L'Italia, insieme a Irlanda e Polonia, è fra i paesi Ue che ha aumentato quest'anno la produzione di latte.
A dispetto di questa maggiore disponibilità, che avrebbe dovuto coincidere con una flessione del prezzo del latte alla stalla, in settembre le quotazioni hanno raggiunto un nuovo record.

In Italia il prezzo medio mensile ponderato calcolato da Clal ha infatti raggiunto a settembre quota 38,31 euro al quintale. Un aumento dell'1,28% rispetto al mese precedente e di oltre il 16% rispetto a un anno fa.
Situazione analoga la troviamo allargando lo sguardo alla media del prezzo europeo, che a settembre si è spinto sino a 35,82 euro per quintale, quasi il 29% in più rispetto ai 12 mesi precedenti.
 

Le regole del mercato

Il mercato del latte sembra aver stravolto i principi che regolano il rapporto fra domanda e offerta, ma in effetti non è così.
La crescita dei prezzi sul mercato lattiero caseario trova spiegazione nelle analisi pubblicate in questi giorni da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sull'andamento del comparto a livello internazionale.

Si scopre così che nei paesi maggiori importatori è in atto un aumento della domanda di prodotti lattiero caseari. A guidare questa crescita è la Cina, divenuta ago della bilancia in questo settore, con aumento dell'import di latte in polvere, di formaggi e di burro.
 

Burro, un caso a parte

Già, il burro, prodotto che merita un commento a parte.
Complice probabilmente la campagna di discredito sull'olio di palma, la domanda di burro si è impennata e le quotazioni hanno macinato un record dietro l'altro.

A settembre l'ultimo di questi record, con un aumento del 64% rispetto al mese precedente (il dato si riferisce al mercato tedesco).
In Italia il prezzo del burro ha toccato quota 4,63 euro al chilo, il doppio in confronto al 2016.

Corre il prezzo del burro, ma anche il mercato dei formaggi non è da meno, con un aumento che per l'edamer (viene sempre preso come punto di riferimento) ha segnato un +21%.
 

Sembra una 'bolla'

Questa spinta dei prezzi, prendendo a prestito una definizione del mondo finanziario, assomiglia a una 'bolla speculativa', come tale destinata prima o poi a scoppiare.
Al contrario è rispettata ancora una volta la regola che vuole i prezzi ancorati al rapporto fra domanda e offerta.

E la domanda globale è in crescita, lo dicono le analisi Ocse-Fao citate dal report di Ismea, che indicano per i prossimi dieci anni a livello mondiale un costante aumento del consumo pro capite di prodotti lattiero caseari, domanda che terrà alti i flussi di import export.
 

I protagonisti dell'export

In questo scenario la Ue si candida a essere il maggiore protagonista, sia come produttore, sia come esportatore di formaggi.
Le prospettive sono di una crescita del 3% all'anno sino al 2026, in particolare verso i mercati tradizionali, Usa , Giappone e Svizzera in testa, ma anche verso quelli in crescita, come Arabia Saudita e Corea del Sud.

Importante il ruolo dell'Italia, il cui export lattiero caseario si appresta a registrare in questo 2017 ulteriori successi, con 239mila tonnellate esportate da gennaio a luglio (+7,3% in volume e + 9,4% in valore rispetto al 2016). Numeri che ci collocano al quarto posto nel mondo, dietro a Francia, Germania e Paesi Bassi.
 

Un 'giacimento' di formaggi

Ottimi risultati, quelli italiani, ma si può fare meglio se si pensa al 'giacimento' caseario del quale possiamo disporre.
Spingere sull'export è peraltro una strada obbligata se non si vuole innescare una nuova crisi del settore.

Non dimentichiamoci che in Italia si produce più latte, ma se ne consuma sempre meno.
Lo confermano le analisi di Ismea che sottolineano come questo sia l'unico settore con la spesa ancora in calo nel 2017.

Senza la valvola di sfogo dell'export il mercato reagirebbe come sempre. Con un crollo dei prezzi del latte.
Solo l'export può evitarlo.