L'Efsa annuncia la pubblicazione del rapporto 2013 sulle attività della rete scientifica dell'Efsa stessa sulla valutazione del rischio Ogm.
Alla rete, costituita nel 2010, partecipano esperti di 24 Stati membri e della Norvegia.

Ogni Paese può nominare due esperti, uno in caratterizzazione molecolare e sicurezza alimentare e l'altro in valutazione del rischio ambientale. I principali obiettivi della rete sono quello di migliorare la comunicazione tra i partecipanti, la conoscenza e la confidenza nelle valutazioni del rischio e migliorare tra trasparenza dei processi tra gli Stati membri e l'Efsa, oltre a innalzare il livello di armonizzazione delle valutazioni del rischio sviluppate nell'Unione europea. I rappresentanti italiani sono Carlo Brera (sostituto dottoressa Roberta Onori) dell'Istituto superiore di sanità per la parte di caratterizzazione molecolare e di sicurezza alimentare e il professor Massimo Delledonne (Dipartimento di Biotecnologie dell'Università di Verona) per la parte di valutazione del rischio ambientale.

Ecco i più significativi argomenti dibattuti all'incontro annuale tenutosi il 22-23 maggio 2013 a Parma presso la sede dell'Efsa.

Significatività statistica e rilevanza biologica nella valutazione del rischio degli Ogm
Joe Perry, il coordinatore del Panel Ogm in seno all'Efsa, ha spiegato le tecniche statistiche utilizzate nella valutazione comparativa delle piante Ogm e dei principi ispiratori, tutti riassunti nella linea guida dell'Efsa pubblicata nel 2011.

L'approccio statistico prevede essenzialmente due test:
  • “test di differenza” per dimostrare che la varietà Ogm non è differente dalla controparte non Ogm in tutti gli aspetti fenotipici, di cui alcuni (dormienza dei semi, tendenza all'allettamento, ritenzione dei semi sulle piante) sono molto importanti per saggiarne le eventuali tendenze a diventare infestante;
  • “test di equivalenza” per dimostrare che la varietà Ogm non è equivalente a una serie di varietà di riferimento che possano rappresentare, per ogni aspetto fenotipico analizzato, la variabilità naturale.
Le “controparti non Ogm” sono quegli organismi per i quali esiste una esperienza della loro innocuità dal punto di vista della sicurezza alimentare. Questa metodologia non è adatta per la valutazione del rischio ambientale delle piante Ogm, in quanto il semplice fatto di essere Ogm costituisce di per se stesso un problema ambientale in quanto potenziale perturbatore degli equilibri degli ecosistemi interessati.
In questo caso, non potendo dimostrare a priori la sicurezza ambientale dell'Ogm in quanto intrinseca nella sua natura di organismo geneticamente modificato, entrano in gioco i Livelli di protezione (Protection Goals) argomento spinosissimo in cui non entrano in gioco solamente fattori scientifici, ma economici, sociali e di conseguenza anche politici, oggetto di uno specifico intervento nelle sessioni di approfondimento.

Studi di tossicità degli Ogm: 90 giorni o 2 anni?
Nonostante l'eco mediatico dello studio di Séralini, gli studiosi intervenuti al convegno hanno evidenziato numerose perplessità riguardo l'attendibilità degli studi a lungo termine (tipicamente 2 anni su ratti) nella valutazione del rischio degli Ogm, tanto che la platea degli studiosi ha convenuto sulla loro necessità solamente in caso di dubbi dopo l'effettuazione dello studio standard di 90 giorni. Coro unanime sull'inutilità dei test in vitro per gli Ogm.

L'aspetto e l'intervento più interessante: quale livello di protezione è auspicabile adottare nella valutazione ambientale del rischio da Ogm?
L'intervento secondo noi più interessante è stato quello dell'ospite norvegese, la dottoressa Wickson del Genok-Center for Biosafety di Tromso, che ha affrontato gli aspetti etici della definizione degli obiettivi di protezione nella valutazione del rischio ambientale e della necessità di armonizzare il concetto di cosa è veramente importante in natura e perché deve essere protetto.
L'approccio utilizzato dall'Efsa nel definire gli obiettivi di protezione degli ecosistemi in quanto conferiscono alla natura un puro valore strumentale, non riconosce il valore di “Servizi ecosistemici”1 per le specie diverse dall'uomo, usa un approccio troppo polarizzato su una visione ingegneristica ed economica della questione, in sintesi non considera l'aspetto culturale della protezione dell'ambiente.

Tutto ciò è probabilmente dovuto a carenze normative in materia, lacuna che dovrà essere colmata al più presto, visto il conflitto tuttora in essere tra la visione idilliaca del risultato delle valutazioni ambientali condotte dall'Efsa su quasi tutti gli Ogm e le resistenze di moltissimi stati europei alla loro introduzione.

Per saperne di più
  1. Annual report of the EFSA Scientific Network for Risk Assessment of GMOs for 2013.
1“Ecosystem services” I Servizi ecosistemici, dall'inglese "ecosystem services", sono, secondo la definizione data dal Millennium Ecosystem Assessment (MA, 2005), "i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano" (da wikipedia).