sostenibile".


Ricerca e innovazione in agricoltura: qual è il suo parere sulla questione degli Ogm?
"Per noi la parole d'ordine sono ricerca, ricerca, e ancora ricerca. Non siamo pro Ogm, ma dal momento che nella maggior parte dei cibi che mangiamo oggi hanno una componente Ogm, credo sia necessario investire in ricerca e innovazione. Se la ricerca dirà che gli Ogm possono essere prodotti tranquillamente, non siamo contro".

Le agroenergie possono rappresentare una valida integrazione al reddito agricolo o rischiano di competere con la produzione agricola minando il raggiungimento degli obiettivi riguardanti la food security?
"E' necessario un buon equilibrio. Se agroenergie in agricoltura vuol dire riutilizzare gli scarti o comunque ricavare valore aggiunto da attività connesse va bene. Se invece vuol dire mangiare ettari ed ettari di terreno costruendo pale eoliche o installando impianti fotovoltaici, allora siamo totalmente contrari. Al Sud gli affaristi delle pale eoliche hanno distrutto paesaggio e territorio, consumando suolo utile all'agricoltura per le proprie rendite di posizione".

Questione quote latte: a sei mesi dalla fine delle quote latte, come hanno reagito i mercati?
"Sul latte bisognerebbe davvero stendere un velo pietoso. La vicenda è partita anni fa con i dati falsi che abbiamo presentato in Europa; oggi il settore zootecnico e il lattiero-caseario non se la stanno passando per niente bene.
Le quote hanno certamente avuto il merito di tenere calmierati i prezzi. Ora francamente fare un decreto fiscale per 35mila imprese del settore mi sembra un po' eccessivo, ma dobbiamo trovare comunque strumenti e pensare a strategie per rilanciare il mercato e garantire redditività alle aziende produttrici".


Parliamo di un altro tema di grande attualità in Europa: il Ttip. Rappresenta una scelta strategica o una minaccia per l'export made in Italy?
"Prima di dire sì al Ttip, ci devono spiegare che cos'è questo Ttip e soprattutto cosa comporta per i prodotti made in Italy e per i produttori italiani. Se l'accordo va nella direzione di garantire mercato ai nostri prodotti tutelandoli dai falsi, allora ci sta bene. Se così non fosse siamo totalmente contrari". 

Quali sono gli obiettivi futuri per Confeuro?
"Stiamo portando avanti un progetto dal nome "Nessuno tocchi la radice" sul quale puntiamo molto. Riguarda naturalmente l'agricoltura e la tutela dei piccoli produttori agricoli. Dobbiamo ripartire da qui: se salvaguardiamo loro, allora consolideremo la base dell'agricoltura italiana".