“Con i due progetti fuori-salone, la Demo field e la Dairy farm, quest’ultima in collaborazione con il Crea della sede di Lodi, abbiamo coinvolto 35 aziende – ricorda Carenzo – e di queste non tutte lavoravano prima con il Parco tecnologico padano”.
Positivi anche i numeri: più di 1.500 persone fra delegazioni, singoli, tecnici, rappresentanti di imprese e scuole, oltre 30 eventi realizzati nel semestre e una percentuale di visitatori stranieri decisamente elevata. “Abbiamo avuto rapporti diretti con i padiglioni, fra gli altri, di Israele, degli Stati Uniti, del Regno Unito, Germania, Francia, Cile – afferma il direttore -. E con quest’ultimo Paese, grazie anche alla partnership suggellata con la fondazione Euro-Cile, abbiamo avuto contatti con quasi 200 aziende. Inoltre, seppure non erano presenti nel sito espositivo di Expo con i loro padiglioni, abbiamo ricevuto la visita di delegazioni provenienti dall’Australia, oltre a quella guidata dal ministro dell’Agricoltura dell’Iran, ma siamo stati al centro anche di eventi con l’ambasciatore del Belgio, sul tema degli insetti per l’alimentazione e con lo Zimbabwe, Paese fra i più efficaci in termini di impatto mediatico del cibo”.
Insomma, Carenzo non esita a definire i 184 giorni di Expo una “grandissima opportunità per consolidare il network di rapporti scientifici”.
E una delle “benedizioni” più significative è venuta dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, pochi giorni prima della chiusura dell’Esposizione universale. “Il Parco tecnologico padano è una struttura di eccellenza, che vogliamo assolutamente sostenere, avendo come Regione Lombardia risorse per investimenti – ha detto Maroni -. E visto che per il futuro dell'area Expo si parla, oltre che del campus universitario, di realizzare anche un analogo parco tecnologico, allora credo che sarebbe utile, se davvero si volesse fare nell'area Expo un parco tecnologico, non farne un altro nuovo ma farne uno che gestirebbe direttamente il Parco tecnologico padano di Lodi, avendo già l’esperienza e le capacità acquisite in questi anni di attività”.
In che modo farete tesoro dell’esperienza di Expo?
“Vogliamo appunto replicare l’esperienza della Demo field nel 2016 e stiamo valutando come. Ipotizziamo di realizzare una sorta di showroom permanente per l’agricoltura, nella struttura che si trova accanto alla sede del Parco tecnologico padano. La Dairy farm, al contrario, si trovava nel centro Crea di Lodi e studiava il precision farming nel settore zootecnico”.
Come avete declinato il precision farming nel settore zootecnico?
“Mettendo a punto una generazione di mezzi tecnici. Sono diverse le aree di competenza, dall’alimentazione attraverso carri miscelatori ai robot di mungitura, ma con la possibilità di raccogliere dati e utilizzarli come strumenti predittivi per la selezione dei prodotti. Altri elementi di precision farming, ad esempio, consentono di controllare la mandria a distanza”.
Lei è stato nominato presidente nazionale dell’Associazione parchi scientifici e tecnologici italiani (Apsti). Quali sono gli obiettivi del suo mandato?
“Ci sono 25 parchi scientifici con mille aziende legate ai parchi tecnologici. L’idea è rilanciare l’associazione partendo dal concetto che bisogna governare un sistema non semplice, perché in questa fase abbiamo una grande vitalità delle start up, ma quasi nessuno poi passa alla fase dello sviluppo industriale. Con l’Apsti puntiamo a concretizzare le start up nella fase pratica”.
Il tema degli Ogm può dirsi superato?
“In questo momento ci sono tecnologie che possono superare il tema degli Ogm. Siamo arrivati al momento in cui siamo tutti d’accordo che bisogna fare un passo in avanti e l’evoluzione tecnologica in atto, se pensiamo a Crispr e Ginediting, fa apparire superati gli Ogm”.
Quale sarà il ruolo dei big data?
“Sarà molto importante e come Parco tecnologico padano siamo molto interessati. Abbiamo avuto contatti con tre delegazioni, provenienti in particolare dagli Stati Uniti. Loro utilizzano sistemi di raccolta dei dati per farne strumenti potenti in chiave di agricoltura di precisione. Avere dati è fondamentale per indirizzare in futuro l’azienda agricola su quanto si fertilizza, quanto si diserba, come si tratta. E in questo modo si riesce ad avere sempre più tecnologie sostenibili”.
Banalizzando molto l’iter legislativo, il Parlamento europeo ha aperto a gli insetti sulle tavole. Qual è la sua convinzione?
“Come Parco tecnologico padano abbiamo una startup, che è Italbugs, che cerca di utilizzare proteine derivanti dallo sfarinamento degli insetti per farne un prodotto per alcuni mercati. L’Italia è ancora un po’ riluttante, ma la Thailandia ha già un buon numero di insetti regolamentati e commestibili per legge. Il nostro obiettivo è mettere a punto tecnologie innovative. La nostra posizione è: innovazione senza pregiudizi”.
Innovazione in agricoltura cosa significa?
“Rendere utilizzabili per l’agricoltore, spesso in balia di grossi gruppi, tecnologie che gli consentano di mantenere il reddito, che è poi l’aspetto più sentito dagli agricoltori. Basti pensare al settore del riso, con le importazioni a dazio zero. L’accesso ai nostri mercati del Vietnam ha fatto perdere reddito alle nostre imprese. Ecco, l’innovazione è qualcosa di immediatamente utilizzabile e che faccia mantenere il suo reddito”.