Nel 2015 l'Italia ha registrato il massimo storico nelle importazioni di olio d'oliva straniero, con la Tunisia che ha aumentato il suo export verso lo Stivale del 681% nel primo trimestre. Intanto a causa delle condizioni climatiche avverse e dei parassiti, la produzione nostrana è crollata del 35%, scendendo nel 2014 sotto le 300 mila tonnellate.

È questo il quadro presentato da Coldiretti nel suo Padiglione ad Expo 2015, durante la presentazione del Piq (Prodotto interno qualità) dell'olio d'oliva. Un rapporto, sviluppato da Symbola e Crea, in collaborazione con Unaprol, che non solo descrive lo stato di salute del settore, ma fornisce il primo set di indicatori per misurare la qualità del prodotto e prevenire le frodi.

Lo studio mostra una Italia divisa a metà, in cui il 40% dell'olio extra vergine prodotto è qualitativamente superiore e la restante percentuale è invece scadente. Ma che cosa si intende per qualità superiore? Non solo le proprietà organolettiche dell'olio, ma anche la sostenibilità della filiera, dalla terra alla molinatura, fino alla distribuzione.

Dobbiamo puntare sulla qualità e non sulla quantità”, spiega David Granieri, presidente di Unaprol (associazione che raccoglie oltre il 40% dei produttori olivicoli). “Inutile fare la concorrenza all'estero sul prezzo e la quantità, bisogna invece puntare su prodotti di qualità”.
Come esempio è stato portato il caso del vino dopo lo scandalo metanolo. Un duro colpo al settore che però funzionò da sprone, tanto che ora l'Italia produce il 50% in meno di vino, ma ha un giro d'affari che è aumentato del 600%, con esportazioni che nel 2014 hanno raggiunto i 5 miliardi di euro.

Attraverso i 102 indicatori del Piq oggi i produttori e tutti gli attori della filiera hanno uno strumento per puntare verso la qualità del prodotto. Il rischio, riconosciuto da tutti, è che oli stranieri vengano miscelati con quelli italiani per poi essere venduti nei nostri supermercati e in quelli esteri spacciandoli per italiani e di qualità superiore.
E' un rischio forte e le crescenti perquisizioni dei Nas ci devono mettere in allarme”, spiega Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti. “Siamo i primi importatori mondiali di olio d'oliva. Il rischio è che vengano miscelati con quelli nazionali e venduti, sfruttando l'italian sounding, come italiani al 100%”.

La strategia della qualità è vincente anche sul lato economico. A Taiwan, è stato spiegato durante l'incontro, ci sono in commercio bottiglie di finto extra vergine italiano vendute a 25 euro. Per un agricoltore nostrano la strategia migliore è allora produrre un olio di qualità, che abbia buone performance negli indicatori del Piq, per essere poi venduto all'estero, piuttosto che fare un prodotto scadente, magari usando oli non italiani, per poi vendere alla grande distribuzione a tre euro la bottiglia.