C'è fermento sul mercato del mais. I prezzi del granturco nazionale mostrano solo timidi segnali di flessione portandosi intorno ai 230 euro tonnellata, ma restano di molto più elevati rispetto ad un anno fa, quando a malapena si superavano i 200 euro a tonnellata. A spingere i prezzi è in parte il calo degli stock mondiali, ma soprattutto la caduta della produzione italiana. Nel 2012 i dati Istat riportano un crollo del 12%, con la produzione ferma a 8,2 milioni di tonnellate. Cresce di conseguenza la nostra dipendenza dalle importazioni, con il grado di auto approvvigionamento sceso sotto l'80%. A complicare il quadro c'è poi l'emergenza aflatossine che ha colpito alcune zone ad alta vocazione maidicola come il Nord Est e non solo.

 

Colpa del clima

Il clima torrido e la forte umidità che ha contraddistinto l'estate 2012 ha fatto impennare le contaminazioni da micotossine e gli agricoltori hanno imparato a loro spese i nomi delle più diffuse tossine di origine fungina, come lo Zearalenone, le Fumosine, i Tricoteceni o le Ocratossine. Tutte potenzialmente pericolose, ma fra tutte spicca il gruppo delle aflatossine e in particolare la B1. La loro forte tossicità e cancerogenicità, accomunata alla possibilità di trasferirsi al latte e persino alla carne degli animali alimentati con materie prime colpite da queste micosi, ne hanno fatto il nemico numero uno di agricoltori e allevatori. Sul contenuto in aflatossine è intervenuta da oltre dieci anni Bruxelles che ha indicato nella direttiva 2002/32 le sostanze indesiderabili nell'alimentazione degli animali, riservando un'attenzione particolare all'aflatossina B1, stabilendo che nella materie prime per mangimi sia presente non oltre la soglia di 0,05 ppm (mg/kg). Il raccolto di mais della campagna 2012 supera in molti casi questi livelli e di qui è scattata l'impossibilità di impiegarlo in zootecnia ed è stato di fatto “sequestrato” nei silos sino ad oggi. E si tratta di quantità rilevanti visto che ad essere colpito è circa un quarto dell'intera produzione. Fra poco quei silos dovranno ospitare i nuovi raccolti e una soluzione del problema si fa ogni giorno più urgente.

 

Le richieste

In Veneto e nel Friuli, fra le regioni più coinvolte, ma anche in Emilia Romagna, in Lombardia e in Piemonte, il dibattito è tutt'ora aperto e si rincorrono varie proposte, inizialmente concentrate sulla possibilità di un aumento dei limiti di aflatossine ammessi per il mais. Richiesta che il ministero della Salute non ha accolto, per fortuna aggiungiamo, poiché una soluzione di questo tipo avrebbe aperto a critiche pesanti sulla sicurezza delle produzioni zootecniche. Ancora oggi da alcune organizzazioni agricole (fra le quali Aires, l'associazione italiana raccoglitori e stoccatori e poi l'associazione maiscoltori italiani) arriva la proposta di destinare il mais colpito dalle micotossine all'alimentazione di animali adulti, purché si abbia garanzia di assenza di rischi per le carni immesse al consumo. Anche questa una proposta che presta il fianco a critiche, puntualmente sollevate da Fabiano Barbisan, presidente di Unicarve e Italia Zootecnica, giustamente preoccupato che l'impiego di mais non conforme ai parametri di legge possa minare la credibilità delle produzioni zootecniche.

 

Soluzione, il biogas

Per evitare questo rischio e al contempo trovare un impiego per il mais, non resta che un utilizzo fuori dalla catena alimentare e in questa direzione una risposta concreta è rappresentata dall'impiego energetico, immettendo il prodotto contaminato nei biodigestori per la produzione di biogas. L'efficienza energetica non è intaccata dalla presenza di micotossine e non vi è alcuna controindicazione sotto il profilo della sicurezza. L'idea è piaciuta all'assessore all'Agricoltura dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, che si è detto pronto insieme ai colleghi di Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli, a realizzare un'intesa per impiegare nella produzione di biogas il mais inquinato da micotossine. Ora bisognerà vedere come reagirà il mercato a questa proposta che appare fra le più perseguibili e la risposta la dovranno dare gli stoccatori e i produttori di biogas, trovando un punto di incontro sui prezzi da praticare.

 

Sempre più import

Sullo sfondo resta comunque l'aumentata dipendenza dell'Italia per gli approvvigionamenti di mais e il problema micotossine sl potrebbe ripresentare per il prodotto importato. Lo dimostrano i recenti scandali in Albania per l'eccesso di aflatossine nel latte e la denuncia delle autorità tedesche che hanno scoperto la presenza di aflatossine in partite di mais provenienti dalla Serbia. Per non parlare delle produzioni di mais Ogm, che oggi rappresentano quasi la metà della produzione mondiale di questo cereale. Evitare la loro presenza sarà sempre più difficile.