L’assessore lombardo all’Agricoltura, Gianni Fava, fra un pressing a Bruxelles per tutelare gli imprenditori lombardi sul fronte Pac e costanti visite nelle aziende agricole, scende in campo anche sul versante del latte. Proprio ieri Fava ha risposto alla richiesta del sistema allevatoriale lombardo.
“Chiederò a breve la convocazione di un tavolo di trattativa sul prezzo del latte direttamente in Regione Lombardia. Vista l’ancora poca volontà della parte industriale a sedersi e a ragionare su una remunerazione della materia prima che sia più in linea con i prezzi spot che circolano al momento, chi sceglie di star fuori da questa negoziazione, sceglie di star fuori dal sistema lombardo”, ha assicurato Fava.
Secondo Copagri e le altre organizzazioni agricole professionali, la proposta dell’industria di 40 centesimi al litro “non è in linea con la situazione di mercato attuale”.

AgroNotizie ha rivolto alcune domande al professor Daniele Rama, docente di Economia e gestione del sistema agroalimentare all’Università Cattolica di Piacenza e curatore dell’Osservatorio Latte.

Professor Rama, ha fatto bene la Regione Lombardia a convocare il tavolo interprofessionale del latte o, secondo quanto dichiarato in passato dall’Antitrust, si tratterebbe di un’operazione non giustificata?
“In effetti il tavolo interprofessionale non ha più una base normativa per supplire al mancato accordo tra le parti ed ergersi a parte attiva per un prezzo concordato, come indicato nella legge 88 del 1988, che è stata abrogata. Pertanto, se si pensa che convocare il tavolo interprofessionale voglia dire imporre una soluzione, ciò non è proponibile. Detto questo, credo comunque che sia positivo convocare il tavolo, perché serve a chiarire le posizioni di ciascuna parte”.

Come mai non si trova l’accordo sul prezzo del latte?
“È chiaro che una proposta di prezzo di 40 centesimi al litro non può essere accettata dagli allevatori, ma che siano pochi lo sa anche Lactalis. La questione è che gli industriali vogliono stare a vedere cosa succede. Il mercato è molto nervoso ed è altamente probabile che il prezzo del latte, di qui a ottobre, aumenterà, o perlomeno non diminuirà. Per questi motivi alla parte acquirente conviene pagare il latte giorno per giorno”.

Quindi il mancato accordo non è basato su una distanza di prezzo, ma il divario è di natura politica?
“Esattamente”.

Quale potrebbe essere per lei un prezzo ragionevole del latte?
“Gli allevatori hanno chiesto anche 45 centesimi al litro, io credo che un prezzo di 42-43 centesimi possa essere un punto di incontro equilibrato per entrambi. I produttori potrebbero starci dentro, perché i costi di produzione sono scesi”.

Il presidente di Cia Lombardia, Mario Lanzi, ha proposto di intavolare trattative per segmenti produttivi: latte alta qualità, per le Dop, per i formaggi freschi. Può essere secondo lei una soluzione?
“Più trattative non ce le vedo proprio, perché andremmo a spaccare un mercato che è unico. Tuttavia, se parliamo di una trattativa unica, avere prezzi diversi potrebbe, fino a un certo punto, avere un senso. Ammettere che ci sia una diversificazione fra i prezzi del latte destinato alla produzione di Grana e un prezzo del latte industriale, va bene. Ma già in parte viene fatto. Si potrebbe provare a definire un prezzo per il latte destinato alle Dop e un prezzo per tutte le altre destinazioni. Non dico che sia la soluzione, perché non è detto che questa soluzione avvicini le parti, ma potrebbe essere uno strumento per adeguarsi di più alla realtà del mercato”.

Secondo lei è meglio definire un prezzo indicizzato o un contratto annuale?
“Molto meglio indicizzato, come Osservatorio latte sono anni che lo proponiamo. D’altronde, il contratto annuale non si può più fare, perché non abbiamo idea di quale sarà il prezzo non solo l’estate prossima, ma forse neanche il prossimo inverno, fra sei mesi”.

Con quale cadenza ridefinirebbe il prezzo?
“Farei una revisione trimestrale, sulla base dell’andamento di mercato, che tenga conto ovviamente anche dei costi di produzione del latte”.

Al terzo Dairy Forum di Clal sono stati proposti i futures per il lattiero caseario. Cosa ne pensa?
“Li vedo poco applicabili alla nostra realtà. Potrebbero forse riguardare la quantità residuale del latte, cioè quella parte di latte libero che si muove in cisterna e che non prende la strada dei formaggi Dop né segue i rapporti di conferimento consolidati. Ma sinceramente non credo avrà molto spazio”.