Per i giovani che intendono fare dell’agricoltura un mestiere la parola d’ordine è innovare. Secondo una indagine condotta da Swg per Pink Lady molti ragazzi vedono il proprio futuro nei campi, ma con il tablet in mano. I numeri parlano chiaro: gli occupati under 35 in agricoltura sono aumentati del 9%, andando a svecchiare un settore che fatica ad avere un ricambio generazionale.

Ma qual è il profilo del giovane agricoltore? Secondo Swg, che ha intervistato duemila persone, si tratta in prevalenza di uomini, o ragazzi visto che hanno per la maggior parte 25-30 anni. Provengono dalle grandi città del Centro-Sud e dalle Isole. Sono in coppia, ma senza figli.

Le motivazioni che spingono questi ragazzi ad abbandonare i comfort delle metropoli per infilarsi gli stivali sono principalmente quattro. Prima di tutto la possibilità di trovare lavoro più facilmente rispetto ad altri settori. In secondo luogo la possibilità di fare impresa con modalità diverse da quelle tradizionali. Poi il contatto con la natura ed infine la possibilità di innovare senza tradire il valore della sostenibilità.

Questi "junior farmers" hanno le idee chiare su quali sono i plus dell’agricoltura italiana. Prima di tutto la valorizzazione del territorio, con le sue straordinarie varietà. In secondo luogo la consapevolezza che l’agricoltura è una eccellenza e una possibilità di sviluppo economico. Infine la possibilità di unire innovazione tecnologica e sviluppo sostenibile.

Tra i ragazzi c’è la convinzione che non ci si può improvvisare agricoltori. E infatti la maggior parte di chi si siede su un trattore ha un titolo di studio elevato. D’altra parte crescono le iscrizioni non solo nelle facoltà di scienze agrarie, forestali e alimentari (+2,9% sul 2011/2012), ma anche negli istituti tecnici in agraria, agroalimentare e agroindustria (+25% nell’ultimo triennio).

Un trend importante, ma che è solo agli inizi visto che i giovani sono alla guida di solo il 5% delle aziende agricole. L’obiettivo nel breve periodo è quello di arrivare alla media Ue, che si attesta all’8%. Mentre quello di lungo periodo deve essere il rinnovamento di un settore nel quale quasi il 40% delle aziende sono gestite da over 65.

I dati della ricerca confermano che il comparto soffre di una eccessiva frammentazione. L’80,7% delle aziende impiega meno di un’unità di lavoro, l’88,6% fattura meno di 50.000 euro l’anno, mentre il 96,7% è costituito da aziende individuali e il 97,5% è a conduzione diretta. La strada è ancora lunga per rivoluzionare un settore che in Italia conta 1,5 milioni di imprese.

L’innovazione non passa però solo dalle tecniche agrarie, ma anche dai modelli di business e dagli approcci alla terra. E’ infatti in forte aumento (+48,4%) il numero di aziende multifunzionali, quelle imprese cioè che si occupano anche di attività correlate a quella agricola (agriturismo, didattica, terzo settore, trasformazione delle materie prime). Trend positivo anche per le aziende che puntano su produzioni bio: nel triennio 2011-2013 la superficie biologica è passata dal 6,1% al 7,7% del totale.

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