L'impulso sembra essere arrivato dal biologico, i cui dati sono in continua crescita.
Il fatto è che dal 2010 a oggi sono nate un gran numero di aziende che si occupano di lombricoltura da reddito: ciò che in principio era quasi sempre un hobby si è trasformato in un lavoro ed ora c'è chi pensa a un vero e proprio consorzio che possa raccogliere a livello nazionale i produttori di humus di lombrico e che garantisca il consumatore con un vero e proprio disciplinare di produzione.

I dati
Secondo il Sian del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali sono una ventina le aziende autorizzate e iscritte regolarmente al registro dei fabbricanti di fertilizzanti ad uso biologico che producono vermicompost da letame.
Il registro è aggiornato al 2016 ma, a detta di chi opera nel settore, il dato è sottostimato perché alcune aziende sono in attesa di autorizzazione e perché altre operano senza autorizzazione.

La maggior parte delle aziende è situata al Nord con particolare concentrazione in Lombardia (4) e ben 9 di queste sono nate negli ultimi 5 anni.
Si tratta in generale di aziende medio piccole con una produzione che non supera i 3mila quintali all'anno a eccezione di un'impresa di Matera (Basilicata) che quest'anno prevede di arrivare a 24mila quintali.

A testimoniare il grande interesse per la produzione di humus di lombrico anche l'esperienza di Francesco Agresti, titolare di Bella Farnia, azienda di Sabaudia (Lt).
Agresti, oltre a essere lui stesso produttore, si occupa anche di formazione: "Ho notato da un paio di anni un aumento degli iscritti che arrivano un po' da ogni parte d'Italia"

Impossibile non notare la correlazione con il boom del biologico, un settore che è cresciuto del 20% a valore fra il 2014 e il 2015 secondo il Sinab, il sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica, e che vede oltre 55.400 aziende impegnate con ettari in crescita rispetto al 2013 del 5.8%.

L'humus di lombrico "E' la sostanza organica principe, la migliore che si possa utilizzare" ha raccontato Davide Tromballi, agronomo che da quindici anni si occupa di biologico e biodinamico seguendo come tecnico circa 60 aziende nel Nord Italia.
"L'humus di lombrico è 100% trasformato, migliore dell'humus non esiste niente, è pronto per essere immediatamente utilizzato dalle piante, ha un effetto strutturante, dà sofficità al suolo e ridà vita a terreni desertificati. In sé non ha tantissimi nutrienti ma ha un effetto miglioratore del suolo e della vitalità, esattamente ciò che si cerca in agricoltura biologica e biodinamica".

Humus di lombrico
Il lombrico rosso californiano ovvero Eisenia fetida è vorace e si riproduce velocemente, è in grado di trasformare il letame in humus.
Per avere una buona qualità di humus è necessario utilizzare una materia prima di qualità: "Il letame buono ha l'odore tipico di stalla - ha continuato Davide Tromballi - deve avere un buon equilibrio fra sostanza semiliquida e paglia. Il letame migliore per ora è quello di vacche da latte per il Parmigiano Reggiano. Il disciplinare è infatti molto stretto e severo, non usano insilati, usano solo fieno, erba medica, granella macinata"

Tre casi
C'è chi è nato negli anni '80, durante il primo boom di interesse per l'humus, chi produce solo per la propria azienda e chi è molto giovane e ha deciso di investire in un impianto con tutti i crismi per evitare di sprecare la grande produzione di letame dei propri capi da latte.

Nereo Tres, titolare di Biotres in Provincia di Varese, lavora da oltre trenta anni nel settore. Il suo humus viene venduto soprattutto ai garden e a chi si occupa di campi da golf. Per lui lavorano fra i 150 e i 200 milioni di lombrichi producendo circa 3mila quintali di humus all'anno.
"Vendo tutto ciò che produco e purtroppo non potrò crescere più di così. Lo spazio a mia disposizione - ha raccontato proprio il titolare di Biotres - è finito".
Nereo Tres si è dotato di tettoie sopra le lettiere in modo da evitare che i suoi lombrichi, durante l'estate, viste le alte temperature che sempre più spesso si raggiungono, muoiano. "Il mio margine non è altissimo, incidono infatti molto i costi di trasporto. Io acquisto letame maturo dalla zona di Crema e Cremona"

Giovanni Negro, titolare dell'azienda agricola Negro, a Monteu Roero (Cn) ha un piccolo impianto che utilizza solo per i suoi 60 ettari di vigneti. "Abbiamo iniziato dieci anni fa - ha raccontato - ogni anno spendo circa 20mila euro in letame ma posso dire che l'anno scorso ho visto un'uva di Nebbiolo splendida, mai vista da anni. Era perfetta, non c'era un acino da scartare".

Diverso il caso di 'Agrilombricoltura Terra Viva', nata nel 2011 a Pegognaga (Mn).
L'esigenza per i quattro soci, tutti sulla trentina, era quella di valorizzare il letame prodotto nelle loro aziende agricole.
Ecco dunque l'idea: impiegarlo per produrre humus. Dagli iniziali 100 quintali prodotti e venduti nel 2011, Giulia Caramaschi, Alessandro Gandolfi, Maurizio Vincenzi e Davide Gemelli sono arrivati a produrre nel 2015 circa 3mila quintali.

L'azienda ora conta 2mila metri quadri di lettiere e i loro clienti sono quasi esclusivamente aziende agricole impegnate nel biologico.
I quattro soci hanno anche diversificato il formato del prodotto e il prodotto stesso, ora oltre al semplice humus di lombrico immettono sul mercato anche humus arricchito per l'agricoltura biodinamica.
 

Il progetto di un consorzio
Probabilmente, entro fine 2016, nascerà anche il primo consorzio dei lombricoltura italiani.
Il progetto è dei fratelli Di Cuia, alla fattoria Gallorosso di Matera.

I Di Cuia producono 'Lombricò' dal 2011. "L'idea è di darci un disciplinare in modo che l'humus prodotto in Basilicata sia conforme a quello prodotto in Lombardia", ha raccontato Eustachio di Cuia, tecnico agronomo dell'azienda.
"Siamo in contatto con una decina di produttori in tutta Italia, dovremmo vederci a settembre per parlare della fattibilità del progetto".