Il futuro del lattiero caseario italiano? Produrre di più ed esportare di più. Sintesi semplice ed efficace per conquistare nuovi mercati e per mantenere il prezzo a livelli adeguati a garantire la sopravvivenza delle stalle, tenuto conto che lo scenario, seppure siano lontani gli strapiombi dei listini, è ancora da navigazione a vista.
Se ne è parlato nei giorni scorsi al confronto organizzato da Confagricoltura Mantova sul mercato del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano. La provincia virgiliana, d'altronde, è l'unica in Italia che può vantare i due grandi prodotti Dop a pasta dura sul proprio territorio.

C'è prudente ottimismo nel settore, senza dubbio, tanto che il presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano, Nicola Cesare Baldrighi, ipotizza che il primo semestre dell'anno possa incasellarsi sotto la protezione di una buona stella.
"Per i primi sei mesi del 2017 potremo beneficiare di una situazione positiva - ha affermato Baldrighi -. Non chiedetemi però previsioni sul secondo semestre, perché abbiamo visto, per come sono andati gli ultimi due-tre anni, che è impossibile sbilanciarsi".


Non ovunque si respira aria distesa. In Germania l'Associazione dei produttori di latte (Bdm) non è convinta che quest'anno le condizioni dei produttori di latte miglioreranno e l'Associazione dell'industria lattiero casearia prevede per il 2017 un prezzo medio pari a 32 centesimi al litro, comunque in notevole ascesa rispetto ai 20 centesimi di un anno fa.
Una situazione senza dubbio migliore del 2016, ma che porterà comunque alla chiusura del 5% del totale degli allevamenti teutonici, con un quarto delle aziende in lotta per la sopravvivenza.

Sul versante nazionale, uno dei passi in avanti significativi nell'indirizzo della collaborazione viene dal presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano Alessandro Bezzi.
"Collaboriamo - ha affermato l'altra sera a Mantova, rivolgendosi al presidente Baldrighi -. Mettiamoci a sedere insieme: rappresentiamo le due Dop più importanti al mondo del settore lattiero caseario, la vittoria di uno è la vittoria dell'altro e momenti di difficoltà di uno saranno inevitabilmente difficoltà anche per l'altro".

Bezzi raccoglie così, davanti a una folta platea di operatori del settore, cooperatori e allevatori (anche di altri sindacati), l'appello che lo scorso maggio il direttore del Consorzio del Grana Padano, Stefano Berni, aveva lanciato al sistema consortile e che recitava più o meno così: "Mettiamoci insieme, coordiniamo i servizi comuni, dalla tutela alla promozione, ai controlli". In una parola: razionalizzare e ridurre i costi superflui.
E' un passo in avanti di grande significato e che potrebbe avviare un'alleanza che ha già avuto i primi segnali di condivisione a livello tecnico.


L'export dei due grandi formaggi Dop, secondo i dati elaborati da Clal.it, è cresciuto: +5,1% in volume nel periodo gennaio-settembre 2016, con un boom dei grattugiati (+15%), ma anche dei formaggi duri non Dop, che segnano addirittura un avanzamento del 30%. In particolare, i volumi esportati di Grana Padano, Parmigiano Reggiano e grattugiati o in polvere hanno toccato quota 90mila tonnellate nei primi nove mesi del 2016.
In crescita anche i volumi esportati dei formaggi freschi (+17%), della mozzarella (+13%), del gorgonzola (+8,9%) e di mascarpone, formaggi di crema e altri formaggi grassi (+10%).

Con riferimento alle importazioni a livello mondiale, l'area che maggiormente assorbe significative quantità di formaggio è il Sud Est Asiatico (531mila tonnellate, dato 2016), il 28% del quale rappresentato dall'Unione europea nel periodo gennaio-settembre. Appena il 3% è formaggio made in Italy.
I margini di crescita dunque sui mercati orientali è elevato, così come ci sono prospettive di espansione anche in Medio Oriente (296mila tonnellate esportate nel 2016 e una quota per il periodo gennaio-settembre 2016 del 37% in mano all'Ue e dell'1% rappresentato invece dal made in Italy).
La quota di mercato più significativa dei formaggi italiani è del 17% in Nord America, dove però le importazioni dall'Ue arrivano al 70% (sempre con riferimento ai primi nove mesi dello scorso anno) delle 192mila tonnellate inviate nel 2016.

Suddividendo per fasce di prezzi le esportazioni italiane "Intra-Ue" di formaggi, Angelo Rossi, fondatore di Clal.it, ha riportato i valori del 2015. A trascinare il commercio verso l'estero sono stati i formaggi di prezzo inferiore ai 5 euro al chilogrammo (180.840 tonnellate), seguiti dai formaggi ricompresi fra 7,5 e 10 euro/chilogrammo (come ad esempio proprio Grana Padano e Parmigiano Reggiano) per 83.128 tonnellate. Più modeste le esportazioni di formaggi di prezzo tra 5 e 7,5 euro/chilogrammo (45.301 tonnellate) e oltre i 10 euro/chilogrammo, appena 11.362 tonnellate.

Nell'ambito dell'export di formaggi "Extra-Ue", invece, al primo posto (dati 2015) erano i prodotti compresi nella fascia di prezzo fra 7,5 e 10 euro/chilogrammo, con 43.423 tonnellate, seguite dai formaggi con un valore tra 5 e 7,5 euro al chilogrammo (30.819 tonnellate).

Angelo Rossi ha poi mostrato la correlazione fra scorte e prezzi di mercato, inversamente proporzionale. "Giacenze in magazzino più elevate comportano una diminuzione del prezzo del prodotto", ha spiegato Rossi.
I prezzi di Grana Padano e Parmigiano-Reggiano nei prossimi mesi dovrebbero mantenersi sostanzialmente in un quadrante di mercato positivo.
Reduci da piani produttivi finalizzati a sostenere progressivamente le produzioni e investire sui mercati esteri, i due enti consortili di Grana Padano e Parmigiano Reggiano sono convinti che il dialogo di filiera e con la Gdo possano essere strategie altrettanto redditizie. Purché si riconosca il giusto valore a due grandi formaggi.