Questo, per quanto riguarda l'aggiornamento circa le intenzioni del ministro che ad inizio mese, pochi giorni dopo il suo insediamento, aveva intavolato un dialogo con il presidente della Cdp Franco Bassanini, per coinvolgere la S.p.a. nella stima e valutazione dei terreni demaniali agricoli.
''Se ci fossero i presupposti in questo senso - ha dichiarato De Girolamo nel corso dell'assemblea dei giovani imprenditori della Cia - evitando le cartolarizzazioni per molti aspetti fallimentari, si potrebbe dare vita ad un fondo con anticipazione di cassa destinabile ai giovani o alle imprese in crisi. Il coinvolgimento della Cdp - ha aggiunto - che bene ha fatto sui beni demaniali degli enti locali, potrebbe incaricarsi della vendita dei terreni. Il punto è che i dati sui terreni agricoli pervenuti mi sembrano sottostimati nei valori e nei numeri''.
Secondo la visione del ministro, l'ingresso attivo della Cdp nella gestione delle terre agricole demaniali con un approccio simile a quello del fondo immobiliare degli enti locali, rappresenta l'occasione per sbloccare la situazione e mettere nuovi terreni a disposizione soprattutto dei giovani perchè, ha dichiarato De Girolamo "senza terra da lavorare non è possibile pensare ad un vero rilancio del comparto".
Bene o male?
Per meglio orientarsi, va detto che la Cdp non rappresenta propriamente una parte dello Stato. Diventata nel 2003 una Società per azioni, è controllata per l'80,1 per cento del capitale dal Ministero dell'economia e delle finanze, per il 18,4 per cento del capitale da Fondazioni di origine bancaria e per il restante 1,5 per cento da 'azioni proprie'.
Il suo modo di operare ha subito nel corso degli anni, a suon di interventi legislativi - Legge 403/90, 724/94 -, importanti mutamenti per quanto riguarda i processi di finanziamento agli enti locali. In particolare sono cambiate le modalità di erogazione dei mutui agli enti stessi ma anche la loro quantità, scesa da 6,2 miliardi di euro nel 2011 a 3.3 miliardi di euro nel 2012.
Che altro fare?
Posta come unica strada possibile, quella della vendita dei terreni agricoli demaniali avrebbe diverse alternative. Tra queste, la possibilità di affidare, come da più parti proposto, i terreni a quanti, magari giovani sprovvisti di capitale iniziale ma ricchi di capacità, preparazione universitaria specifica e idee spesso all'avanguardia, in grado di restituire ai terreni una funzionalità non solo agricola ma anche sociale e paesaggistica. In tal modo, grazie ad affitti calmierati, allo sviluppo di nuova occupazione e alla nascita di nuove attività imprenditoriali che andrebbero a contribuire al rilancio economico del paese, lo Stato otterrebbe un beneficio economico duraturo ma, soprattutto, non si priverebbe del bene terra, di inestimabile valore pubblico e sociale, strappandolo alle fauci della cementificazione da cui, con la sua vendita, prima o poi potrebbe essere azzannato.
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Fonte: Agronotizie - Settimanale di tecnica, economia e innovazione in agricoltura
Autore: Michela Lugli