Al cinque di febbraio la misura è stata colmata. Questo, per lo meno, è quanto si può dedurre dalle esternazioni diffuse via web dalle istituzioni piemontesi che si occupano di agricoltura.
Quindi non da qualche multinazionale o da Agrofarma, né da qualche giornalista che da tempo mal sopporta la sistematica deformazione della realtà a fini strumentali. Ovvero quella continua campagna mediatica che più che profumare di amore per l'ambiente, puzza di rincorsa a quel consenso sociale e politico che sta alla base di certi business furbetti.

Lo sbotto è invece di un organismo pubblico fra i più seri e stimabili. Un Organismo a cui da sempre va riconosciuta una grande attenzione verso l'agricoltura sostenibile, intesa come attività compenetrata si nel mondo produttivo, ma nel rispetto di salute e ambiente.
"Agricoltura moderna e ambiente: la sfida non si affronta con le fiabe". Questo è il titolo del comunicato con il quale la Giunta regionale piemontese risponde duramente ad alcune posizioni espresse dal mondo ecologista in tema di agricoltura.
Sono infatti ben 16 le associazioni "verdi" che hanno espresso commenti per lo meno "creativi" sul Piano d’Azione Nazionale per l’uso dei prodotti fitosanitari.

Si ricorda a tal proposito che il Pan è figlio di quella Direttiva "Usi sostenibili" che ha pianificato robusti giri di vite anche in materia di agrochimica. Un provvedimento che avrebbe dovuto quindi raccogliere il plauso del mondo ecologista.
Invece no: per quanti sforzi facciano i mondi della ricerca, della tecnica e della normativa, sembra non sia mai abbastanza.
Forse perché a disprezzare gli sforzi degli altri si fa ben poca fatica, specialmente quando si abbiano insufficienti competenze per giudicare ciò che invece ci si arroga addirittura il diritto di condannare.
E così, a quanto pare, si è passati da un famoso slogan ambientalista del passato, "La fantasia al potere", a un più specifico slogan di stampo rurale: "La fantasia al podere". Battuta vecchia, lo so, ma quando ci vuole ci vuole.
 
Ed ecco finalmente che, deo gratias, giunge un comunicato che non ammette repliche.
Usando un eufemismo, dalla Giunta piemontese vengono infatti definite "fantasiose" le istanze presentate dalle sigle "Verdi", ovvero "[...] destinare il 20% della Sau nazionale a colture biologiche, ridurre dell’80% le vendite di prodotti fitosanitari, vietare l’impiego dei fitofarmaci se non dopo aver sperimentato ogni altra possibile soluzione alternativa, incrementare la tassazione sulle sostanze fitosanitarie per affrontare i costi di una svolta verde".

Solide contro argomentazioni a questi sproloqui sono state ben espresse nel comunicato piemontese, alla cui lettura perciò rimando, astenendomi una volta tanto dalla querelle. Anche perché, parafrasando un detto similare, gli incompetenti prima ti trascinano al loro livello, poi ti battono con l'esperienza. Spero quindi che gli amici della Regione Piemonte non se la prendano se lascio a loro l'incombenza tecnica di duellare contro i mulini a vento costruiti dalle frange più estreme del mondo ecologista.
Da parte mia, infatti, ritengo che al di sotto di certi livelli di discussione la parola debba passare dal campo della competenza tecnica a quello della satira e dell'ironia.

Vi sono infatti alcuni passaggi del comunicato stesso che hanno sollecitato una vena che più che all'agronomia e all'ecotossicologia attiene al senso dell'umorismo: quelli attribuiti alla figura di Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente e uno fra i più appassionati fustigatori delle pratiche agricole moderne.
 
Chi sa fa, chi non sa insegna
 
Maurizio Blondet, giornalista e scrittore italiano, sostiene che "L’attività bancaria è una cosa troppo seria per essere lasciata ai banchieri". E osservando i recenti fatti legati al Monte dei Paschi di Siena verrebbe anche da dargli ragione(1).
Forse ispirato da questa lapidaria chiosa di Blondet, anche Vittorio Cogliati Dezza avrebbe affermato che “Se lasciamo l’agricoltura in mano agli agricoltori la battaglia è persa”.
In altre parole, adottando appieno questa bizzarra logica, se non vogliamo che ci si allaghi il bagno, tutto dobbiamo fare tranne affidare i nostri tubi a un idraulico; come pure se ci fa male un dente, da qualsiasi medico dobbiamo andare tranne che da un dentista.
Se le parole di Dezza non fossero state pronunciate con seria convinzione, vi si potrebbe ravvisare un umoristico "non-sense", degno erede della comicità surreale del miglior Renato Pozzetto Anni 80.
 
Per meglio interrogarci sulle posizioni di Dezza, cercando di interpretarle nel migliore dei modi, credo sia quindi bene porsi nel suo medesimo punto di osservazione del mondo e ragionare seguendo logiche analoghe a quelle palesate.
 
Alla guida di Legambiente dal dicembre 2007, Vittorio Cogliati Dezza è professore di storia e filosofia. Già di primo acchito, quindi, si può desumere quanto Dezza sia un profondo conoscitore di materie scientifiche, capace cioè di padroneggiare agevolmente i più complessi risvolti della chimica, dell'agronomia, della botanica, della tossicologia e dell'ecotossicologia.
Autorevole sembra pertanto il suo richiamo a sottrarre l'agricoltura dalle mani degli agricoltori per poi lasciarla a persone ben più preparate e affidabili nella gestione del settore primario.
Sposando di slancio questa inoppugnabile tesi, resto però con il languore di sapere quale sia mai il pool di esperti con il quale il professor Dezza pensa di sostituire gli attuali agricoltori, tecnici e ricercatori "agrari".
In mancanza di ragguagli in merito, proverò ad offrire io un modesto contributo, suggerendo personalmente alcuni membri del suddetto pool, come pure avanzando alcune proposte che reputo di assoluta pregnanza sociale e ambientale.
 
1) Tanto per cominciare, visto il robusto uso che viene fatto del latino nella classificazione sistematica degli organismi, proporrei a Dezza di valutare seriamente il coinvolgimento di qualche suo collega docente in lingue morte. Sicuramente, ciò imprimerebbe una marcia in più alla fitoiatria ogni qual volta si dovesse articolare un programma antiperonosporico della vite, oppure contro i fitofagi di meli e pomodori.
 
2) Appare inoltre innegabile quanto la salvaguardia e la gestione del paesaggio siano materie troppo nobili per essere affidate a dei villici semianalfabeti. Al contrario, richiedono una figura di alta sensibilità estetica e priva di compromessi verso la bieca agricoltura intensiva che tanti danni ha arrecato al Mondo. A tal proposito, consiglierei quindi di affidarne la cura a uno stimato pittore neo-impressionista, il quale certo apporterebbe al rozzo mondo agricolo quel tocco di eleganza che il grande Monet esprimeva con i suoi variopinti campi fioriti.
 
3) E perché mai emettere anidride carbonica utilizzando trattori e mietitrebbia? Il mio modesto suggerimento su questo specifico punto è perciò quello di abolire l'uso della meccanizzazione agricola, foriera solo di inquinamento atmosferico e di disturbo agli organismi terricoli. Per non parlare poi del fastidio arrecato alla vena creativa del paesaggista di cui sopra. Birocci, calessi e buoi attaccati agli aratri potrebbero benissimo supplire alla perdita degli svariati milioni di cavalli vapore attualmente circolanti nei campi, innalzando al contempo il livello estetico e ambientale delle aree italiane a forte vocazione agrituristica, vera colonna portante dell'industria agroalimentare italiana.
 
4) Non si pensi neppure lontanamente di trascurare gli aspetti del benessere animale, gestibili presto e bene affidando a psicologi e sociologi di fama internazionale l'impostazione dei programmi d'allevamento di bovine da latte, suini e patrimonio aviario. Se poi si volesse fare le cose proprio per bene, andrebbe abolita del tutto la zootecnia, convertendo per intero al vegetarianesimo i corpulenti popoli del Mondo occidentale: unica mossa che assicurerebbe la fine della fame nei Paesi arretrati e invertirebbe il fenomeno dell'effetto serra.
 
5) Infine, "in cauda venenum" (veleno in coda), caldeggio il bando irrevocabile di ogni tipologia di pesticida e di fertilizzante chimico attualmente in uso.
Perché mai continuare ad avvelenare ambiente e consumatori con le diaboliche creazioni delle contorte menti che operano nei laboratori delle mai sazie multinazionali?
Sicuramente, anche in loro assenza, la Natura nella sua grande magnanimità saprà trovare ugualmente un suo perfetto equilibrio, lasciando che piante coltivate, insetti, funghi, virus e malerbe trovino fra loro una spontanea armonia e ripristinino finalmente quella tanto agognata biodiversità che da troppo tempo langue.
 
Io, coerentemente con l'approccio di cui sopra, penso che mi dedicherò d'ora in poi alla direzione d'orchestra e all'affinamento delle tecniche d'uso del flauto traverso, strumento per il quale - forte delle mie qualifiche di agronomo ed ecotossicologo - rivendico la piena discrezionalità decisionale circa il suo insegnamento presso il Conservatorio di Milano.
In alternativa, e perché no, potrei accontentarmi di sostituire il Chiarissimo professor Vittorio Cogliati Dezza alla cattedra di storia e filosofia. In fondo, che differenze potranno mai esserci fra le teorie di Locke, Fourier o Leibniz e il ciclo biologico della Cydia molesta?
 
(1) Ringrazio Maurizio Blondet per il pregevole assist offertomi dalle sue massime in campo bancario. Massime stimolate, presumo, non tanto dai banchieri in senso lato, quanto dalla disonestà che si è radicata in alcuni di essi e dalla quale è cosa giusta prendere le distanze.