Sembrano lontani i tempi in cui Luigi Di Maio, all'epoca (2018) vicepremier, minacciava di rimuovere i funzionari che difendevano il Comprehensive Economic and Trade Agreement, meglio conosciuto con l'acronimo di Ceta, l'accordo di libero scambio fra Unione Europea e Canada.

 

Per anni l'Italia - o almeno una parte, dagli agricoltori ai ministri - ha storto il naso di fronte al Ceta, considerato pericoloso in quanto, seppure tutelasse un elenco di oltre 140 Indicazioni Geografiche su scala europea, non abbracciava tutte le denominazioni, esponendone alcune al rischio di italian sounding o contraffazione vera e propria.

Leggi anche Ceta, l'accordo che divide il mondo agricolo

Nei giorni scorsi il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, con un'inversione a U rispetto ad alcuni suoi predecessori, ha aperto la strada alla ratifica del Ceta, sostenendo appunto che "l'Italia è molto pragmatica e ci sono alcuni accordi, come il Ceta, che sono avviati e che stanno sviluppando alcuni elementi a vantaggio delle nostre imprese e produzioni mettendoci in condizione di competere meglio con le produzioni di altri continenti. Per questo, penso, che accordi come questo possano vedere una discussione in Parlamento per metterci nella condizione di arrivare alla sottoscrizione".

 

D'altronde, i risultati del trattato in vigore in forma provvisoria dal 2017 sono incoraggianti, grazie all'abbattimento dei dazi sul 98% circa degli scambi commerciali.

Leggi anche Ceta, opportunità o rischio?

Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea e rilanciati da Confagricoltura, "alla scadenza dei cinque anni dalla firma dell'accordo, ci sono state significative ricadute per l'economia e per i consumatori: gli scambi bilaterali e bidirezionali di merci tra la Ue e il Canada sono aumentati del 31% negli ultimi cinque anni, raggiungendo i 60 miliardi di euro. Per l'Italia la crescita delle esportazioni verso il Canada è stata del 36,3%, toccando nel 2021 quota 7 miliardi. E il Paese è diventato la nostra decima destinazione al di fuori della Ue, con una quota di mercato che è salita da 1,03 a 1,16".

 

Tra le voci più performanti dell'export tricolore, ricorda Confagricoltura, figura proprio l'agroalimentare, "con aumenti di oltre l'80% in cinque anni nell'ortofrutta trasformata e del 24% nel comparto bevande, alcolici e aceto, e del 20% in quello dei formaggi".

 

Su tale fronte, la stessa Assolatte si era apertamente schierata fin da subito per sostenere l'accordo di libero scambio euro-canadese.

 

Dal 2018 si sono registrati significativi flussi di investimenti italiani diretti in Canada (in media annua, 500 milioni di euro tra il 2018 e il 2021, contro 153 milioni nel periodo 2014-2017).

"Gli ultimi dati relativi all'accordo Unione Europea-Canada dimostrano che l'unica strada perseguibile per rilanciare l'export, in base a principi di reciprocità ed equilibrio tra le parti, è quella dei negoziati bilaterali" commenta il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. "L'alternativa, in seguito alla difficoltà di intese regolate dalla Wto, finisce per essere quella dei rapporti di forza basati sull'imposizione di dazi e sulle inevitabili misure di ritorsione".

 

Dialogo aperto anche con gli Usa

Rimasto congelato negli anni scorsi, l'accordo di libero scambio fra Unione Europea e Stati Uniti potrebbe riaprirsi per giungere a un'intesa? Forse è prematuro, ma lo scenario geopolitico attuale potrebbe invogliare le due parti dell'Atlantico a siglare un'intesa.

 

Proprio nei giorni scorsi il segretario del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, Tom Vilsack, ha affermato che "avere un dialogo aperto con i partner commerciali è fondamentale per costruire una relazione di successo" e che "la comunicazione aiuta tutte le parti a navigare in situazioni difficili da manovrare. Potremmo non fare progressi in una particolare conversazione, ma stimola il pensiero".

 

Il commercio internazionale, in particolare, sarebbe un ottimo esempio, secondo Vilsack. "Come spieghiamo ai nostri produttori a casa che aprendo un mercato al prodotto di un concorrente, in qualche modo questo sarà effettivamente un vantaggio per loro? Non è un argomento facile da presentare agli agricoltori".

 

Sulla stessa lunghezza d'onda anche il commissario Ue all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, che nel corso di una tavola rotonda con il segretario Usa Vilsack si sarebbe dichiarato un aperto sostenitore del commercio aperto perché "è fondamentale per la sicurezza alimentare delle nazioni che fanno parte dell'Unione Europea".

Leggi anche Sicurezza alimentare, sostenibilità e reddito equo: le prossime sfide Ue