S’ode a destra uno squillo di tromba. A sinistra risponde uno squillo”. Con questo celebre decasillabo Alessandro Manzoni descriveva l’inizio della battaglia di Maclodio che vide contrapposti Milanesi a Veneziani in una guerra fratricida che lo stesso autore reputava tanto inutile quanto crudele.
Dal 1427, anno del sanguinoso scontro, pare che le trombe continuino a squillare, per fortuna con esiti meno mortiferi. E sebbene possa apparire strano, fra le molte guerre “fratricide” si è fatta strada anche quella sui rapporti fra salute e alimentazione. Nella scorsa puntata di questa miniserie si sono infatti messe a nudo le contraddizioni fra alcuni studi che dimostrerebbero l’innocuità dei residui di agrofarmaci e i convincimenti di altrettanto illustri ricercatori, i quali perseverano nonostante ciò a considerarli come possibili cancerogeni. Solo su un punto pareva non esservi tenzone alcuna: mangiare tanta frutta e verdura può fare solo che bene, perché sarebbe l’abuso di cibi di origine animale a causare un terzo delle malattie che affliggono l’Uomo moderno.  Disputa risolta? Niente affatto.

Un’analisi statistica prodotta dall’Università di Graz, in Germania, avrebbe dimostrato che nemmeno la conversione al vegetarianesimo sarebbe una buona idea.
I ricercatori tedeschi hanno infatti analizzato gli andamenti sanitari di alcuni gruppi di persone aventi abitudini alimentari diverse.
Il campione statistico è stato tratto dall’”Austrian Health Interview Survey”, svoltosi a cavallo degli anni 2006 e 2007. Oltre mille e 300 soggetti sono stati classificati in funzione dell’età, del sesso e del reddito. Dopodiché sono stati suddivisi in quattro gruppi di circa 330 individui l’uno in funzione della loro dieta abituale: a) vegetariana; b) dieta onnivora ricca di frutta e verdura; c) dieta onnivora, ma poco ricca di carne; d) dieta onnivora ricca di carne. L’analisi della varianza è stata condotta su parametri quali le malattie croniche e il ricorso all’assistenza sanitaria per cure mediche e visite preventive. Pure sono stati rilevate le impressioni dei soggetti sui propri stili di vita e livelli di salute. Perché, in effetti, anche le sensazioni individuali sul prorio stato di benessere sono variabili da non trascurare. Complessivamente, il 76,4% del campione era composto da donne, il 40% aveva meno di 30 anni, il 35,4% fra i 30 e 49 anni e il 24% mostrava più di 50 anni.
 

Sorpresa: Veg non è più sano

 
I risultati ottenuti dall’Università di Graz avrebbero smontato i precedenti convincimenti in materia di alimentazione-salute, dato che alla dieta vegetariana parrebbe legato un indice di massa corporea inferiore, come pure un’incidenza maggiore di malattie. In tal caso si parla di cancro, allergie e disturbi alla sfera psicologica. Un trend confermato anche dal maggior ricorso dei vegetariani all’assistenza sanitaria e dalla loro stessa percezione di godere di una scarsa qualità della vita.

Poco da commentare sulla massa corporea: se si mangiano meno proteine e grassi animali, non stupisce che questo parametro risulti inferiore. Ma ciò non sempre si rivela un male, è bene dirlo. Di certo, rappresenta l’effetto tendenziale di una dieta più povera di alcune componenti nutrizionali.
Sui tumori si resta invece perplessi, dato che i vegetariani ne avrebbero sofferto in ragione del 4,8% contro l’1,8% dei carnivori. La perplessità nasce dal fatto che gli onnivori ad alto consumo di vegetali avrebbero mostrato il 3,3%. Ciò è in netta contraddizione con quanto creduto fino a ora e cioè che la dieta onnivora ad alto tasso di frutta e verdura sia la più sana in assoluto.
I vegetariani non se la passerebbero bene nemmeno quanto ad asma, allergie, ansia e depressione: su questi quattro parametri mostrerebbero incidenze perfin doppie rispetto alle altre tre categorie. Forse, ipotesi di chi scrive, non è che sarà proprio la strenua ricerca della lunga vita e l’estrema sensibilità animalista dei vegetariani ad aumentarne il grado d’ipocondria? Forse. Se così fosse, però, si confermerebbe anche un secondo convincimento alquanto diffuso: se si teme fortemente qualcosa, prima o poi quella cosa si manifesta. O in realtà, oppure tramite semplice fantasia. Del resto, l’effetto placebo e quello nocebo insegnano. Come pure si apprende dalle moderne scuole di psicologia quanto potenti siano gli effetti dei convincimenti personali sulle psicosomatizzazioni, cioè quelle malattie che in realtà non si hanno, ma che si crede così tanto di avere da mostrarne perfino i sintomi.

A questo punto si attende ansiosamente, anche senza essere vegetariani, qualche studio che dimostri come certi disturbi attribuiti all’alimentazione moderna derivino più che altro dalla pervicace convinzione di essere intolleranti a questo o a quello, magari solo perché se ne sente continuamente parlare con toni catastrofisti. Perché non c’è niente di meglio per convincersi di esser stati avvelenati di una miriade di personaggi dalla dubbia onestà che continuino a denunciare gli "effetti occulti" di qualsiasi alimento si metta in bocca. E osservando la sterminata legione di "rivelatori di scottanti  verità" che presidiano rubriche televisive, blog e social network,  terrorizzare la gente pare sia divenuto lavoro ambìto e remunerativo.
In tempi di crisi, si sa, tutto fa brodo. Magari di carne, però, visto quanto emerso dagli studi tedeschi.