Per ottenere il massimo della produzione dal proprio campo di mais occorre avere le informazioni giuste, attrezzature meccaniche efficienti e il meglio della genetica. Il Pag (Progetto agronomico globale) è una iniziativa di Kverneland Group Italia che cerca di coagulare tutto questo per mettere l'agricoltore nelle condizioni di massimizzare il reddito (che non sempre coincide con la massimizzazione delle produzioni).
Del Progetto agronomico globale si è parlato durante una prova in campo organizzata da Dekalb-Monsanto e da Kverneland Group presso l'azienda agricola Cavazzini, ad Acquafredda (Bs).

Per massimizzare il reddito bisogna partire da un principio fondamentale: è controproducente seminare ad alte densità dove il terreno è molto sciolto o sabbioso perché le piante non potranno svilupparsi in maniera ottimale.
Per conoscere la composizione del terreno e mapparlo, Agri-Soing, società livornese specializzata in precision farming, ha utilizzato uno strumento che registra la resistività elettrica del suolo a più profondità e viene trasportato a bordo di una 'slitta' trainata da un quod lungo il campo.
Ne risulta una mappa in cui saranno segnati in verde le aree più fertili e in rosso quelle più povere.

La densità di semina dovrà dunque essere differente e variare da sette semi per metro quadro fino ad arrivare a dieci. Ma come si può riuscire a seminare a densità variabile? Nell'azienda Cavazzini Kverneland ha impiegato la seminatrice Optima HD TF Profi, dotata di guida satellitare e Isomath Tellus, in grado di seminare il mais con una precisione millimetrica.
Questa seminatrice inoltre è in grado di disporre i semi a diamante (cioè con le due file sfalsate) in modo da massimizzare il benessere della pianta.
 

Per ridurre i costi di preparazione del terreno, migliorarne la capacità drenante, la fertilità ed evitare compattamenti, in azienda si è adottata la minima lavorazione e lo strip tillage.
I vantaggi e gli svantaggi di queste tecniche sono molteplici (qui ne abbiamo parlato in maniera approfondita), ma sempre più aziende stanno adottando questa tecnica anche perché i Psr regionali prevedono degli aiuti alla conversione.
Nell'azienda Cavazzini i campi di prova sono stati divisi in sei parcelle: tre lavorate in maniera tradizionale, una con lo strip tillage e due con la minima.

La semina è stata fatta con due ibridi Dekalb-Monsanto. Il DKC6050 garantisce una stabilità produttiva e un'alta adattabilità in tutti i tipi di terreni. Il DKC6728 invece riesce ad esprimersi al meglio nei terreni fertili.
Conoscendo le caratteristiche del suolo è stato dunque possibile seminare i due ibridi nelle zone adatte e alla giusta densità.

Dekalb-Monsanto ha poi messo alla prova Acquatek, un sistema in grado di affiancare l'agricoltore nella gestione della risorsa idrica. Il software utilizza le immagini satellitari e i dati delle centraline meteo per generare una mappa che misura il grado di assorbimento dell'acqua da parte della pianta di mais.
Il bianco/giallo identifica le zone dove le piante lavorano meglio, in rosso quelle invece in sofferenza. Conoscendo questi dati l'agricoltore è in grado di intervenire, irrigando laddove le piante si trovino in una condizione di stress.

Un altro elemento fondamentale è la fertilizzazione. In questo ambito Kverneland ha messo in campo Exacta TL GeoSpread, un macchina in grado di spargere il fertilizzante in maniera mirata. La macchina può gestire separatamente 24 sezioni da 2 metri, consentendo di risparmiare molte dosi di concime evitando sprechi e sovrapposizioni.

Per costatare con mano i risultati sulle varie parcelle è stata usata una mietitrebbia equipaggiata col sistema YieldTrakk Topcon in grado di misurare la quantità di granella prodotta da singole porzioni di terreno e di georeferenziare il dato. Si è visto dunque come nelle zone più fertili e con una adeguata irrigazione, le piante hanno avuto le performance migliori.

Paragonando l'appezzamento lavorato con strip tillage (con il Kultistrip Kverneland) e anticipazione colturale mais con l'aratura tradizionale e anticipazione pomodoro, vediamo come la produzione della prima sia di 158,3 q/ha, mentre nella seconda sia di 173,9 q/ha. Una produzione maggiore dunque nel secondo caso, dovuta anche alla precessione colturale, ma che tuttavia non si traduce in un reddito maggiore.
Lo strip tillage prevede infatti minori lavorazioni per 300 euro e un contributo regionale in ambito Psr di 185 euro (raddoppiato se si usano le cover crops invernali).
Tenendo conto di questi dati è come se la parcella in strip tillage abbia prodotto 16 q/ha in più.

La seconda tesi metteva a confronto la minima lavorazione (con il CLC Kverneland) in anticipazione colturale mais con la tradizionale in anticipazione pomodoro. Qui il divario tra le rese è ampio, 136,4 q/ha su 173,9 q/ha. La minima lavorazione è più costosa dello strip tillage di 50 euro e, tirando le somme, l'aratura tradizionale è più redditizia per 8 q/ha.

L'ultima tesi invece mette a confronto minima lavorazione e tradizionale, entrambe con pomodoro come coltura precedente. Nel primo caso sono stati prodotti 171 q/ha contro i 173,9 della tradizionale. Ma tenendo in considerazione i risparmi dovuti a minori lavorazioni e agli aiuti del Psr, la minima è come se avesse prodotto 27 q/ha in più. Tutto reddito per l'agricoltore.

L'esperienza in campo nell'azienda Cavazzini ha dimostrato che il terreno lavorato in maniera tradizionale, ha una minore capacità di drenaggio dell'acqua rispetto allo strip tillage e alla minima lavorazione.
I dati Acquatek rivelano come nello strip tillage c'è un 10% in più di attività fotosintetica che si traduce in più nutrimento per la spiga.

 

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