Chiunque abbia amato i romanzi di Jules Verne  non può non rimanere affascinato dall’idea di coltivare i fondali marini. La prospettiva di sfamare l'umanità (vi ricordate Expo?) creando delle coltivazioni estese in serre sottomarine, al riparo dai cambiamenti climatici, dagli insetti e dalle malattie, ha qualcosa di folle e geniale. Pura fantasia? Non più, perché in Liguria lo stanno già facendo, anche se su scala ridotta. Per farcelo raccontare abbiamo intervistato Luca Gamberini, un membro del team che a Noli ha dato vita a Nemo's Garden.

Partiamo dall'inizio: che cos'è Nemo's Garden?
“Nemo’s Garden è una serra subacquea ancorata sul fondale del mare, di fronte a Noli, ad una profondità di circa otto metri”.

Come vi è venuto in mente di costruire una cosa simile?
“Abbiamo unito due passioni: la subacquea e l'agricoltura. E grazie alle conoscenze tecniche accumulate negli anni dalla nostra azienda, la Ocean Reef, siamo stati in grado di creare queste biosfere”.

Che cosa sono le biosfere?
“Sono delle sfere di materiale plastico, imbrigliate in una intelaiatura metallica, piene d'aria e ancorate al fondo del mare. Ora abbiamo installato una biosfera da tremila litri, in cui ci possono stare tre persone, e due da 800 litri”.

Che cosa coltivate sul fondo del mare?
“Abbiamo iniziato nel 2012 con il basilico, il simbolo della nostra terra, ma ora abbiamo piantato lattuga, fagioli, aglio, coriandolo e fragole. Ma l’idea è quella di spingerci oltre”.

Sul fondo del mare le piante crescono come in superficie?
“Assolutamente no. La cosa più sorprendente che abbiamo osservato è l'accelerazione dei processi vitali. Il basilico germoglia in 48 ore, invece della settimana che ci impiega in superficie, e cresce molto velocemente. Stiamo ancora studiando il fenomeno, ma crediamo che la maggiore pressione faciliti lo scambio di gas tra le pareti cellulari e velocizzi quindi il metabolismo. Si tratta di una scoperta sorprendente, basta pensare quale effetto avrebbe sulla produzione di cibo”.

Le biosfere sono autonome o bisogna portare acqua e ossigeno dalla superficie?
“La biosfera è come un mondo in miniatura, perciò è completamente autosufficiente. Bisogna solo introdurre terra, semi, e acqua dolce, poi tutto si equilibra da solo. Le piante producono ossigeno di giorno e anidride carbonica la notte. L'eventuale Co2 in eccesso, prodotta ad esempio dal nostro respiro quando entriamo nelle serre, viene assorbita dal mare. Mentre l'umidità si condensa sulle pareti e ritorna alla terra”.

Tutto però parte dal sole...
“Certo, la luce è ciò che mantiene in equilibrio la biosfera e che fa crescere le piante. Stiamo anche studiando che tipo di schermatura dalle radiazione dannose offre lo strato d'acqua sopra le sfere e quali sono le profondità ottimali per ogni specie vegetale”.

Nemo’s Garden è di sicuro un esperimento affascinante, ma sorge il dubbio che sia un progetto fine a se stesso, non replicabile su larga scala...
“Non è così, certo siamo agli inizi, ma le potenzialità sono enormi. Lo hanno capito i sauditi visto che da Riad ci hanno proposto di acquistare i brevetti per installare queste serre nel Golfo Persico. Per i Paesi della Penisola arabica è una soluzione alla siccità, alla mancanza di terre fertili, oltre che all'elevata escursione termica tra notte e giorno, visto che l'acqua del mare ha una temperatura costante. Inoltre le serre sono potenziali produttrici di acqua potabile, oltre ovviamente al fatto dei parassiti”.

Quali parassiti?
“Beh, siamo sul fondo del mare. Lì non possono arrivare malattie o insetti infestanti. Tutto è protetto, non servono agrofarmaci o diserbanti. Pensiamo anche ai cambiamenti climatici che rischiano di mettere a rischio la sicurezza alimentare del Pianeta. Con queste serre non ci sono di questi pericoli”.

Quali sono i prossimi step del progetto?
“Ora stiamo studiando, anche con l'ausilio di appositi rilevatori, la resa delle serre. Non ci sono studi scientifici sulla crescita in pressione, se non quelli della Nasa, che però riguardano la crescita a bassa pressione e in assenza di gravità. Abbiamo anche intenzione di approfondire lo studio del ciclo dell’acqua all’interno delle biosfere, per capire se si può produrre acqua potabile”.

Visto che avete rifiutato i fondi dei sauditi, con quali soldi vi finanziate?
“Per ora abbiamo usato i nostri soldi, ma per portare avanti il progetto abbiamo chiesto un contributo di 30 mila dollari su KickStarter. Invitiamo chiunque sia interessato a questo esperimento a dare il suo contributo e di venirci a trovare in Liguria”.