Matteo Bartolini, al vertice del Ceja (il Consiglio dei Giovani agricoltori europei), nei giorni scorsi è stato eletto presidente del Gruppo di dialogo civile sulla Politica agricola comune. I Gruppi di dialogo civile (Gdc) hanno sostituito i gruppi consultivi e hanno il compito di assistere la Commissione Ue nell’elaborazione delle politiche e di contribuire a mantenere un dialogo regolare e trasparente con gli stakeholder, su tutte le questioni relative alla Pac, sia settoriali che trasversali.

In pratica – semplifica il neo eletto presidente ad AgroNotizie, che lo ha intervistato – quando la Commissione Agricoltura vuole avviare un dibattito o un percorso di riforma, prima lo discute all’interno del Gruppo di dialogo civile".

Innanzitutto, Matteo Bartolini, complimenti per la nomina. Quali saranno le priorità del Gdc sulla Pac?
Il Gdc segue il percorso proposto dalla Commissione Agricoltura, che recentemente ha comunicato di voler avviare un dibattito sulla semplificazione della Pac”.

Quali saranno le posizioni del Gdc?
La questione sarà capire come semplificare la Pac e come coniugare le esigenze di una Pac più verde con la richiesta degli agricoltori di implementare i propri redditi. Ad oggi c’è ancora molta confusione su come dovranno essere attuate alcune misure”.

Ad esempio?
Fra le altre, il greening, che è quella che preoccupa di più, perché laddove l’agricoltore non rispetta le regole dettate dal greening sulla rotazione e le Ecological focus area, se è vero che non sarà applicata una sanzione aggiuntiva fino al 2016, è però previsto fin da subito un taglio del 30% dei contributi del Primo pilastro. E non sono previsti margini di errore, nonostante su molti punti vi siano parecchi punti oscuri”.

Quanto sono rappresentati gli agricoltori nel Gdc?
“Sono in minoranza. Perché nel gruppo sulla Pac sono comprese anche la gdo, le associazioni ambientaliste, i landowners e altre. Il mio ruolo sarà mantenere centrale la figura dell’agricoltura, anche se sarò il presidente di tutti”.

Qual è la percezione che hanno i cittadini europei del ruolo dell’agricoltura?
“Secondo l’indagine che la Commissione aveva realizzato attraverso Eurostat, ai cittadini europei piaceva questa Pac più attenta al verde e all’ambiente e rivolta ai giovani. Così venivano giustificati i fondi erogati agli agricoltori”.

Siamo a marzo 2015, la Pac sarebbe dovuta partire nel 2014. Cosa sta succedendo e quali sono le ripercussioni sul sistema agricolo?
Del caos sul greening ho già detto, ma vorrei sottolineare come questa incertezza penalizzi le imprese agricole, che hanno difficoltà a programmare gli investimenti.
Inoltre, i ritardi sull’applicazione della Pac rischiano di dilatarsi fino a due anni da quella che avrebbe dovuto essere l’entrata in vigore della riforma. Se tutto va bene i Psr delle regioni italiane vedranno la luce nella seconda metà del 2015 e, paradossalmente, quelle regioni che si sono dimostrate più efficienti non potranno programmare alcun bando, perché senza fondi residui. L’agricoltura è un settore strategico, il rischio è che ne risenta pesantemente e che molti magari non se ne accorgano, perché si limitano a guardare i dati alla voce agroalimentare, che comprende però la parte dell’agroindustria, che ha un peso ben diverso dall’attività degli agricoltori
”.

L’agricoltore è sempre l’anello debole della filiera?
Negli anni soluzioni come la vendita diretta, la spesa in campagna o il chilometro zero, a seconda di chi fosse l’organizzazione proponente, ha dato risultati significativi per una nicchia importante, ma questa non potrà mai essere la soluzione per l’agricoltura italiana. Quello che deve essere costruito è una relazione tra gli agricoltori e la Gdo. Come Giovani agricoltori europei avevamo avanzato alcune proposte per aumentare il potere contrattuale nella filiera, come ad esempio rendere obbligatorio il doppio prezzo al consumatore e all’agricoltore.
Perché deve arrivare il messaggio che l’agricoltore non guadagna e che c’è una bella differenza tra la marginalità delle imprese agricole e Eataly. Bisogna lavorare insieme e far ripartire l’agricoltura, a cominciare dagli investimenti dedicati all’innovazione
”.

Il commissario Phil Hogan ha annunciato già una revisione della Pac già nel 2016. Qual è il suo commento?
Lo vedo come atteggiamento schizofrenico. È stato proprio Hogan nel novembre scorso, quando andò in audizione in Parlamento europeo a dichiarare che per poter cambiare la Pac avrebbe dovuto valutare l’impatto delle misure scelte, e questo nonostante in molti chiedessero di rivedere alcuni passaggi. Allora condividevo la posizione del commissario all’Agricoltura, ma oggi il fatto che faccia marcia indietro e dica che bisogna cambiare, non mi rende tranquillo. C’è già poca chiarezza per le scelte da adottare, se in più diciamo che il prossimo anno si deve cambiare, si crea incertezza. Io sono convinto che nel lungo termine la Pac, così com’è, non possa funzionare e dovrà migliorare”.

Quali sono gli aspetti più urgenti da modificare?
Constato la necessità di tornare alla definizione di giovane agricoltore prevista per la Pac 2007-2013, in base alla quale era considerato un giovane al primo insediamento fino al compimento del 40° anno di età. Tale definizione era inserita nel Secondo pilastro e assicurava a tutti coloro che avevano meno di 40 anni la possibilità di godere degli aiuti del primo insediamento, che assegnavano un plus del 10% sulle misure cofinanziate”.

Nell’attuale Pac 2014-2020 come è cambiata la definizione di giovane?
Con il top-up, cioè il pagamento aggiuntivo, è cambiata la definizione di giovane, peraltro inserita non più nel Secondo, ma nel Primo pilastro, creando non pochi disagi agli Stati membri. Adesso è considerato un giovane agricoltore chi ha meno di 40 anni ed è al primo insediamento, ma vale solo per i primi 5 anni dall’insediamento”.

Cosa cambia, in pratica?
Significa che un giovane di 20 anni che vuole fare l’agricoltore è considerato giovane per i primi 5 anni. Dunque dal 26° anno non è più considerato giovane. Un paradosso, visto che lo stesso principio vale anche per un giovane al primo insediamento che magari ha 35 anni e che è considerato giovane per la Pac fino a 40 anni. Così avremo giovani a tempo, solo per 5 anni, indipendentemente dall’età. La mia volontà è di cambiare questa distorsione. Come Ceja abbiamo già proposto di tornare alla vecchia definizione di giovane”.

Poi accennava al greening…
Sì. Qui si vive un altro paradosso, con un agricoltore che coltiva biologico che prenderà meno incentivi rispetto al convenzionale, perché dovrà scegliere fra gli aiuti previsti nel Primo o nel Secondo pilastro, col rischio che abbandoni il biologico. Poi prevediamo altre problematiche, che potranno essere individuate solamente quando la Pac sarà applicata”.

In tutto questo, consiglierebbe a un giovane di fare l’agricoltore?
Da un punto di vista romantico direi assolutamente sì, perché non credo vi sia un settore economico più bello, avvincente, utile. Gli agricoltori sono custodi dell’ambiente, sono chiamati a sfamare il pianeta, possono offrire servizi multifunzionali alla persona. Ma è necessario che un giovane esca dalla logica dell’imprenditore agricole come colui che produce e basta. Bisogna essere propensi a innovazione e ricerca, per produrre di più con meno, tenendo conto che se nel 2050 saremo 9 miliardi di persone, la disponibilità di suolo agricolo si ridurrà ulteriormente, perché queste persone avranno bisogno di un tetto”.