A soli due giorni dalla scadenza, fissata per il 3 ottobre 2015, l'Italia ha richiesto il divieto di coltivazione sul suo territorio di otto Ogm approvati o in via di approvazione a livello europeo.

Inoltrata alla Commissione Europea dal ministro Maurizio Martina di concerto con il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e della Salute Beatrice Lorenzin, la richiesta attua della nuova Direttiva europea 2015/412 dell’11 marzo 2015, che consente agli Stati membri di vietare al proprio interno la coltivazione degli organismi geneticamente modificati anche se autorizzati a livello europeo. L'Italia si aggiunge così agli undici Paesi che hanno già detto no.

Le reazioni: a favore...
Una posizione che, come nota la Coldiretti sulla base di una indagine Ixè, trova d'accordo quasi 8 cittadini su 10 (il 76 per cento) che si oppongono oggi al biotech nei campi.
Gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy” commenta il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo.
Le superfici seminate a transgenico nell’Unione Europea nel 2014 sono diminuite del 3 per cento, secondo l’analisi del rapporto annuale 2014 dell'International service for the acquisition of agri-biotech applications (Isaa), ma sono aumentate a livello globale. Recentemente anche il vice primo ministro del Governo russo Arkady Dvorkovich ha reso pubblica l'intenzione di proibire la produzione di prodotti geneticamente modificati in Russia.

... e contro
"Frettolosa e avventata".
Così Rocco Tiso, presidente di Confeuro, ha definito la richiesta inoltrata all'Ue: "E' stata presa in senso unilaterale, senza il coinvolgimento di tutti gli attori che compongono il settore primario.
Tralasciando il merito della questione sul sì o il no agli Ogm, è il metodo applicato dalla politica che ci lascia ancora una volta interdetti, perché non considera una grossa fetta di quella rappresentanza agricola che da sempre si batte per i valori e il lavoro all’interno della filiera agroalimentare
".

"Ci teniamo a ribadire - ha concluso Tiso - che la strada della ricerca dovrebbe essere quella da percorrere, e lo studio approfondito sugli effetti degli Ogm per poterne valutare possibilità e problematiche sarebbe un segnale di serietà di cui il paese avrebbe bisogno".

Gli Stati possono vietare le colture Ogm.
Il 22 aprile 2015, la Commissione europea aveva presentato una revisione all'attuale normativa (direttiva Ue 2015/412) che prevede che un Ogm autorizzato in Europa come alimento o mangime possa essere invece vietato dagli Stati membri nella loro catena alimentare (misure di opt-out). Per far questo, le misure di opt-out dovranno fondarsi su motivi legittimi diversi da quelli valutati a livello dell’Ue, vale a dire su rischi per la salute umana o animale o per l’ambiente. Gli Stati membri dovranno giustificare la compatibilità delle loro misure di opt-out con la legislazione sul mercato interno dell’Ue e gli obblighi internazionali dell’Ue e dell’Omc. Questa proposta legislativa sarà ora trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio e seguirà la procedura legislativa ordinaria

Come funziona oggi l'autorizzazione Ogm in Europa
Le aziende che vogliono commercializzare prodotti transgenici in Europa devono presentare domanda in primo luogo all'autorità competente di uno Stato membro. Questa viene poi trasmessa all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che è responsabile della valutazione scientifica del rischio sia ambientale sia per la salute umana e animale. La valutazione del rischio è effettuata in stretta collaborazione con gli organismi scientifici degli Stati membri.
Successivamente il parere è reso disponibile al pubblico e viene avviata una consultazione pubblica che rimane aperta per un mese. Entro tre mesi dal ricevimento del parere dell'Efsa, la Commissione europea prepara una proposta di decisione di esecuzione per rilasciare o rifiutare l'autorizzazione che viene trasmesso agli Stati membri e soggetto a votazione a maggioranza qualificata. Se il comitato permanente e il comitato d'appello non riescono ad adottare la decisione a maggioranza qualificata entro un determinato periodo di tempo, spetta alla Commissione adottare la decisione finale.