Ma ora una nuova strategia di lotta si affaccia all'orizzonte. Una strategia molto particolare che si basa sull'introduzione nell'ambiente di mosche delle olive selezionate che, se non supportate con una dieta integrata con una particolare sostanza, non reperibile in ambiente, muoiono allo stadio di larva.
Un progetto messo a punto dalla ditta britannica Oxitec Ltd, specialista in biotecnologie per il controllo degli insetti, che ha previsto la collaborazione del team e delle strutture del laboratorio di entomologia del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroalimentari dell'Università di Pisa, di cui è responsabile Angelo Canale.
Nel dettaglio, la parte italiana del progetto della mosca delle olive a morte programmata è stata seguita direttamente da Augusto Loni, entomologo del citato dipartimento, che in questi giorni, assieme al gruppo di ricerca internazionale ha pubblicato un articolo sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Scientific Reports.
E quindi lo abbiamo incontrato per farci spiegare meglio di cosa tratta questa innovativa forma di lotta alla mosca delle olive.
Augusto Loni del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroalimentari dell'Università di Pisa
(Fonte foto: Augusto Loni)
Dottor Loni, come funziona di preciso questa nuova strategia?
"E' una tecnica che prevede l'allevamento e il rilascio di esemplari maschi di mosca delle olive modificati geneticamente. Le larve che nasceranno dalle uova deposte dalle femmine selvatiche, fecondate da questi esemplari, non completeranno lo sviluppo, morendo allo stadio di larva o di pupa".
Si tratta di una sorta di metodo del maschio sterile al femminile?
"No. La tecnica del maschio sterile prevede il rilascio di esemplari maschi resi sterili da trattamenti di vario tipo di natura fisica e chimica. In questo caso gli esemplari liberati sono del tutto fertili, ma trasmettono alla progenie il gene che provoca la morte degli esemplari allo stadio di larva e/o pupa, prima che divengano adulti. L'aspetto singolare è che questa 'tara' genetica si manifesta solo sulla linea femminile. Una manifestazione simile all'emofilia nell'uomo, che colpisce il sesso maschile. In questo caso gli effetti mortali si hanno solo sulle femmine".
Spieghiamo meglio cosa è la tecnica del maschio sterile
"La tecnica del maschio sterile utilizza esemplari maschi sterili che, accoppiandosi con le femmine selvatiche in natura, ridurranno il numero degli accoppiamenti fertili e, conseguentemente, si avrà una riduzione della popolazione nelle successive generazioni. Spesso questa tecnica ha mostrato limiti nella sua applicazione, perché gli esemplari maschi, trattati con sostanze chimiche o che hanno subito trattamenti sterilizzanti di natura fisica, non hanno le stesse potenzialità riproduttive degli esemplari selvatici, oltre a presentare un elevato costo di produzione legato alle tecniche di sterilizzazione".
Il ceppo di mosche selezionato, chiamato OX3097D-Bol, che muore in assenza di una sostanza che poi nello specifico è un antibiotico, è per usare termini comuni, un Ogm?
"Sì. Nel loro Dna sono stati inseriti due geni. Uno che produce una proteina fluorescente. Questo è un ottimo marker in grado di far individuare immediatamente in vivo gli esemplari modificati, in qualsiasi stadio di sviluppo. Il secondo gene inserito è quello che porta a morte gli esemplari femminili, nati da uova deposte dalle femmine fecondate dai maschi modificati geneticamente".
Ma essendo un Ogm, l'attuale normativa italiana permetterebbe di rilasciare questa mosca nell'ambiente?
"La Oxitec ha già operato rilasci in via sperimentale in Brasile, Malaysia, Panama e Isole Cayman. Tali sperimentazioni hanno riguardato zanzare del genere Aedes. Una sperimentazione prevista in Florida non ha trovato il favore della popolazione locale e non è stata realizzata. In Italia la sensibiltà verso tali argomenti è particolarmente elevata e la legislazione fortemente restrittiva.
Anche se parlando di Ogm il pensiero va subito alle piante, ci sono anche gli insetti e le prospettive, come il nostro lavoro ha evidenziato, allargano le possibilità strategiche di controllo".
Quali sono quindi i vantaggi di questa tecnica e i potenziali rischi per l'ambiente?
"I vantaggi sono quelli di non utilizzare sostanze chimiche, ma direttamente mosche delle olive. La loro presenza in natura va a competere con quella degli esemplari maschi selvatici per gli accoppiamenti con le femmine. Nel tempo si dovrebbe avere una popolazione di mosca in cui alcune femmine deporranno uova da cui nasceranno esemplari che non completeranno lo sviluppo. Un po' come diffondere una malattia genetica nella popolazione selvatica.
Dal punto di vista dei rischi per l'ambiente, essi sono nulli in termini di inquinamento, e anche dal punto di vista ecologico non ci sono evidenti controindicazioni, ciò non toglie che un corretto approccio deve sempre tener conto di quella che è la struttura ecologica in cui si opera. Considero una linea guida fondamentale le leggi dell'ecologia di Barry Commoner, ecologo americano degli anni Settanta. La prima dice che 'in natura è tutto connesso', per cui ogni nostro intervento sull'ambiente in qualche misura avrà una ripercussione da qualche parte. Immaginare di eliminare una qualsiasi specie, soprattutto quando si ha a che fare con insetti, è biologicamente assurdo, praticamente impossibile ed ecologicamente sbagliato e non è questo l'obbiettivo di una tecnica come quella descritta. In natura esiste tutta una rete di interazioni fra le popolazioni che mantiene gli equilibri tendendo a ripristinare le condizioni preesistenti alla perturbazione, la cosiddetta 'resilienza' dell'ecosistema. Nel nostro caso la popolazione di mosca subirebbe solo un ridimensionamento del livello della popolazione, dovuto alla mortalità indotta in una parte degli esemplari femminili".
Come strategia di lotta, sarà qualcosa utilizzabile dalle singole aziende private, o deve essere usata a ampio livello territoriale, da enti o consorzi?
"Sicuramente una strategia basata su una interferenza a carico di una popolazione in campo aperto, richiede una applicazione su larga scala. Se consideriamo il contesto ambientale dell'olivicoltura italiana, esso spesso è caratterizzato da superfici ridotte, frammentate e, purtroppo in aree marginali, anche abbandonate e rinselvatichite. In questa situazione a maggior ragione ha senso applicare tale strategia su comprensori territoriali".
Quando potrà essere usata attivamente in campo?
"Non ho elementi per poter pensare ad una data. Questo è un dato che la ditta Oxitec valuterà e stabilirà sulla base delle sue strategie commerciali. Il contributo del nostro gruppo di ricerca è stato focalizzato ad un supporto scientifico in termini di progettazione del disegno sperimentale, di stesura e correzione del manoscritto e di preparazione degli esemplari utilizzati nelle prove di laboratorio.
Resta poi la problematica normativa del rilascio di organismi Ogm. Se qualcosa potrà essere fatto, deve prima passare da una sperimentazione di campo e anche questa dovrà prima essere valutata. Al momento non è pensabile una applicazione reale in campo".