Ma non dobbiamo fare l'errore di pensare a uomini di latta che si aggireranno tra i vigneti con le cesoie in mano o che guideranno i trattori, si tratta invece di macchinari grandi e piccoli, dalle forme più diverse, con compiti ben specifici.
Gli AgBot, neologismo nato dall'unione dei termini inglesi 'agricolture' e 'robots', sfruttano le tecnologie sviluppate in altri ambiti, come quello industriale ed aerospaziale, per svolgere lavori pesanti o pericolosi in campo. Sono macchine che per ora sono confinate ai laboratori di ricerca di università e aziende private e a causa del prezzo elevato non sono ancora diffusi in campo, ma le cose cambieranno presto visto che i costi di produzione si stanno facendo sempre più bassi.
"Non parliamo di decenni, ma di pochi anni", spiega Mark Johnson, fondatore di Descartes Labs, società statunitense attiva nel precision farming, che AgroNotizie ha incontrato durante il World agri-tech innovation summit di San Francisco.
"Quello della robotica è uno dei settori più rivoluzionari per l'agricoltura. Pubblico e privato devono prepararsi all'impatto. Il primo mettendo in campo una legislazione che non tarpi le ali all'innovazione. Il secondo investendo in ricerca e sviluppo".
Ma perché sostituire l'uomo con una macchina? Le ragioni sono diverse. La sicurezza dell'operatore è una di queste. I trattamenti con agrofarmaci rappresentano un elemento di rischio per la salute umana, specie se non vengono adottate le giuste precauzioni. Avere una macchina che tratta la coltura in maniera autonoma e precisa rappresenta un vantaggio enorme. Ma la vera spinta all'innovazione è il risparmio economico.
Sempre meno immigrati messicani arrivano in California e i grandi farmer sono in crisi: manca la manodopera a basso costo per raccogliere l'insalata, i peperoni e i pomodori. E così nella patria dell'hi-tech si guarda alla robotica. Avere un macchinario che rimpiazza il lavoro di venti operai aumenta i margini per l'agricoltore o semplicemente gli permette di stare sul mercato.
Un esempio sorprendente è quello delle fragole. Sono molti gli studi per mettere a punto delle macchine in grado di riconoscere il frutto maturo e indirizzare una mano robotica che lo afferri e recida il gambo. Un'operazione semplice per una persona, ma estremamente complessa per una macchina. Primo, perché l'occhio bionico deve essere istruito a riconoscere il frutto maturo tra le foglie. Secondo, perché bisogna prevedere un braccio meccanico che si muova e afferri il frutto. Terzo, perché se l'uomo è in grado di afferrare sofficemente una fragola la macchina rischia di spappolarla.
Una ditta spagnola, Agrobot, ha messo a punto proprio un robot per la raccolta delle fragole che è in grado di riconoscere il frutto maturo e di raccoglierlo strappandolo.
Mentre una ditta giapponese, la Shibuya Seiki, ha immesso sul mercato (al prezzo di 50mila dollari) un robot in grado di afferrare il frutto per il gambo, reciderlo, e depositare la fragola in una vaschetta.
Il settore primario occupa oggi poco più del 3% della forza lavoro complessiva e in futuro questa percentuale è destinata a scendere. "L'introduzione dei robot in serra e in campo avrà delle implicazioni occupazionali enormi", spiega Johnson.
"I robot permetteranno alle aziende agricole di essere più redditizie, ma con ripercussioni pesanti sull'occupazione, specie per gli operai non specializzati che compiono i lavori più gravosi e ripetitivi. I robot non si ammalano, non vanno in ferie né dormono. In agricoltura vedremo quella trasformazione che abbiamo avuto nell'industria".
Anche l'Unione europea è attenta agli sviluppi del settore. Il Parlamento europeo ha discusso ad inizio anno il rapporto Delvaux che prova ad immaginare l'impatto che le nuove tecnologie, come l'intelligenza artificiale e la robotica, avranno sulle nostre società. Il rischio concreto è che vengano bruciati migliaia di posti di lavoro senza che ne vengano creati di nuovi. Per questo il fondatore di Microsoft, Bill Gates, ha lanciato la proposta di tassare il lavoro robotico per creare ammortizzatori sociali ad hoc.
Non per questo l'Unione europea ha deciso di ignorare gli AgBot, anzi. Ha finanziato direttamente degli studi per sviluppare robot agricoli da introdurre nelle aziende. Clever robot for crops è un programma europeo per lo sviluppo di soluzioni robotiche che ha messo a punto, tra le altre cose, una macchina in grado di raccogliere peperoni in serra in maniera automatica.
Uno dei settori in cui la robotica ha fatto i maggiori passi avanti è quello della zootecnia. Già oggi molte stalle hanno introdotto le giostre per la mungitura automatica in cui l'animale non entra mai in contatto con l'uomo.
Ma ci sono anche macchine automatiche per la miscelazione e la distribuzione dei mangimi e si stanno mettendo a punto sistemi per modulare la composizione del foraggio sulle esigenze 'dietetiche' dell'animale.
L'Australia, insieme agli Stati Uniti, è uno dei paesi che sta investendo di più nei Farm Robot. La Queensland University of Technology ha messo a punto una diserbatrice robotizzata che riconosce le malerbe in campo e le estirpa in maniera meccanica. Niente utilizzo di erbicidi e nessun intervento dell'operatore.
Mentre l'Università di Sydney (Australian Center for field robotics) ha invece messo a punto Swagbot, un robot pastore in grado di radunare pecore e mucche e di guidarle tra i pascoli. In futuro questo robot sarà anche in grado di identificare le vacche malate misurando con una telecamera la temperatura corporea.
Se in Italia questo robot alimentato ad energia solare non ha applicazione, nella vasta Australia, dove gli animali vengono controllati anche solo due volte l'anno, avere un occhio sul campo è molto utile.
Uno dei problemi ad oggi più grandi, oltre al costo e alla velocità di esecuzione delle mansioni, è il movimento in pieno campo. Mettere strumentazioni estremamente sensibili su un mezzo che si muove sul terreno, magari sotto la pioggia e il vento, non è affatto semplice. Ecco perché gli sviluppi più immediati della robotica si vedranno nelle colture protette.
Harvest Automation ha ad esempio messo a punto dei robot in grado di movimentare in maniera autonoma dei vasi senza che ci sia un operatore che dica alla macchina quale prendere e dove portarlo.
Non bisogna però solo immaginare le macchine come entità singole e autonome, perché ci sono molti studi sulla collaborazione tra AgBot. I ricercatori stanno infatti analizzando il comportamento di formiche e api per capire come collaborano tra di loro per raggiungere uno scopo comune. In futuro (e qui si parla sì di molti anni) avremo dei mini-robot che collaboreranno per debellare i parassiti da una pianta o che voleranno in sciami sopra ad un campo per raccogliere informazioni (l'altro grande compito dei robot) utili all'agricoltura di precisione.
I ricercatori dell'Università di Harvard hanno messo a punto delle robot-libellule grandi come una moneta da un centesimo che possono volare e in futuro trasportare sensori o impollinare le piante.
A causa degli alti costi di sviluppo, i robot si stanno facendo strada principalmente nelle colture ad alto valore aggiunto, come il vigneto. La francese Wall-Ye ha lanciato un robot in grado di muoversi in maniera autonoma all'interno di una vigna e di potare, legare e ripulire le viti da gemme e foglie in eccesso.
Grazie ai fondi dell'Unione europea un consorzio internazionale ha invece messo a punto VineRobot, un robot in grado di muoversi in maniera autonoma in vigna e di mappare lo stato di salute delle piante.
Le tecnologie dunque ci sono e presto saranno abbordabili. L'inventiva dei ricercatori non ha limiti, ma la vera domanda è se gli agricoltori (e i consumatori) accetteranno nelle loro aziende questi automi.
Vedere un braccio meccanico che salda la portiera di una macchina non ci turba, ma accettare che sia un robot a coltivare il cibo che mangiamo è molto più impegnativo.
Dal precision farming ai big data, dalla robotica all'agricoltura cellulare, AgroNotizie prova a raccontare come produrremo e mangeremo il cibo nel futuro.
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