Dalle distese infinite di vigneti secolari nelle Langhe alle uve che nascono ai piedi delle Dolomiti o salgono verso l’Etna, dalla viticoltura eroica arroccata sui terrazzamenti della costa ligure a quella dolce della Costiera Amalfitana: il paesaggio vitivinicolo italiano è un patrimonio di ricchezza e di varietà, di storia e di tradizioni. Ma soprattutto è una risorsa economica spesso trascurata e costantemente a rischio, “attaccata” sia dall’urbanizzazione selvaggia, soprattutto nelle aree in pianura, sia dai fenomeni di abbandono di vaste zone collinari e montane, con effetti sulla tenuta idrogeologica del territorio. Eppure, tra il turismo rurale e l’indotto legato all’enogastronomia tipica, i vigneti del Belpaese “valgono” oltre 3 miliardi di euro l’anno. E’ quanto emerso dalla tavola rotonda “Il valore del vigneto oltre il vino. Il ruolo della vite nel paesaggio agrario per la valorizzazione del territorio”, organizzata dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori a Serralunga d’Alba, in provincia di Cuneo, presso la Tenuta di Fontanafredda.
Il vino è uno dei fiori all’occhiello del “made in Italy” agroalimentare, con oltre 200 mila aziende coinvolte, 650 mila ettari di vigne sparse sul territorio nazionale e un fatturato di quasi 10 miliardi l’anno di cui la metà sui mercati stranieri -ricorda la Cia-. Ma, oltre al giro d’affari del prodotto vino, bisogna sensibilizzare cittadini e istituzioni sul valore del patrimonio paesaggistico della campagna italiana, prima di tutto quella vitivinicola, che subisce la continua aggressione dell’urbanizzazione sfrenata. Negli ultimi vent’anni, infatti, cemento e degrado hanno lentamente “rosicchiato” questo capitale verde, sottraendo terre all’agricoltura per oltre 2 milioni di ettari. Ogni giorno in Italia si cementificano 100 ettari di suolo, compromettendo in questo modo l’integrità di paesaggi e scenari unici, plasmati nel tempo dall’attività agricola, e motivo d’attrazione per i turisti sempre più numerosi -sottolinea la Cia-. Una fonte di ricchezza che supera il valore puramente estetico, quindi, ma diventa una somma di fattori economici, legati anche al giro d’affari delle produzioni e dei vini certificati (nel Belpaese ci sono 266 prodotti Dop e Igp, 332 vini Doc, 73 vini Docg e 118 vini Igt) e strettamente connessi al territorio d’origine.
“Il paesaggio rurale è una componente essenziale dell’identità del nostro Paese -ha spiegato nel corso della tavola rotonda il presidente della Cia nazionale Dino Scanavino- e appare particolarmente importante, perché pone l’accento sul nesso tra l’azione necessaria per superare i fattori di crisi e contrastare i rischi di decadimento dell’attività produttiva agricola (in particolare il fenomeno dell’abbandono di vaste aree collinari e montane dove l’azione dell’agricoltore è fondamentale per manutenere il territorio, conservare la fertilità dei suoli e dare stabilità ai versanti per evitare casi di dissesto idrogeologico) e un rinnovato impegno a puntare sulle potenzialità offerte dal nostro patrimonio storico di civiltà e bellezza per la crescita degli scambi tra l’Italia e il resto del mondo e per lo sviluppo diffuso di un turismo di qualità altamente competitivo”. Viene fuori, quindi, un moderno concetto di paesaggio rurale, che diventa il risultato dell’integrazione nello spazio e nel tempo di fattori economici, sociali e ambientali, valorizzando il suo ruolo di “risorsa” complessa, di cui gli agricoltori sono i principali artefici e i custodi, ma che appartiene a tutto il Paese, dal punto di vista culturale, turistico, identitario, presentandosi ancora eccezionalmente ricco e diversificato.
In questo senso “vale la pena ricordare il recente riconoscimento dell’Unesco, che ha dichiarato i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato patrimonio dell’umanità -ha evidenziato Scanavino- premiando il valore storico, naturalistico e tipico di un territorio che è inimitabile, grazie anche a un’agricoltura attenta, ricca di tradizioni e di storia. Questi luoghi sono il risultato dell’azione combinata dell’uomo e della natura. Il riconoscimento Unesco dà loro sicuramente un valore aggiunto, che deve essere sfruttato appieno ed esteso a tutte le altre realtà. Partendo dall’assunto che il patrimonio paesaggistico fondato sulla presenza dei vigneti costituisce un riferimento e un input per il made in Italy”. Nel merito, diventa fondamentale oggi “lavorare a buone strategie per il paesaggio al fine di costruire reali Piani strategici territoriali siano essi ‘paesaggistici o di sviluppo rurale’ -ha concluso il presidente nazionale Cia- individuando con chiarezza l’importanza di indirizzare verso lo sviluppo del vigneto risorse anche comunitarie, concorrendo allo sviluppo di strumenti innovativi quali la certificazione nella gestione del paesaggio, quale elemento promozionale che abbina la qualità dei prodotti alla qualità/modalità di definizione e gestione del paesaggio attraverso la quotidianità del lavoro delle imprese agricole, in un crescendo di interesse collettivo condiviso”.
Alla tavola rotonda ha partecipato l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Giorgio Ferrero, oltre a numerosi esperti, produttori ed esponenti del mondo accademico.
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Fonte: Cia