Un settore a luci e ombre, ma risoluto a guardare avanti ed essere sempre più decisivo a livello europeo: è questo il quadro che emerge dall'intervista di AgroNotizie a Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia, riguardo i principali temi del settore.

Presidente, qual è dal suo punto di vista lo stato di salute attuale dell'agricoltura italiana?
"L'andamento del settore è a macchia di leopardo. Se il settore vitinicolo sembra essere indirizzato verso una buona vendemmia, con ottimi andamenti per l'export, invece quello ortofrutticolo vede luci e ombre. Abbiamo visto il problema della frutta estiva, con le basse quotazioni di pesche e nettarine nel periodo centrale dell'estate, mentre sembra buono l'andamento per mele e pere. Rimane invece molto difficile la situazione della zootecnia. C'è stato sì qualche timido segnale di ripresa, ma è ancora molto insufficiente, specialmente per il comparto lattiero-caseario. L'embargo russo ha certamente pesato sulla crisi, ma ci sono problemi strutturali maggiori. Per questo occorre ripensare al settore, facendo scelte strategiche per rilanciare un settore che ormai ha toccato il fondo".

Questione made in Italy: qual è la rilevanza dell'export agroalimentare e quanto sarà importante per i fatturati delle nostre imprese in futuro?
"Per l'agroalimentare italiano l'export è e rimarrà una voce fondamentale del bilancio. Ci sono mercati, anche abbastanza vicini, che non sono ancora non maturi, ma hanno buone prospettive di crescita: gli Stati Uniti e il Nord Europa. Cina, Asia e Africa presentano importanti scenari per il futuro e occorrerà incrementare gli investimenti per vincere anche su questi mercati. A mio avviso bisogna seguire con grande attenzione il mercato statunitense, che sta già registrando una grande crescita dell'import di prodotti agroalimentare italiani. Detto questo, guardiamo con fiducia alla ripresa del mercato interno, sperando che le famiglie italiane possano accrescere le proprie disponibilità economiche e tornare a spendere qualcosa in più per i consumi alimentari di prodotto made in Italy".

Come procede il ricambio generazionale nel settore agricolo italiano? I bandi per i giovani agricoltori nella nuova programmazione dei Psr possono aiutare? 
"E' vero che si intravedono alcuni segnali positivi, ma bisognerebbe andare molto più in profondità delle analisi. A mio avviso bisogna insistere su percorsi formativi di accompagnamento del giovane agricoltore con quello a fine carriera. Questo non è ancora presente. I Psr e i relativi bandi per i giovani possono certamente aiutare, ma i percorsi di accompagnamento sono fondamentali per un radicale svecchiamento del settore". 


Manca meno di un mese alla chiusura di Expo. Qual è il bilancio della manifestazione secondo lei? Che effetti può avere per l'agroalimentare italiano?
"Credo che l'Expo, nel complesso, abbia fatto bene all'Italia. Ci sono stati alcuni problemi organizzativi, però alla fine è andato tutto bene e sta continuando a registrare un enorme successo di pubblico. Credo che per l'agricoltura e l'agroalimentare italiano l'Expo abbia rappresentato una vetrina importante. La manifestazione, in termini di promozione del made in Italy, può avere già degli effetti positivi nel breve periodo".

 

Ricerca e innovazione in agricoltura: qual è il suo parere sulla questione degli Ogm?

"Dal punto di vista delle tipicità italiane e per le eccellenze di qualità che produciamo, l'ingresso degli Ogm non può far bene al nostro sistema agroalimentare. Tuttavia, non siamo contrari a innovazioni che apportino un miglioramento genetico naturale alle nostre colture. Tengo a precisare che la nostra è una posizione di mercato e non motivata da scelte ideologiche".


Le agroenergie possono rappresentare una valida integrazione al reddito agricolo o rischiano di competere con la produzione agricola minando il raggiungimento degli obiettivi riguardanti la food security?

"La formula magica si chiama equilibrio. Perseguire un'integrazione al reddito agricolo è necessario, ma le agroenergie non devono prevalere sull'attività puramente agricola, come invece è successo in certi casi. Il primo obiettivo è certamente spingere sulla produzione agricola, perchè c'è una forte necessità di produrre beni. Se poi come contorno si riesce a sviluppare qualche attività legata a energie rinnovabili o biomasse, ben venga anche l'attività extra agricola".

Questione quote latte: a sei mesi dalla fine, come hanno reagito i mercati?
"I primi dati ci dicono che con lo stop alle quote latte la produzione non è comunque aumentata. Siamo consapevoli che nel settore lattiero-caseario sono necessarie forti scelte strategiche per garantire redditività agli addetti ai lavori e qualità ai consumatori, sia per quanto riguarda il latte che per i formaggi. Ricordo infatti che il 70% della produzione è indirizzata alla produzione di formaggi. Per questo il ragionamento deve riguardare tutto il comparto e non solo il latte". 
 

Parliamo di un altro tema di grande attualità in Europa: il Ttip rappresenta una scelta strategica o una minaccia per l'export made in Italy?
"Il Ttip, con l'abbattimento delle barriere tariffarie, può rappresentare un'occasione importante per l'export agroalimentare italiano, a condizione che venga difesa al massimo l'etichetta del made in Italy. Se così non fosse, la Cia sarebbe in prima linea per protestare contro l'accordo. La tutela del prodotto italiano per noi è una conditio sine qua non."

 

Quali sono gli obiettivi futuri per Cia?
"Puntiamo fortemente a continuare la collaborazione intrapresa con Confagricoltura, Copagri e il mondo cooperativo nel progetto di Agrinsieme. Qualche risultato è stato ottenuto, ma bisogna guardare avanti e puntare a incidere sempre di più sulle scelte di politica agraria, sia a livello nazionale che in Europa".