E’ quanto emerso il 22 aprile scorso, durante il convegno inaugurale dell’XI edizione di Fiera agricola Pastorano (Ce) titolato “Dove va la mozzarella di bufala campana Dop? Dalla tracciabilità di filiera ai nuovi orizzonti". E sono stati forniti al pubblico i numeri aggiornati e pressoché definitivi sulla rintracciabilità di filiera.
Corrado Martinangelo, collaboratore del ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, ha ricordato come il lavoro fatto sulla tracciabilità di filiera ha consentito oggi “di avere un prezzo più alto per il latte alla stalla, che era crollato durante la crisi a 70 centesimi”. La sicurezza data alla filiera bufalina con la tracciabilità nazionale di tutta la filiera (in stalla e al caseificio, con tanto di conta del latte) può essere ulteriormente messa a valore “con la creazione del tavolo regionale della filiera bufalina - ha sottolineato Martinangelo - anche in vista della costituzione di organizzazioni di produttori di latte bufalino per dare ancora maggior forza al settore allevatoriale.”
Dal canto suo Francesco Alfieri, consigliere delegato per l’agricoltura della Giunta regionale ha affermato: “La Regione Campania è a disposizione, perché questa filiera è un modello vincente, ma va oltremodo sostenuta, perché possa ulteriormente rafforzarsi”.
Antonio Limone, commissario dell’Istituto zooprofilattico, prendendo le mosse dal dato della relativa abbondanza di latte in area Dop ha sottolineato l’esigenza “di andare oltre la mozzarella, perché si può fare anche altro con il latte di bufala”.
Secondo i dati dell’Istituto, in Italia vi sono molte imprese coinvolte nella filiera bufalina Dop e non Dop: 1551 allevamenti (1103 solo in Campania), 285 intermediari di latte e ben 358 caseifici (188 dei quali in Campania).
Questi dati, al netto dei pochi e non popolosi allevamenti ancora fuori tracciabilità e di una difficoltà metodologica nell’accertare il totale dei caseifici non Dop che fanno uso di latte bufalino, danno una certezza di massima su quanto sia esattamente il latte bufalino in circolazione e lavorazione in Italia, compreso il comparto della mozzarella di bufala campana, che è meglio descritto dai dati del suo ente terzo di certificazione, il Dqa.
Michele Blasi, direttore del Dqa ha affermato: “In tutte le province dell’area Dop si contano al 31 dicembre 2015 ben 1371 allevamenti, 14 raccoglitori e 102 caseifici certificati per la Dop”. Imponente il lavoro di controllo esercitato dal Dqa con ben 856 ispezioni messe a segno nello scorso anno, 609 in allevamenti bufalini, 34 ai raccoglitori di latte, 213 nei caseifici, durante i quali sono stati effettuati 2080 prelievi per analisi di conformità.
Con un dato produttivo importante: su ben 230 milioni di chilogrammi di latte di bufala idoneo per la produzione di mozzarella Dop, sono stati trasformati in oro bianco 185 milioni di kg, pari ad oltre 41 milioni di kg di mozzarella Dop. Il che significa che 45 milioni di kg di latte bufalino idoneo per la Dop finiscono o congelati per il non Dop o per altri prodotti. Latte che potrebbe avere una destinazione più remunerativa.
La soluzione di Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di tutela mozzarella di bufala campana è quella di “aggredire nuovi mercati, ma con una vita del prodotto sullo scaffale più lunga, in modo da aumentare la produzione di mozzarella con il latte del quale disponiamo”.
Per Giuseppe Campanile del Dipartimento di medicina veterinaria dell’Università degli studi di Napoli Federico II "bisogna fare attenzione a non trasformare la mozzarella Dop da prodotto fresco a formaggio semistagionato”.
Campanile inoltre ha ricordato la grande opportunità offerta dalla scienza onica: “Abbiamo oggi la possibilità di legare le espressioni del Dna bufalino ai territori nei quali vivono gli animali, un passo ulteriore rispetto al lavoro sin qui fatto, che scongiurerebbe per sempre i rischi di contraffazione, speriamo che questo nostro progetto, che è già operativo, diventi una realtà fruibile dalla filiera bufalina a costi contenuti”.
Ha chiuso i lavori Vincenzo Carrozzino del Mipaaf, che ha affermato: “Mi occupo direttamente di tutela e vigilanza sui nostri prodotti Dop e Igp all’estero, in particolare nei Paesi extra Ue: è un’area in cui occorre lavorare di più da parte nostra, per offrire la possibilità alle imprese di questa filiera di potersi espandere minimizzando il rischio di contraffazione".