Se c'è un nemico della pera che aleggiava alla recente Fiera di Ferrara, FuturPera, è proprio lei, la cimice. Comparsa per la prima volta nel modenese nel 2012, originaria dell'estremo oriente, Halyomorpha halys è una vera iattura per la frutticoltura. Dal suo arrivo la cimice asiatica ha allargato il suo raggio coinvolgendo moltissimi territori del Nord Italia e provocato danni in crescita di anno in anno.
"E' il terzo anno consecutivo di incremento dei danni. Dal 2015 crescono ogni anno e l'areale si sta allargando" ci ha raccontato Maurizio Saltari, responsabile tecnico di Fruit Modena Group. "La nota positiva è che in qualche areale della provincia di Modena, dove io opero, il danno si è invece ridotto. E' un insetto veramente molto difficile, mi auguro che si riuscirà a trovare un rimedio ma ad oggi non c'è. La cimice asiatica è particolarmente ghiotta di pere, alcune varietà poi sono preferite, come la William, sia bianca che rossa".
"Stiamo vedendo che l'areale interessato si espande di anno in anno", ha confermato anche Ugo Palara, direttore tecnico della Cooperativa Agrintesa. "Il problema oggi è molto vasto e coinvolge molti altri alberi da frutto - ha continuato - per esempio il melo e le pesche nettarine. Per quanto riguarda la pericoltura vedo situazioni altalenanti, a volte il danno è calato, a volte la situazione è peggiorata. Siamo ancora lontani dall'obiettivo di contrastarla. Certo è che la chimica non basta. Bisogna lavorare su altri fronti, per esempio con le reti o gli antagonisti naturali".
A proposito di antagonisti naturali, a fare il punto è Stefano Caruso del Consorzio fitosanitario di Modena: "Siamo ancora in una fase di ricerca di base. Sono stati realizzati monitoraggi per verificare alcuni imenotteri locali come Anastatus, ma il suo livello di parassitizzazione sulla cimice non supera il 6%. C'è poi un altro parassitoide, l'Ooencyrtus telenomicida ma anche questo imenottero deve dimostrare in campo la sua efficacia".
La Regione Emilia Romagna ha messo a disposizione 10 milioni di euro per il contrasto dell'insetto con le reti: "Ci sono diversi modelli a disposizione, già con le reti antigrandine adattate, chiudendole quindi sui bordi, c'è un aiuto al controllo. Il problema però è che, rispetto ad altri fitofagi, la cimice è molto mobile, s'insinua negli spazi stretti. Le reti forniscono un contributo ma non risolvono", ha detto ancora Caruso.
Fra le novità in fase di test ci sono nuove trappole a stimolo vibrazionale. "Ci stanno lavorando a San Michele All'Adige - ha confermato ancora Stefano Caruso - c'è un gruppo di lavoro della Fondazione Mach. Hanno individuato il segnale vibrazionale che la femmina emette per richiamare il maschio. Potenzialmente la cosa è interessante, potremmo creare trappole più performanti e puntare a realizzare sistemi multi stimolo attract and kill. Li potremmo attrarre in un punto per poi eliminarli".