Il mais italiano non vive un momento di prosperità. Se nel 2002 la superficie dedicata a questo cereale era di oltre un milione di ettari, quest'anno si fermerà intorno ai 650mila. E così se ad inizio secolo l'80% del fabbisogno nazionale era coperto dalla produzione nostrana, oggi la percentuale è scesa al 57%.
Quali sono i motivi di tali contrazioni? Certamente gli andamenti climatici sfavorevoli a cui vanno sommate politiche poco incentivanti e un prezzo di mercato molto basso.

In questa condizione molte aziende agricole guardano con interesse alle potenzialità racchiuse nell'agricoltura di precisione. Le tecniche colturali che ricadono sotto il termine di precision farming hanno infatti il pregio di aumentare la produttività dei campi abbattendo i costi legati agli input produttivi.
Certo, per passare dalle tecniche tradizionali a quelle di precisione bisogna investire, ma come vedremo ne vale la pena.

Ma cosa si intende per agricoltura di precisione e da dove bisogna iniziare per vedere i primi risultati? "L'obiettivo principale del precision farming è gestire la variabilità in campo in modo da ottenere produzioni più omogenee, riducendo al contempo gli input produttivi", spiega ad AgroNotizie Raffaele Casa, professore del dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell'Università della Tuscia.
"Per iniziare si deve partire dall'utilizzo di un trattore con la guida satellitare. Si può poi passare alla creazione delle mappe di produzione e quindi alla gestione di ogni fase colturale, dalla semina alla concimazione, dal diserbo alla difesa, in un'ottica di precisione con le mappe di prescrizione".

Il trattore a guida automatica
Il grande pregio dei trattori a guida automatica è quello di evitare le sovrapposizioni sollevando al contempo l'operatore dell'onere di prestare attenzione alla guida. "Molte nostre aziende fanno ricorso alla guida satellitare soprattutto nella fase di semina, trattamenti fitosanitari e concimazione", racconta ad AgroNotizie Matteo Scaglioni, responsabile del servizio agronomico del Consorzio agrario Terrepadane.
"Il trattore registra le porzioni di campo in cui è passato ed evita di ritornarci. In questo modo non si sprecano sementi e concimi e si riduce al minimo indispensabile l'uso degli anticrittogamici".

Si evitano anche crescite stentate a causa di una densità di semina doppia.

La mappa, il miglior alleato del maiscoltore
Per chi vuole fare davvero agricoltura di precisione il passo successivo è l'adozione delle mappe. Sono principalmente quattro e possono essere le migliori amiche del maiscoltore
C'è la mappa di produzione e quella del suolo. E poi la mappa di prescrizione per la semina e per la fertilizzazione.

La mappa di produzione
La mappa di produzione registra la produttività, metro per metro, del campo di mais. Per ottenerla è indispensabile l'utilizzo di una mietitrebbia (o di una falcia-trincia-caricatrice) con la pesa automatica. Una tecnologia sul mercato già da anni che molti contoterzisti hanno e che spesso non utilizzano. Quando la mietitrebbia passa sul raccolto misura la quantità di granella (o di trinciato) che raccoglie e registra il dato georeferenziandolo.
L'agricoltore sarà così in grado di conoscere, metro per metro, quanto produce il terreno.

"In azienda utilizziamo la media delle produzioni degli ultimi cinque anni per creare delle mappe di produzione che ci indicano quanto il terreno è fertile nelle varie aree del campo", spiega ad AgroNotizie Sebastiano Simone, agronomo della Maccarese, una delle aziende più avanzate quando si parla di agricoltura di precisione.


Il principio cardine dell'agricoltura di precisione è che il terreno non è omogeneo e all'interno di uno stesso campo si possono riscontrare zone più o meno fertili. Molto dipende dalla tessitura del suolo, come dalla presenza di sostanza organica. La mappa di produzione dà indirettamente, basandosi sulla produzione, un indice della fertilità del terreno. Ma è anche possibile studiare direttamente il suolo.

La mappa del suolo
"Attraverso l'utilizzo di un sensore elettromagnetico siamo in grado di misurare la resistività elettrica del suolo a tre profondità: 50, 100 e 180 centimetri. La resistività elettrica, essendo ben correlata alla tessitura, alla porosità, allo stato di compattamento e alla presenza di umidità nel suolo, permette di identificare le zone omogenee di terreno su cui eseguire le indagini dirette di tipo pedologico e chimico-fisico", spiega ad AgroNotizie Annalisa Morelli, titolare di AgriSoing, azienda che si occupa proprio di mappatura del terreno e che insieme a Dekalb-Monsanto sta portando avanti un progetto sulla maiscoltura di precisione.
"I dati delle analisi ci permettono poi di disegnare delle mappe in cui sono indicate le tipologie di suolo dell'azienda, campo per campo".


Ma a cosa servono le mappe di produzione e quelle del suolo? Lo scopo è la gestione della variabilità del terreno in ogni fase colturale. L'approccio di precisione sta proprio nel tagliare su misura gli interventi in campo a partire dalle caratteristiche del terreno.

La mappa di semina
Un momento cruciale della maiscoltura è la semina. Non solo infatti bisogna evitare le sovrapposizioni, come avviene con la guida automatica, ma conviene anche adattare la densità di semina alle caratteristiche del terreno. Dove il suolo è molto sciolto, sabbioso, è meglio lasciare più spazio tra un seme e l'atro rispetto ad una zona più fertile.
Bisogna insomma adeguare la semina alla capacità del suolo di sostenere nutritivamente la coltura. In questo modo non solo si risparmia seme, ma si ha anche una maggiore omogeneità della granella.

Per ottenere questo risultato è necessario avere una seminatrice pneumatica di precisione. Una attrezzatura in grado di modificare la distanza tra un seme e l'altro sulla base della mappa di semina che viene caricata sul trattore.
Il passo successivo è la fertilizzazione di precisione.

La mappa di fertilizzazione
Preso atto che la tipologia di terreno varia all'interno di un campo, è necessario tagliare la fertilizzazione sulle caratteristiche del suolo e sulle esigenze della coltura. "Se la legge impone il limite di 170 chili ad ettaro per l'azoto è più efficiente distribuirlo a dose variabile a seconda delle esigenze", spiega ad AgroNotizie Carlo Bisaglia, ricercatore del Crea.
"Gli spandiconcime a rateo variabile sono in grado di depositare sul terreno la quantità di fertilizzante indicata dalla mappa di prescrizione caricata sul trattore. Mappa che deve essere messa a punto basandosi sulla densità di semina, la fertilità del terreno e gli obiettivi aziendali".


Ricapitolando. Step uno: guida satellitare per evitare sovrapposizioni. Step due: utilizzo delle mappe per gestire la variabilità del terreno in campo. Step tre: monitoraggio delle coltura.

L'irrigazione di precisione
"Il mais è una coltura estiva e un apporto idrico adeguato è essenziale per avere una produzione alta e di qualità", puntualizza Bisaglia. "Per questo è necessario mettere in campo delle strategie per monitorare le piante ed individuare in maniera precoce lo stress idrico".

Ma come si fa a capire, all'interno di un campo magari di molti ettari, se ci sono delle zone in cui le piante stanno soffrendo per la mancanza di acqua? Le strategie adottabili sono differenti: telecamere ad infrarosso, letture satellitari o sensori al suolo.

"Quando una pianta è ben idratata disperde il calore in eccesso attraverso l'evapotraspirazione. Processo che si blocca nel caso di stress idrico", continua Bisaglia.
"Utilizzando una telecamera ad infrarossi, magari montata su un drone, è possibile misurare la temperatura delle piante. Le zone in cui il mais è più caldo sono anche le zone in cui la pianta è in sofferenza perché non riesce a disperdere il calore e dunque si deve intervenire con l'irrigazione".

Il Consorzio agrario Terrepadane ha invece messo in campo un meccanismo differente stringendo un accordo di cooperazione col colosso israeliano dell'irrigazione Rivulis. Il sistema, denominato Manna, "utilizza le immagini satellitari e i dati delle centraline meteo per determinare il fabbisogno idrico della coltura", spiega Scaglioni.
"In questo modo l'agricoltore sa quando e quanto irrigare non sprecando inutilmente acqua e può controllare che tutte le zone del campo siano raggiunte dall'acqua massimizzando così la produzione".

"Se l'azienda agricola è dotata di un impianto di fertirrigazione o subirrigazione - continua Scaglioni - Manna suggerisce all'agricoltore quale sezione del campo irrigare e con quale portata. Nel prossimo futuro si potrà addirittura prevedere un'automazione in cui Manna azionerà in maniera autonoma l'irrigazione prima che il mais vada in stress. Il tutto è monitorabile in maniera semplice e veloce attraverso una app su smartphone".


Nell'azienda agricola Maccarese invece quest'anno verranno posizionati nel terreno dei sensori in grado di misurare l'umidità del suolo. "Le sonde registreranno la presenza di acqua a varie profondità. Saremo così in grado di intervenire nel momento del bisogno attivando l'impianto di irrigazione ad ala gocciolante", spiega Simone.

Difesa di precisione dalla piralide
Oltre alla carenza di acqua l'altra grande minaccia alla maidicoltura è rappresentata dalla piralide e dai rischi sanitari ad essa connessi. Questo lepidottero apre infatti la strada all'attacco di funghi che producendo micotossine degradano la qualità della granella e dunque il suo valore di mercato.
Se nella maggior parte dei casi la lotta alla piralide si fa con insetticidi tradizionali, è oggi disponibile anche uno strumento di lotta biologica: il Trichogramma brassicae.

"Si tratta di un insetto che parassitizza le uova della piralide distruggendone la progenie e salvaguardando il raccolto", spiega ad AgroNotizie Claudio Cristiani, responsabile del settore Ricerca e sviluppo del Consorzio agrario dell'Emilia.
"Le capsule di Trichosafe (nome commerciale del prodotto della De Sangosse, ndr) vengono distribuite con una densità di 125 per ettaro da un drone che sorvola la coltura e lascia cadere gli involucri contenenti le uova del parassita. In questo modo si evita il calpestio che invece è inevitabile entrando coi trampoli, soprattutto in caso di interfila da 45 centimetri. Inoltre si evita l'utilizzo di sostanze chimiche. I risultati sono soddisfacenti, l'anno scorso abbiamo trattato in questo modo 750 ettari con risultati paragonabili a quelli dei trattamenti tradizionali".

Il ritorno economico sugli investimenti
Per essere catapultati nell'agricoltura di precisione servono dunque un trattore a guida automatica, una seminatrice pneumatica di precisione, uno spandiconcime e una botte per i trattamenti a rateo variabile. Servono poi le varie mappe viste precedentemente.
La domanda che tutti si fanno è: il gioco vale la candela?

Secondo uno studio pubblicato nel 2015 da Università statale di Milano, Camera di commercio di Milano e Coldiretti, assolutamente sì. Anche se molto dipende dalle dimensioni aziendali.
Il passaggio dalla guida manuale a quella assistita è economicamente vantaggioso per le aziende maidicole sopra i 15 ettari e può portare ad un risparmio tra i 210 e gli 86 euro l'anno ad ettaro. Le aziende che invece vogliono adottare tutte le tecniche viste precedentemente devono avere una dimensione minima tra i 40 e gli 80 ettari (molto dipende dalla forma dei campi).

Queste sono stime che devono essere necessariamente calate nella particolarità dell'azienda. Tutti gli agricoltori che sono passati al precision farming si dicono però soddisfatti. "Secondo le nostre stime l'anno scorso abbiamo avuto un risparmio del concime intorno al 3% e delle sementi dell'1,5%. Inoltre c'è stata una riduzione della manodopera del 5,5%", spiega Simone della Maccarese

Nella maiscoltura si fa largo uso del contoterzismo e in questi casi i calcoli devono essere fatti caso per caso con i propri partner. "Nessun agricoltore ci ha mai chiesto di utilizzare le tecniche di agricoltura di precisione", racconta ad AgroNotizie Vittorio Lopez, contoterzista della provincia di Viterbo. "Siamo noi che abbiamo insistito per utilizzarle e solo dopo alcuni anni gli agricoltori si sono resi conto dei risparmi generati. Oggi per il 60-70% dei clienti è la normalità.
Lo scoglio più grosso alla diffusione di queste tecnologie è la mentalità di molti agricoltori, ancora legata a tecniche del passato. C'è poi la questione dei costi delle attrezzature, ancora alti, e la difficoltà di reperire personale qualificato"
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