Con 15 allevatori iscritti e 200mila animali prodotti ogni anno sono un po’ una sorta di enclave nei grandi numeri della suinicoltura del Nord Italia. Eppure, per lo specifico disciplinare che di fatto è ancor più restrittivo rispetto a quello delle Dop dei grandi prosciutti crudi di Parma e San Daniele, i produttori del suino pesante padano rappresentano un po’ l’elite della zootecnia.

Nato agli inizi degli anni Ottanta per volontà dei produttori di Parma, Reggio Emilia e Mantova, il Consorzio del suino pesante padano (Cspp) è stato rilevato quasi agonizzante dalle tre associazioni provinciali allevatori, che hanno spostato, nel 2005, la sede nel capoluogo virgiliano. Da quel momento è iniziata una fase di rinascita e di rilancio, anche se i numeri sono rimasti pressoché invariati dal 2008 ad oggi.

Il presidente è Giulio Benatti, allevatore mantovano, al quale chiediamo subito quali sono le peculiarità e le differenze che contraddistinguono il disciplinare del Consorzio del suino pesante padano dal Parma e San Daniele.
Il disciplinare è più restrittivo, rispetto a quello dei prosciutti Dop, innanzitutto sul piano geografico. L’area di produzione è più circoscritta e si limita a Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, anche se di fatto oggi gli allevamenti sono circoscritti alla Lombardia e al Veneto.
Inoltre, i maiali del consorzio dovranno essere allevati per almeno 10 mesi (contro i 9 mesi minimo previsti dai consorzi del prosciutto di Parma e San Daniele), macellati ad un peso medio non inferiore di 160 chilogrammi, e dovranno essere riconducibili esclusivamente alle razze Large White italiana e Landrace italiana, con eventualmente una percentuale massima di Duroc del 50 per cento. Non sono, espressamente, ammessi ibridi
”.

Come vengono certificati i suini del Cspp?
Attraverso due marchi. Le cosce del suino hanno impresso una testina di maiale stilizzata, con l’indicazione della provincia di provenienza del suino, il numero di matricola e il mese di marchiatura. Accanto si trova una Q figurata, per le carni fresche e i prodotti finiti”.

Come sta andando il settore?
In generale la suinicoltura è in forte difficoltà. La redditività degli allevamenti si è ridotta ulteriormente nelle ultime settimane. In base alle elaborazioni del Crefis, nel mese di aprile allevare suini ha reso economicamente il 7,1% in meno rispetto a marzo, con una flessione di oltre il 18% rispetto allo stesso periodo del 2012. Senza contare che i prezzi dei capi da macello sono scesi a 1,30 euro al chilogrammo”.

La qualità del suino pesante padano non viene dunque riconosciuta?
Solo in parte. Non vorrei rivelare il prezzo di conferimento, ma diciamo che i suini del Cspp strappano un premio di 3 millesimi al chilogrammo superiore rispetto agli altri”.

Però allevate un mese in più. Quanto incide sui costi complessivi?
Se mediamente il costo dell’allevamento è di 1,50 euro/kg, alimentare un suino per 10 mesi anziché 9 costa 10-12 euro in più per animale. Ma il problema principale oggi è di tipo finanziario, perché dobbiamo appunto mantenere i maiali un mese di più nella porcilaia, mentre i macelli stanno dilazionando i pagamenti, e le banche hanno difficoltà a concedere liquidità”.

A chi conferite?
Al macello del Consorzio Virgilio, nel Mantovano, che impiega le cosce dei suini pesanti padani per ottenere i prosciutti di Carpegna, che hanno una qualità superiore rispetto agli altri. Vorrei anche ricordare che maiali del circuito del Cspp sono stati utilizzati dal Cra ex Inran per giungere alla conclusione che il suino di oggi ha meno colesterolo e meno grassi saturi rispetto a 20 anni fa”.

Se questo è lo scenario, perché non chiedete un listino separato in Borsa merci o alla Commissione unica nazionale?
Anni fa avevamo avanzato tale richiesta alla Camera di commercio di Mantova, che non venne mai presa in considerazione. Vogliamo riprovarci, magari limitatamente ai suinetti”.

Quali sono le vostre priorità?
Uniformare la produzione di tutti i soci ed elevare ulteriormente le caratteristiche del nostro suino. Anche per ottenere un pagamento differenziato che ci permetta di coprire i costi superiori. La strada da percorrere è quella della qualità”.