L'Italia si colloca tra i primi produttori mondiali di uva da tavola. Negli ultimi anni c’è però una tendenza al calo produttivo ed alla riduzione delle superfici coltivate pari al 2,3% annuo. Una leadership quindi che si sta incrinando e che ha bisogno di essere rinnovata.

AgroNotizie ha chiesto al ricercatore ed esperto Mario Colapietra di rispondere ad alcune domande ed approfondire alcuni aspetti legati all'uva da tavola.  

Quali sono le prospettive dell’uva da tavola in Italia?
"L’Italia produce 1.268 tonnellate di pregiata uva da tavola - spiega Colapietra, citando dati Oiv del 2014 - Il 40% è esportata in circa 50 Paesi, la parte rimanente è utilizzata per il consumo interno come frutta fresca e per la preparazione di altri prodotti, tra cui succhi d’uva. Dalla Puglia e Sicilia si ottengono rispettivamente 605 mila tonnellate e 362 mila tonnellate: circa il 75% del totale.
Se il passato era roseo oggi la situazione è diversa. Nei decenni scorsi la coltivazione dell’uva da tavola avveniva quasi esclusivamente in Italia: bastava impiantare vigneti con le varietà Regina bianca, Italia, Red Globe, Michele Palieri, Matilde (tutte con semi) e la Sugraone seedless (senza semi) ed avere la certezza di fare reddito. Oggi non è più così. Ciò era facilitato dalla presenza di consumatori meno esigenti per il gusto ed apirenia, dalla mancanza di nuove varietà e dalla minore concorrenza. Attualmente l’uva da tavola è invece coltivata in moltissimi Paesi esteri, con incrementi costanti di superficie e quantitativi prodotti.
Anche in Europa la produzione di uva da tavola continua a diminuire per una minore redditività, per crescenti costi di produzione e per una forte competizione da parte di altri fornitori internazionali. Cresce invece nel Nord Africa grazie a rilevanti investimenti, con interventi anche di multinazionali, che hanno permesso di realizzare moderni impianti, tutti con varietà senza semi. In questi ambienti il clima mediterraneo e la presenza di temperature più elevate, rispetto a quelle che si registrano nell’Italia meridionale, consentono di far maturare prima l’uva, di commercializzarla in periodi in cui la domanda internazionale è consistente per la mancanza di prodotto sui mercati europei e di ottenere prezzi più remunerativi. La loro competitività è favorita anche dai minori costi della manodopera.  
Le prospettive non sono quindi buone, se si escludono alcune zone siciliane che producono un prodotto di nicchia: uva a maturazione precoce ottenuta dalle serre senza riscaldamento dei territori di Mazzarrone, Vittoria, Scoglitti, Punta Secca, Donnalucata, Marina di Ragusa, Gela e Porto Empedocle".

Mario Colapietra con una vite di Sugraone molto produttiva


Quanto costa in Italia produrre uva da tavola?
"E' molto costoso. La creazione della sola struttura d'allevamento a 'tendone', la più usata in Italia, necessita elevati investimenti. Questa struttura permette la copertura con film di plastica per anticipare o ritardare la maturazione e la commercializzazione. Tutto questo è un limite alla realizzazione di nuovi impianti. Spesso i ricavi ottenuti dalla vendita dell’uva non compensano neppure i costi colturali.
In media per la realizzazione di un nuovo vigneto occorrono da 30 mila a 38 mila euro ad ettaro. Relativamente a questi investimenti, nell’analisi dei costi colturali occorre considerare una quota di ammortamento di circa 2.000-2.500 euro ad ettaro all'anno, per una durata media del vigneto di 15 anni.
Inoltre in alcune zone particolarmente vocate bisogna aggiungere le spese per la sistemazione del terreno: n
el sud-est barese e nella provincia di Taranto occorre ricavarlo attraverso la frantumazione della roccia calcarea con un costo di circa 20 mila euro ad ettaro. In questi casi i costi per i nuovi impianti variano da 50 mila a 58 mila euro ad ettaro. La quota annua di ammortamento diventa così di 3.000-3.500 euro ad ettaro all'anno. 
Per la produzione di uva da tavola i costi colturali, le spese varie, i tributi, il beneficio fondiario, le quote di ammortamento, le attrezzature e quant’altro necessario ammontano a circa 20 mila euro ad ettaro all'anno.
E' possibile usare anche la vecchia struttura, eliminando le viti esistenti sostituendole con nuove barbatelle (innestate o senza innesti) appartenenti a varietà apirene. Attenzione però al problema della stanchezza del terreno. Il suolo agricolo dopo aver ospitato la vite per un ciclo produttivo tende ad impoverirsi, ad avere tossine e parassiti. Diventa inospitale provocando depressione dello sviluppo della pianta, problemi produttivi e patologie.   
La corretta modalità di preparazione di un terreno per un nuovo impianto di vigneto prevede: l’eliminazione delle viti vecchie, aratura a circa 1 metro di profondità (scasso), l’eliminazione delle radici, per circa 3 anni il riposo del terreno o la coltivazione con piante annuali miglioratrici.
 

Varietà nera Sugrathirteen (Midnight Beauty®), priva di semi e molto precoce. 


Qual è la situazione per l’innovazione varietale?
"In Italia il 70% dei vigneti produce uva con semi e la varietà Italia bianca con oltre 6 milioni di quintali è ancora la varietà più coltivata. Quest'ultima è stata costituita da Alberto Pirovano nel 1911, e questo la dice lunga sul processo d'innovazione che è in atto nel Bel Paese.
Considerato che la superficie dei vigneti giovani di Italia bianca tra 0-4 anni è di 4.015 ettari e che da 5-14 anni è di circa 20 mila ettari occorre considerare che ci vorranno diversi anni prima che la sua superficie possa raggiungere la conclusione del ciclo produttivo e procedere alla sua sostituzione con le varietà senza semi richieste dal mercato. 

Ora vengono proposte ogni anno nuove varietà di uva da tavola, tutte senza semi, con qualità eccellenti e capaci d'accumulare elevati valori di zuccheri (spesso superano i 20° Brix). La scelta varietale diventa una delle decisioni più difficili da prendere quando si deve impiantare un nuovo vigneto ma allo stesso tempo una delle più importanti. 
L'utilizzo delle nuove varietà si scontra però con la tutela dei diritti d'autore. Per poter coltivare alcune delle nuove varietà californiane è infatti necessario sottoscrivere un contratto con grandi vincoli, pagare royalty, vendere e commercializzare l’uva esclusivamente attraverso gli uffici centralizzati della società detentrice del brevetto vegetale. Queste condizioni non sono totalmente accettate dai produttori italiani, abituati a coltivare e commercializzare liberamente. Le condizioni imposte dai possessori di brevetto vegetale sono quindi ritenute limitative della libertà dell’imprenditore e riduttive per il reddito. In pratica si riconosce il diritto delle società ad esigere quanto gli spetta per la costituzione e proprietà delle varietà, ma tutto questo deve avvenire una sola volta e senza interferire poi nel proseguo dell'attività imprenditoriale. Per ovviare a questa situazione molti viticoltori preferisco coltivare alcune varietà senza semi senza obblighi di royalty".
 

Grappoli della varietà senza semi Regal


Come si sta muovendo la ricerca italiana per soddisfare le nuove esigenze?
"L’Italia deve sottostare alle pretese dei possessori stranieri di brevetti vegetali perché non ha strutture di ricerca pubbliche o private che si dedicano all'innovazione varietale.
In pratica dopo il lavoro del professor Pirovano non vi sono state nuove costituzioni varietali italiane apirene, di particolare interesse tali da determinare la sostituzione delle varietà con semi. Vi sono stati e sono in corso tentativi isolati, ma passeranno molti anni prima che si possa proporre ai viticoltori una varietà italiana senza semi confrontabile con quelle californiane, sudafricane e israeliane. E’ da notare che alcune varietà proposte in Italia come 'nuove' in realtà sono state costituite tra il 1983 e il 1999.
Altra situazione di sofferenza per i produttori di uva da tavola è la mancanza di un prodotto efficace per interrompere la 'dormienza' della vite e consentire così il germogliamento delle gemme. Il problema è particolarmente sentito dai produttori siciliani che coltivano la vite in serra. Queste modalità di coltivazione consentono di iniziare la raccolta dell’uva già dalla seconda decade di maggio e di ottenere ricavi interessanti.
La necessità di trattare la vite durante il riposo vegetativo riguarda anche altre migliaia di ettari di vigneti coperti con plastica. Il clima caldo-arido presente nelle regioni dell’Italia meridionale, quasi sempre non soddisfa il fabbisogno in freddo della pianta. In queste condizioni si ha scarso germogliamento delle gemme, disformità di sviluppo della vegetazione, riduzione della produzione dell’anno considerato e di quello successivo. Per ovviare a questi inconvenienti occorre trattare il vigneto con prodotti autorizzati che esercitano azione di stimolo sulla fisiologia della vite, in particolare sui tessuti mediante attivazione dei processi biochimici che sono alla base della ripresa vegetativa".

 

 

Viti al secondo anno di produzione della varietà Princess senza semi


Qualità e promozione come elementi importanti: quali sono tre azioni per rendere l’uva da tavola più appetibile ai consumatori?
"Sicuramente la riconversione varietale. E’ da oltre 30 anni che con insistenza stiamo cercando di operarla, ma senza successo.
In attesa che ciò si completi deve continuare a promuovere il consumo delle varietà con semi evidenziandone la qualità ed il sapore. Alcune varietà con semi, tra cui 'Pizzutello', sono richieste dai grandi mercati del Nord.
La qualità è infatti un elemento molto presente nella nostra uva. Basti pensare alle caratteristiche del terreno di alcuni areali produttivi, che consentono d'irrigare e d'eliminare per percolazione l’acqua superflua, di riscaldarsi in breve tempo e di far riflettere i raggi solari sui grappoli, favorendo la colorazione e la maturazione.
Inoltre la purezza dell’acqua prelevata da falde freatiche profonde anche 800 metri, l'esperienza, l'abilità e la dedizione dei coltivatori, sono elementi determinanti per l’ottenimento della croccantezza, colore, aromaticità e dolcezza. Il valore di questo prodotto è certificato dalle analisi che vengono effettuate prima della raccolta da laboratori autorizzati dai ministeri.
E’ indispensabile che queste caratteristiche qualitative siano possedute da tutte le uve prima della raccolta. Commercializzare uva non completamente matura allontana il consumatore da questo prodotto. Se queste caratteristiche sono presenti sempre il consumatore ritorna ad acquistare nuovi quantitativi".